Sesso, droga e rock ’n roll, la sacra triade. Chi acquista la tanto attesa, e ponderosa (oltre 650 pagine) pubblicata da Mondadori, monografia di Bono Vox, voce degli U2, resterà molto deluso. Anche chi, a seguito dell’unica presentazione in Italia, quella in Tv su Rai 3 (e non dal vivo, come è accaduto nel resto d’Europa), è convinto di acquistare un volume dove ci sono aneddoti simpatici, resterà deluso. Vale la pena ripeterlo, perché episodi come l’essersi addormentato sul letto di Lincoln, o aver fatto incontrare al padre, fervente anti monarchico inglese, la bella Lady D, sono unici e, soprattutto, occupano in totale 20 righe, su 650 pagine. Non male.
Visto cosa non è questo grosso libro, vediamo di capire di cosa si tratta. Se la sacra triade è completamente esclusa, Bono ne usa un’altra per strutturare la sua storia. Amore, religione e politica. Ecco la nuova triade che, a ben vedere, si adatta di più a quello che sappiamo di Paul David Hewson, in arte Bono Vox. Lo sanno bene tutti i fan, anche quelli che hanno visto la famosa puntata dei Simpson, nella quale il Nostro è oggetto di critiche proprio dal medioman per eccellenza, e cioè Homer, per questa sua propensione “al sermone”. Tuttavia, in queste 650 pagine, di pesantezza, e di “effetto sermone”, non ce ne sono. Anzi. Si tratta davvero di un bel libro impegnato, una lettura che non ti aspetti perché ormai siamo abituati a cantanti impegnati nel discutere, all’infinito, dell’amore, o poco più. Ed ecco, invece, che Bono dimostra, in queste pagine, di essere davvero l’ultima grande rockstar del pianeta, e cioè un personaggio che è convinto che con la musica, affiancata dall’impegno, si possa e debba cambiare il mondo. L’adagio che vuole che gli U2 siano l’ultima band della quale si ricorderanno tutti i nomi e cognomi dei componenti, non solo è vero, ma è anche rafforzato da questo aspetto: gli U2, e Bono, sono gli ultimi rimasti che mescolano con sapienza, e in modo efficace (lo si capisce dal libro) questi due elementi, e cioè musica e impegno.
Amore. Il primo grande tema del libro in questione riguarda la storia fra Bono e Alison Hewson, per tutti “Ali”, anche per lo stesso Bono che parla di lei, a tutti noi lettori, presentandocela sempre con il diminutivo. Ed è chiaro sin dalle prime pagine, dunque, che Bono si mette a nudo, fa entrare i lettori in casa, nel suo privato, e non lo nasconde. Dal lettino dove si trova quando deve essere operato al cuore, alla storia d’amore con Ali; dalla vicenda della morte della madre al rapporto lungo, e non troppo travagliato, con – così lo chiama – “il suo Pa’”. Un padre che nasconderà il nome della madre, dopo la morte, per non far soffrire lui e i ragazzi, e che, alla fine del libro (cosa già nota dopo molte recensioni), si scopre aver avuto una storia fuori letto che ha portato alla nascita di un fratello che, fino a quel momento, è ritenuto essere solo un cugino.
Su questi aspetti dell’amore si aggiunge quello per i tre compagni di viaggio: The Edge, Adam e Larry. Amicizia vera, da quello che si legge, ma anche amore reciproco per quello che è stato fatto in questi decenni, e per quanto è stato condiviso. Vero o falso che sia, ma è ora di mettere da parte il sospetto fine a se stesso che tutti nutriamo per tutto, non abbiamo comunque elementi per non credere a Bono. La band funziona, e lo fa grazie alla passione, al forte legame e all’amore che esiste fra i quattro. Vicenda anomala, dunque, se si guarda alle molte monografie di gruppi, per restare nei classici, come Beatles e Rolling Stones. E così, per terminare uno sguardo sul primo pilastro che sorregge il volume, hanno ragione quei fan che hanno visto in questo libro una sorta di lettera d’amore per la moglie. Anche questo aspetto è anomalo, ma non del tutto falso. Perché in apertura Bono spiega la genesi dei due ultimi album degli U2. Non che questi, di colpo, diventino capolavori, ma la sua spiegazione aiuta a riscoprirli, e ad ascoltarli in modo diverso. Stessa cosa per la storia d’amore fra Bono e Ali, e fra Bono e la band. Dall’Africa alle vicenda irlandese, dalle lotte contro la diffusione dell’Aids, al mini concerto in Ucraina, nella metropolitana. Passando per Sarajevo e altre zone di guerra. Insomma, c’è davvero tanto amore, non scontato, in queste pagine.
Religione. Quello che emerge dalla lettura di queste 650 pagine è che i Simpson c’erano andati giù fin troppo leggeri. Il rapporto fra Bono e la religione è endemico. Stessa cosa per gli altri tre. L’ambiente casalingo nel quale crescono; il Paese nel quale si trovano a vivere; la città e le amicizie: tutto è religione, all’ennesima potenza. In Italia si fatica a capire questi aspetti. Nonostante, come disse il Filosofo, “non possiamo non dirci cristiani”, in Italia la tanto vituperata presenza del Vaticano alla fine genera ingerenze, ma lascia molta libertà di pensiero, e azione, alle persone. Diversa invece la situazione in Paesi e luoghi dove la religione diventa collante identitario, e allo stesso tempo fattore scatenante di vicende che si perdono nei meandri della storia. E così si viene a scoprire, in pagine dense che però, seguendo la teoria di Umberto Eco, rafforzano il patto con il lettore (in sintesi: “vediamo, lettore, se mi segui anche su questo terreno”), che Bono prega, di continuo. Che lo fa la band. Che lo fanno tutti prima di suonare. Che lo fanno tutti ovunque. Che i testi sacri sono letture che i quattro sono in grado di snocciolare quasi a memoria. Che la Bibbia e la vita di Gesù sono fonte di ispirazione, continua. Stupisce, dunque, perché a questo punto della lettura, solitamente siamo già immersi in groupie assatanate, sacchi di droga che circolano nei camerini, e fiumi di Jack Daniel necessari per far muovere l’ispirazione. Non è così nel mondo di Bono. L’impegno per l’Africa è, dunque, reale. Come quello per la povertà. E i risultati ci sono. Qualcuno ha mai saputo come è andata a finire la campagna delle 100 mila lire chieste da Sting per l’Amazonia? Ecco, in queste pagine sappiamo invece come è andata a finire la faccenda degli aiuti in Africa (con fondi, sostanziali, donati dal presidente G. W Bush, dall’amministrazione Obama, ad esempio), come procede il lavoro per la questione Aids, e quanti e quali sono, oggi, le associazioni che gestisce Bono. Se tutto questo è poco, ed è solo Rock ’n’Roll, allora serve dire, parafrasando Ecce Bombo di Nanni Moretti, che “Ce la meritiamo la trap …”
Politica. La parola che più allontana, oggi, da libri, film e musica. Forse è per questo che in Italia si è deciso di disarmare queste 650 pagine mandandole in Tv, con una intervista innocua e poco incisiva a Bono, e si è poi evitato di fare presentazioni in presenza come è successo in tutta Europa? Chissà … Questo è il libro di un attivista. Di chi, cioè, è ancora convinto che agire sia meglio che criticare, stare fermi, o scrivere da dietro una tastiera. Il rischio? Lo scrive lo stesso Bono, mettere tutto in discussione, anche lo stesso gruppo. Essere criticati e criticabili, eppure 18 milioni di dollari dall’amministrazione G. W. Bush non sono lenticchie scrive Bono (ben altra cosa dal racconto, inutile, dell’essersi addormentato sul letto di Lincoln…).
Esporsi, oggi, non è cosa facile. Un tempo lo era, e il Rock è sempre stata la musica dell’azione, della critica e del supporto alle idee, al mondo e alla lotta per renderlo un posto migliore. L’elenco è lungo, e basta ricordare, su tutti, Bob Dylan, per capire cosa fosse un tempo la musica. E così Bono racconta la lotta in Irlanda, il dramma del Sud Africa e i suoi incontri con Mandela, la questione della Guerra Fredda e le sue relazioni con Gorbaciov, oltre a quelle con almeno tre presidenti degli USA, e cioè Clinton, Bush jr e Obama. Un racconto che ripercorre la storia della fine del ‘900 e dei primi anni 2000, senza dimenticare i conflitti, da quello in casa fino all’Ucraina. E se tutto questo non basta, nel finale, sempre per tener fede al patto con il lettore, c’è una bella sezione di pagine dedicate alla questione palestinese, e alla vicenda dello stato ebraico.
Se tutto questo è solo Rock ’n’Roll, allora non c’è altro da dire. Questo è un bel libro, tradotto magistralmente da Michele Piumini, scritto da un sognatore fanatico religioso che, però, ha cercato, e cerca ancora, di rendere migliore il mondo grazie ai suoi mezzi. Per quanto riguarda il mondo del Rock, infatti, c’è riuscito. Ed è la vicenda alla quale dedica meno spazio in assoluto. Per il resto, e cioè il mondo nel quale tutti noi viviamo, ci sta lavorando. Con i suoi mezzi, quelli – sia chiaro – di una semplice rockstar.
Da leggere con molta calma e attenzione. Non è una lettura banale e superficiale.
Articolo di Luca Cremonesi