“Tondelli e la musica”, volume a cura di Bruno Casini edito da Interno4, esce nel 2022 in terza edizione di un testo che, ampliato con altri importanti contributi, vide la luce nel 1994, distillato di un’idea nata nel 1993 all’interno di un convegno che si tenne durante la decima edizione dell’Independent Music Meeting di Firenze, mostra mercato dedicata alle etichette discografiche italiane e straniere. Il sottotitolo “Colonne sonore per gli anni ‘80” rimanda direttamente a un concetto tanto caro a Pier Vittorio Tondelli (Correggio 1955, 1991), scrittore morto a soli trentasei anni e che si può considerare uno dei due massimi esponenti, insieme a Enrico Palandri, dell’incarnazione dell’anima della propria generazione.
Il libro riporta trentadue contributi, con tagli che spaziano dal ricordo personale di chi aveva conosciuto lo scrittore all’analisi delle sue opere e dei loro riferimenti al mondo musicale, dall’illustrazione del rapporto di Tondelli con la realtà musicale nella quale si muoveva, alla genesi dei suoi romanzi; il filo conduttore unico si può dire che sia l’enorme importanza della musica nella letteratura dello scrittore emiliano.
Un’opera corale, un libro a più mani, che non per questo risulta dispersivo, anzi consente al lettore di spaziare ampiamente sulla vita di questo scrittore, riuscendo ad apprezzare quel substrato che consentiva a Tondelli di tenere la rubrica Culture Club sul mensile Rockstar, rubrica nella quale dispensava ai suoi giovani lettori indicazioni di lettura e nel contempo transitava il proprio gusto musicale, ma anche di capire meglio alcuni concetti che si trovano nelle sue opere.
Tondelli è conosciuto più che altro per due romanzi. “Camere separate”, edito da Bompiani nel 1989, è un romanzo più somigliante a un testo teatrale che al consueto libro, una sorta di sinfonia letteraria, con tre movimenti corrispondenti a tre momenti della vita di uno scrittore; evidentemente autobiografico, narra il tema del distacco, della solitudine esistenziale bilanciata dagli incontri diluiti nel tempo, dell’amore malinconico vissuto consentendo ai protagonisti di ritirarsi nel proprio mondo interiore. “Altri libertini”, pubblicato da Feltrinelli nel 1980, è una raccolta di sei racconti, talmente connessi l’uno con l’altro che Tondelli stesso definì la propria opera un romanzo a episodi, dove si descrivono sogni, slanci emotivi, dolori ed errori dei giovani degli anni ’70, un romanzo basato sulla figura del viaggio come introspezione e bisogno di individuare se stessi.
Ed è proprio su questo tema il commento di Luciano Ligabue contenuto in “Tondelli e la musica” a proposito di “Altri libertini”: Quel libro mi stava facendo l’effetto che la letteratura in generale dovrebbe fare: stavo guardandomi meglio attorno e con più attenzione. In questo commento si esprime in modo molto sintetico uno degli scopi dell’arte: fornire al fruitore dell’opera d’arte la rappresentazione del mondo dell’artista e, grazie a questa, generare una presa di coscienza personale.
L’importanza della musica per Tondelli emerge però prepotentemente in “Weekend postmoderno”, pubblicato da Bompiani nel 1990: la musica elemento indispensabile per la propria condizione umana e sociale, una musica che come dice Bruno Casini …è protagonista, è una colonna sonora molto forte, la musica ispira personaggi, innesta percorsi e storie, la musica diventa avventura, la musica come colonna sonora della propria vita. Con riferimento al suo forte rapporto con la musica, in Tondelli si ritrova quello che in quegli anni aleggiava in molte discipline artistiche: l’omnicomprensività dell’arte, l’impossibilità di confini netti fra musica, letteratura, poesia, arti visive, un concetto che si è perso e che si è recuperato tardivamente e solo in modo specialistico ed elitario. Si pensi alle installazioni odierne di alcuni artisti, che contengono sì elementi musicali e visivi, ma mancano del substrato “ideologico”, del ruolo sociale, di quella presa di coscienza e di rottura di cui dice sempre Ligabue definendo “Altri libertini” un libro rock.
Fra i molteplici interventi contenuti in “Tondelli e la musica” quello, corposo, di Fulvio Panzeri, che illustra molto bene i riferimenti musicali possibili rispetto alle varie opere di Tondelli, con un’analisi intelligente e approfondita. Sempre con riferimento all’analisi strutturale del Tondelli scrittore, Pier Luigi Pierucci lo definisce un “grande osservatore del linguaggio del suo tempo” perché introduce nelle sue opere un concetto importante: la sensazione di essere in attesa, come era già accaduto alla fine degli anni Settanta, di nuovo movimento culturale, di una nuova ondata, di una salvifica e rinnovata corrente sociale e di pensiero, salvo che questa attesa rimarrà sospesa nel tempo, una sorta di esistenziale “Waiting for Godot”. Ancora Giampiero Bigazzi, che definisce “Rimini” come la riscoperta del racconto contemporaneo e italiano, perso dopo Calvino e Sciascia, mentre Sandro Lombardi, più in generale, spiega come nella prosa di Tondelli riecheggino molte cose derivanti da una stagione magica, nella quale “appariva del tutto naturale mischiare esotismo e autobiografia, invenzione e ricordo, struggimenti e passioni, estetismi e utopie, abbandoni e accanimenti stilistici.”, richiamando così alla mente l’assurda tassonomia descritta da Borges in “Inquisiciones”.
I parametri stilistici di Tondelli, oltre per l’inquietudine dialettica, risaltano anche grazie allo sperimentalismo sintattico, quella sorta di imitazione del parlato che fa trasparire la fretta del vivere giovanile connessa all’urgenza dello scrivere. Nel libro si trovano aspetti non conosciuti di Tondelli, che rivelano il suo lato umano: Pierfrancesco Pacoda ricorda come Tondelli amasse i virtuosismi dei disk jockey, a testimonianza che lo scrittore non era un rappresentante della cultura precostituita, anche se sicuramente era persona di grande cultura, e di come frequentasse quella che nel libro viene definita la “fauna d’arte”, che poi viene raccontata nei suoi romanzi.
In conclusione “Tondelli e la musica” è un testo estremamente interessante, perché oltre che fornire al lettore un quadro abbastanza completo dei riferimenti dello scrittore con il mondo della musica, fa intravedere uno spaccato molto vivido di un periodo storico intenso per molti aspetti. Piacerebbe, in una prossima edizione, vedere indagati ulteriormente i temi della questione generazionale e della solitudine in Tondelli, così come del rapporto di questi con i corrispondenti stilemi musicali, ponendosi la domanda del perché, dopo quell’epoca, la cultura non è più riuscita a fornire il substrato di una serie di istanze sociali divenute prima utopia e poi disillusione.
Articolo di Sergio Bedessi