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Gino Castaldo “Beatles Rolling Stones - Apollinei e Dionisiaci”

Gino Castaldo “Beatles Rolling Stones – Apollinei e dionisiaci”

Il libro racconta i rapporti, intrecciati, di amicizia, vera e salutare, fra i membri delle due band

La bella collana Stile Libero “VS” della casa editrice Einaudi dedica un volume all’eterna diatriba fra Beatles e Rolling Stones. Una faccenda alla Bartali vs Coppi, per capirci, o meglio ancora, alla Maradona vs Pelè. Dualismo puro e classico fra due poli che sono sempre stati percepiti e vissuti come mondi all’opposto uno dell’altro. Quello della contrapposizione è un modo di pensare e leggere la realtà figlio della cultura greca. La contrapposizione, infatti, trova origine in Omero, ed è il filo rosso che lega e tiene attiva la vicenda Ettore vs Achille e si stabilizza, poi, nelle pagine di Platone con il mondo fisico vs il mondo metafisico.

Tutta questa introduzione per cercare di spiegare il sottotitolo dell’agile volume di Gino Castaldo (auctoritas vera in materia di musica), uscito il 25 gennaio del 2022, che rimanda alla “Nascita della tragedia” del filosofo tedesco Nietzsche. Fu lui, infatti, in quel libro giovanile, sul primo a tracciare la distinzione netta fra apollineo, e cioè ciò che rimanda alla divinità Apollo dell’antica Grecia, e dionisiaco, e cioè ciò che rimanda al dio Dioniso. In estrema sintesi, e semplificando di molto la faccenda, l’apollineo è l’ordine, la bella forma e il rigore, mentre il dionisiaco è l’eccesso, il caos creativo, genio e sregolatezza. Sia chiaro, è una riduzione funzionale a questa recensione. La questione, nel testo di Nietzsche, è ben più complessa.

Come d’altronde la storia di questi due gruppi. Castaldo non ha la pretesa, in questo saggio, di essere esaustivo e neppure troppo rigoroso. L’obiettivo è quello, seguendo alcuni luoghi comuni sulla storia dei due gruppi, di mostrare come questa rivalità sia, come sempre, figlia di una narrazione che vuole creare e alimentare fazioni di fans che, poi, diventano clienti fidelizzati di uno o dell’altro gruppo. Nonostante questo scopo dichiarato fin dall’inizio, e che riesce nell’intento alla fine della lettura del volume, il libro è piacevole e ricco anche di aneddoti. Cataldo racconta di un’epoca ormai scomparsa, quella nella quale i giornalisti musicali giravano, vedevano spettacoli e frequentavano le conferenze stampa degli show. Era anche una stagione pionieristica dato che i nostri, e cioè Beatles e Rolling Stones, hanno creato i presupposti per lo show business contemporaneo. E così, al netto della grande qualità di Castaldo, era nel novero delle cose poter incontrare i protagonisti di questa storia, dialogare con loro e frequentare parte del loro enturage.

Il libro è composto da nove capitoli, ai quali si aggiungono un antefatto, un epilogo e un appendice. La partita, dunque, si svolge sulle nove lunghezze. Non vi dirò chi vince, perché non è comunque così chiaro e neppure scontato (ed è uno dei pregi del libro), perché ognuno di noi può decidere in assoluta libertà di attribuire la vittoria a chi vuole. Le nove sfide sono “The Royal Beatles. Affinità e divergenze fra il compagno Apollo e l’irriverente Dioniso”, “I fatti”, “Blues”, “Meglio in studio o dal vivo”, “I duellanti (elogio della rivalità)”, “Everybody must get stoned”, “Le donne”, “L’amicizia” e “Ribelli o rivoluzionari”.

Ogni capitolo, dunque, affronta quelli che sono i grandi temi della rivalità fra i due gruppi utilizzando aneddoti, storia accreditata e ricordi personali. Il tutto per sorreggere e sostenere, oppure smontare e deostruire, miti (come quella della esasperata rivalità) e leggende. Lasciandovi il gusto della scoperta, posso dirvi che, ad esempio, il capitolo “Meglio in studio o dal vivo” si chiude sostanzialmente in pareggio. I Beatles hanno lavorato molto in studio, soprattutto dopo l’addio ai live, dimensione che divenne, con i mezzi dell’epoca, ingestibile. Allo stesso tempo gli Stones sono sempre stati macchine da maxi concerti.

A testimoniare quanto scritto da Castaldo c’è il documentario fiume (o docuserie che dir si voglia) “Get Back” dove i quattro Beatles sono filmati, quasi in presa diretta, mentre stanno lavorando al loro ultimo disco in studio. Qui si possono vedere le fasi di creazione e produzione dei Fab Four, dimensione che Castaldo descrive bene anche per tutti gli altri album (ecco, forse qua ci si poteva dilungare un poco, ma lo spazio concesso a questo volume è tiranno). Dall’altra parte, e cioè da quella dei Rollins Stones, c’è la macchina degli show live che, nel 2022, ha toccato i 60 anni ininterrotti di carriera. Molto interessante la parte dedicata agli anni ’80, il periodo più arido e critico della storia delle pietre rotolanti. Negli ultimi anni, poi, con l’avvicinarsi dell’ottavo decennio di vita anagrafica, Mick, Ronnie e Keith sembrano voler suonare ancora di più. E invece i quattro di Liverpool, e cioè John, Paul, Ringo e George, hanno deciso di cercare pace e solitudine per poter sfornare capolavori che hanno camminato e si sono fatti strada senza mai essere eseguiti dal vivo dai loro creatori. Neppure i cachet stellari per eventuali reunion hanno dato linfa vitale alla possibilità di rimettere in moto la macchina. Chi ha ragione? Castaldo – ed è forse l’unico capitolo nel quale davvero non sembra prendere posizione – non sa decidersi perché, a ben vedere, studio vs live è l’altra grande diatriba che anima il popolo della musica. Per questo motivo la questione è sostanzialmente in paraggio e, dunque, in equilibro.

Questione leggermente diversa per il capitolo “Blues”. Castaldo ricorda che gli inizi degli Stones non sono dei più incoraggianti. Diversa invece la storia per i Beatles che subito diventano fenomeno di costume. Tuttavia, il blues è per natura la musica del patto con il diavolo, della simpatia per il diavolo, e così gli Stones non ci mettono molto a capire che quella è la strada e che loro il blues lo sanno fare per davvero, e molto bene. Ed è così che mentre i Beatles vanno oltre, e sperimentano, i Rolling Stones lavorano e affinano la loro matrice creativa. Ne deriva un blues che è ancora capace di impressionare come nell’ultimo album in studio uscito siglato, Rolling Stones, e cioè il disco di omaggi intitolato “Blue & Lonesome”. Senza dimenticare la recente edizione integrale del “Live at Mocambo”, dove al centro dell’esecuzione c’è una serie di brani blues che fanno chiaramente capire che quella è, e resta, la cifra vera degli Stones. Anche qui vincitori e vinti son duri da definire. Tuttavia sembra che la bilancia di Castaldo prediliga e penda dalla parte degli Stones.

“L’amicizia” invece fa capire che di vera rivalità vissuta sulle barricate non si è mai trattato per davvero. Anzi. I due gruppi muovevano pubblici diversi. Qui apollineo e dionisiaco hanno un senso d’esistere perché l’ordine e il rigore che i Beatles mostrano di possedere si infrangeva contro il muro di Mick Jagger e compagni. Eppure la parte finale della carriera dei Beatles vede sorgere un dualismo interno, Paul vs John; che poi diventa dialettica triadica con il silenzioso George. Stessa questione in casa Stones, dove Mick e Keith, amici d’infanzia, si amano e si odiano di continuo fino alle rispettive biografie, dove non si risparmiano colpi alla cintura. Il dualismo, insomma, è il sale della terra di questa storia all’interno tanto quanto all’esterno, e forse così deve essere. In tutto questo intreccio e affinità elettive, oltre a divergenze strutturali, Castaldo decide di raccontare invece i rapporti, intrecciati, di amicizia, vera e salutare, fra i membri delle due band. Sono senza dubbio, per chi non abbia letto le monumentali biografie accreditate dei due gruppi, le pagine più belle e intricanti di questo volume.

Una lettura estiva, senza dubbio alcuno e che può aiutare e mettere ordine nel clamore che una esasperata rivalità tende ad amplificare ad ogni costo. La soluzione, infatti, è una sola: essere felici, e tanto, di aver avuto, e di avere ancora, nella propria storia di vita la presenza sia dei Beatles che dei Rolling Stones.

Articolo di Luca Cremonesi

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