Il libro di Marco Denti “Neil Young”, sottotitolo “Walk Like a Giant – Testi Commentati”, edito da Arcana, è una vera e propria enciclopedia sull’opera omnia di Neil Young. Nel libro, oltre trecento pagine zeppe di informazioni, di testi con relativa traduzione, di collegamenti incrociati, si analizzano cinquanta pezzi musicali di Neil Young; in pratica quasi tutta la produzione di questo artista su un percorso temporale di oltre cinquanta anni, fornendo per ognuno una spiegazione dettagliata sulla genesi, un inquadramento storico, un inquadramento del pezzo stesso nel percorso artistico complessivo di Young, provvedendo anche a un’operazione ermeneutica di forte rilievo.
L’autore, manifestando una conoscenza enorme di uno più grandi songwriter nella storia della musica moderna, svela molti lati sconosciuti dei pezzi di Young: le modalità creative, il suo modo di intendere l’esecuzione musicale, il rapporto fra i significati palesi e i significati reconditi contenuti nei testi, le possibilità espressive cangianti e storicamente adattive, che ne hanno determinato l’intramontabilità.
Con riferimento alle modalità creative Denti ci mostra come per Neil Young la prima esecuzione di un nuovo pezzo musicale fosse quella chiave: il pezzo doveva venir bene alla prima volta; se così non era, a meno che i musicisti non si fossero preparati bene, significava che il pezzo non era valido, perché per Young la bellezza è percepibile solo nella prima esecuzione, essendo le successive solo miglioramenti possibili rispetto alla prima. Sempre con riguardo alle modalità creative di Young, l’autore del libro illustra chiaramente un altro dei tratti peculiari dell’artista: il pezzo musicale deve emergere autonomamente dal contesto, deve determinarsi una sorta di nascita spontanea dal momento che il processo creativo non è un processo razionale.
Nei vari capitoli Denti si addentra anche nell’analisi delle modalità di esecuzione dei pezzi da parte dell’artista: emblematica in questo senso la spiegazione sulla performance di “Rockin’ in the free world”, nell’esibizione dei Pearl Jam insieme a Young: quest’ultimo entra in scena a pezzo già iniziato da molto, prima girando sul palco come fosse smarrito, poi piano piano prendendo sempre più campo, avvicinandosi ai singoli musicisti dei Pearl Jam e dialogando musicalmente con ognuno di loro, infine trascinandoli verso la fine del pezzo con continue botte e risposte musicali. Nel complesso il libro mostra al lettore come l’esperienza musicale di Young sia stata enormemente variegata avendo prodotto sia album da solo, sia in gruppi vari, mantenendo però sempre una forte individualità rispetto al contesto musicale nel quale si muoveva in quel determinato momento. Altro punto interessante e che a più riprese viene fuori nelle varie analisi proposte dall’autore del libro, il simbolismo contenuto nei testi di Young, un simbolismo spesso criptico, che si presta a molteplici interpretazioni.
Solo per fare un esempio, nell’album “RE-AC-TOR” (1981), costituito da otto pezzi, si percepiscono la passione di Young per i mezzi di trasporto, che fin da piccolo hanno affascinato il musicista, così come quella per i modellini dei treni; in effetti l’analisi approfondita condotta da Denti consente al lettore di individuare questi aspetti specifici del testo grazie a una lettura attualizzata, andando anche a identificare il tema, trasversale in molti pezzi di Young, di un patriottismo civico. Infatti in “Southern Pacific” le parole I rode the highball / I fired the Daylight / … sono un riferimento da una parte a una precisa locomotiva a vapore, la Southern Pacific 4449, soprannominata “Daylight”, dall’altra (“Highball”) al nomignolo affibbiato al sistema di segnalazione allora in uso, appunto una palla luminosa che si spostava verticalmente, ma così andando a significare anche un viaggio di altro tipo, determinato dall’omonimo drink.
Nello stesso testo il collegamento a un ignoto mister Jones è di fatto un riferimento a Casey Jones, un macchinista considerato un eroe americano perché, a seguito di un guasto, anziché abbandonare la locomotiva, rimase a bordo per poter frenare il treno così morendo ma salvando i passeggeri; anche qui l’inserimento del nome Jones nel testo serve a lanciare il tema del patriottismo fatto da sacrifici quotidiani di gente comune, un patriottismo particolare, che non giustifica le guerre.
Il tema della contrarietà alla guerra ricorre infatti spesso nei pezzi di Young e diviene più sottile nei testi prodotti dall’artista dopo il 2001, dove si incontra il tema della convivenza permanente con la guerra, una sorta di condizione sociale creata da una gestione politica tendente a limitare fortemente le libertà giustificandosi con le cause esterne; è con riferimento a questi temi che l’artista compone il pezzo di protesta “Let’s impeach the President”, così come il pezzo “Shock and Awe” contemporaneo all’invasione dell’Iraq da parte degli U.S.A..
L’autore del libro mostra a più riprese come Young rifiuti le etichette, come quando scrive alcuni pezzi vicini al Blues, ad esempio “This Notes for You”, dichiarando esplicitamente che non si tratta di Blues; un’altra caratteristica di Young che il libro fa vedere è quella dell’incontinenza creativa, se così si può dire, una continua accumulazione di spunti musicali da recuperare nel futuro. In conclusione “Neil Young” di Marco Denti è un libro che dovrebbe leggere non solo chi è appassionato di questo artista, ma anche chi vuole approfondire il senso dei suoi pezzi musicali che hanno descritto musicalmente per decenni la realtà sociale americana e non solo.
Articolo di Sergio Bedessi