Dal 20 novembre 2019 è in libreria “New Wave a Firenze. Anni in movimento” (Zona Music Books), l’ultimo libro sulla musica popolare scritto da Bruno Casini. Non un tributo alla New Wave fiorentina, ma un racconto che non finisce, che arriva fino al qui e ora. C’era incoscienza totale, un entusiasmo pazzesco e c’era, per la prima volta, una quantità di espressioni che venivano a galla e che non credo ci fossero mai state fino a quel momento – Piero Pelù
La capitale del Rinascimento Rock celebra la sua rivoluzionaria e longeva New Wave perché ancora vivissima e in pieno movimento. Molte cose sono cambiate dagli anni Ottanta, ma non la voglia di fare musica e sperimentare, ritrovarsi e organizzare, condividere e amare che ha trasformato Firenze e contaminato le generazioni, e non ha più smesso. Nel libro parlano i protagonisti di quarant’anni di cultura indipendente e alternativa a Firenze, tra cui Ernesto De Pascale, Federico Fiumani, Piero Pelù, Checco Calamai, Ghigo Renzulli, Antonio Aiazzi, Gianni Maroccolo e moltissimi altri. Abbiamo incontrato Bruno nel suo ufficio che trasuda musica da tutti i muri.
Bruno, un libro sulla New Wave fiorentina: perché?
Era doveroso e importante raccontare cosa successe a Firenze negli anni Ottanta. Nel 2020 sono quarant’anni della New wave fiorentina e volevo fare un libro, non di Amarcord né tantomeno di ricordi, ma di far capire come la New wave a Firenze dal 1980 ad oggi si è evoluta, come è proceduta. Sì, perché non si è fermata, è andata avanti, e la cosa bella di quella scena musicale è che quella scena c’è ancora, ed è in gran fermento, molto florida e creativa e piena di cose nuove.
Mi piaceva raccontare questa scena e di com’è cambiata, nella sua forma camaleontica, e dunque come si è arrivati a oggi. La New wave è stata a Firenze un fenomeno musicale importante, però rispetto ad altre città, dove non esiste più, per esempio la scena bolognese non esiste più e neanche quella milanese, qui esiste ancora. Ho fatto una radiografia dei gruppi che esistono ancora: i Diaframma di Federico Fiumani esistono ancora e sono in grande attività, Federico stesso fa un sacco di cose, stampa libri di poesia, fa dischi, il suo bellissimo ”L’abisso” è uscito un anno fa; i Litfiba ci sono sempre, i Pankov ci sono sempre e suonano negli Stati Uniti; i Neon suonano più all’estero che in Italia.
Poi all’interno di queste band ognuno ha attivato una carriera solistica, si pensi a Gianni Maroccolo, che è un disco perpetuo, ogni sei mesi fa un album con Contempo Records; Antonio Aiazzi ha fatto “La linea gialla”, un disco bellissimo; Piero Pelù lo sai meglio di me cosa fa; Andrea Chimenti, ex cantante dei Moda, ha una carriera solista eccezionale, il suo prossimo disco uscirà a metà marzo. Tutto questo gran fermento io lo vedo come un rinascimento di quello che è successo negli anni Ottanta, e come se quegli anni non fossero mai finiti a Firenze, e gli artisti continuano a sfornare musica in questa dimensione, sempre indipendente, non prodotti dalle multinazionali.
Rimane intatta dunque quella scena fiorentina nata con l’Indipendent Music Meeting e con le produzioni artistiche in tutti i campi, moda, arti visive , teatro sperimentale, design, scrittura. Erano anni che attiravano in città artisti, come David Byrne che è venuto a presentare il documentario dei Talking Heads “Stop making sense” al cinema Apollo e si è fermato per qualche mese, ad Adi Newton dei Clock DVA ha comprato la casa nel Valdarno, Steven Brown dei Tuxedo Moon ha vissuto qui per 7 anni facendo un sacco di cose, tra cui produrre i Minox, gruppo pistoiese.
Firenze è sempre stata una città di grande attrazione culturale e nel 2020 queste cose esistono ancora, è questo che volevo far capire! Quelle culture giovanili hanno solo cambiato pelle, e quindi racconto come eravamo e come siamo oggi, perché questa gente non la ferma nessuno, continua ancora imperterrita, dopo quarant’anni di carriera, a produrre musica.
Io è da molto tempo che scrivo e presento libri sulla cultura musicale della nostra città; m’imbarazza molto che gli amministratori di questa città non si siano mai accorti, e dunque valorizzato, questa realtà. Pochi giorni fa, ad esempio, passavo in via de’ Bardi, e fuori dalla cantina dove suonavano i Litfiba, ma anche i Neon, i Diaframma c’erano tre ragazzi, venuti da Caltanissetta apposta per stare lì fuori tutto il pomeriggio, un pellegrinaggio quasi religioso. A Liverpool c’è il Cavern, e ne hanno fatto un business, perché noi qui no?
Abbiamo la Contempo Records, la Materiali Sonori che ha un catalogo immenso, un patrimonio musicale incredibile, che nessuno valorizza. Ora si fa Firenze Rocks, che è business, certo porta soldi in città, ma non è l’immagine musicale di Firenze. Sono mesi che mi sto battendo per fare una mostra, e ancora non so se ci riuscirò; a Bologna le mostre musicali si fanno, e il Comune partecipa alle spese. Ed è stato un vero peccato che l’Indipendent Music Meeting sia stato assorbito nel Mei, che non valorizza le etichette indipendenti, una gran perdita per la Firenze.
Articolo di Francesca Cecconi
Bruno Casini – Fiorentino, si occupa di comunicazione e promozione culturale. Laureato in storia del cinema con Pio Baldelli, è stato tra i fondatori della rivista Westuff e ha diretto per oltre dieci anni l’Independent Music Meeting di Firenze. Primo manager del gruppo, ha pubblicato il libro In viaggio con i Litfiba (ZONA, 2009). Per ZONA ha pubblicato anche Banana Moon (2008), Felici & Maledetti. Che fine ha fatto Baby Jane? (2011), Ribelli nello Spazio (ZONA, 2013), Sex and the World (2015) e Clubbing for Heroes (2017). Ha pubblicato anche 1975: viaggio in Afghanistan (Catcher, 2006) e curato i volumi Tondelli e la musica (Baldini & Castoldi, 1994) e Frequenze Fiorentine (Arcanapop, 2003)