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Reinhard Kleist “Starman – David Bowie’s Ziggy Stardust Years”

Graphic novel disegnata come i fumetti americani degli anni ’70

A pensarci bene, è un buon modo per raccontare Ziggy Stardust, la seconda più famosa incarnazione di David Robert Jones, in arte David Bowie, è proprio una graphic novel. E per di più disegnata come i fumetti americani degli anni ’70. Devo dire che l’idea è proprio azzeccata. La scelta dell’illustratore è perfetta, se si considera che il tedesco Reinhard Kleist ha già dato ottima prova, con graphic dedicate a Jonny Cash e a Nick Cave. Pezzi da ’90 insomma, con vite molto intricate e complicate.

Qui, in questa graphic edita da Bao, che prosegue con la sua attenta selezione di opere grafiche dedicate al mondo della musica (LEGGI la nostra recensione), Kleist fa un ottimo lavoro di sintesi perché fonde insieme la tensione che ha portato il giovane, e ambizioso, David Robert Jones a diventare prima Bowie, e poi Ziggy. La scelta grafica per sottolineare questo passaggio è la tinta caffè-latte (uno strano bianco e nero) per la parte che riguarda la fase di formazione del Nostro; mentre l’epopea di Ziggy, vicenda che si sviluppa esattamente 50 anni fa, fra il 1972 e il 1973, è a colori, utilizzando però la tecnica che era prassi, nei Marvel e Dc degli anni ’70 negli States.

Nella prima parte, dunque, si racconta l’apprendistato. Il giovane David sa dove vuole arrivare. La sua vita si attiva subito per andare nella direzione del successo. Dal sax e dal Jazz, si passa al Rock, scoperto nelle caverne (chissà se è vero, ma è un bel espediente narrativo), per poi puntare al cielo, alle vette delle classifiche, ma non solo, come vedremo. Il rapporto particolare con una provincia, quella inglese, chiusa e spesso bigotta; ma anche il ruolo del fratello, che poi finirà in manicomio, è decisivo. È lui che lo porta nelle caverne, ad ascoltare un nuovo sound. Ed è forse lì, in quelle profondità, che David scopre il suo primo doppio, e cioè Bowie, musicista che non si accontenta né del sax, né tanto meno della chitarra. Ancor meno di quanto produce, scrive e interpreta. Non vuole la terra, ma cerca il cielo.

A quel punto entrano in gioco vari personaggi. Qui il linguaggio del fumetto è, forse, troppo limitante. Funziona certo, perché tutto appare come il frutto di una banda che piano a piano va a formarsi. In realtà qui ci sarebbe parecchio da scavare per capire come e cosa fa volare Bowie in cielo. Qualcosa c’è, dall’amore per la fantascienza, al cielo stellato sopra di noi, ma comunque non basta. Il ritmo del fumetto impone una storia più fluida. E così tutto scorre, velocemente, nelle scelte fatte da Bowie.

Il vecchio manager viene salutato, accusato di non essere all’altezza e troppo legato a stilemi del passato. Il nuovo manager, rappresentato come il direttore del giornale di Spider Man, e cioè J. Jonah Jameson (J. J. J.). La differenza e che Tony Defries crede fin da subito nel suo supereroe. Non lo emargina e neppure tiene a freno il suo doppio. L’esatto contrario, insomma, di J. J. J. per Peter Parker alias Spider Man. Qui, invece, David Bowie alias Ziggy Stardust viene esaltato, spinto all’eccesso e messo sulla strada e lanciato a mille. Altra protagonista chiave è la moglie, Angela, che al fianco di Bowie non retrocede di un passo – almeno in questa versione della storia – e sostiene progetto, trasformazione e metamorfosi.

Ziggy, insomma, diventa un vero supereroe. Il tratto del graphic segue questa trasformazione. Se la parte a tinte caffè e latte racconta il passato, quelle a colori narrano e spiegano il presente, e cioè le avventure del nostro supereroe. Qui, come l’estetica e l’etica impongono, ci sono i comprimari che affiancano, e cioè la band “The Spiders from Mars” che, con il Nostro, formano il super team che conquista il Mondo. C’è spazio anche per far capire quanto il personaggio di Ziggy abbia rappresentato non solo una ventata musicale di novità, ma anche quel senso di salvezza, misto a religione pagana, che questo personaggio ha saputo incarnare. Fra i comprimari, pur se resta un po’ in disparte, c’è pure la grande Iguana, e cioè uno smollacciato Iggy Pop, disegnato sempre a torso nudo. Vera chicca, non c’è che dire.

Molto belli i passaggi dell’incontro, freddo, con Warhol, con tanto di battuta sui capelli rossi, forse plagio del genio della Factory. Altro momento bello è quello dell’arrivo in Giappone, e della scoperta degli abiti che andranno a caratterizzare la parte finale dell’esistenza di Ziggy. Il doppio, infatti, come in ogni buon romanzo che si rispetti, rischia di schiacciare chi lo incarna, e lo interpreta. E così, in passaggi che ricordano Oscar Wilde, o lo stesso primo ciclo di Spider Man di Stan Lee, Bowie decide di uccidere il suo personaggio. Non può essere che con il fuoco, come fece Tarantino con il cinema in “Bastardi senza gloria”.

Molto bella la sintesi con la quale l’autore chiude questa parentesi esistenziale e artistica. Bowie si spoglia, si tira i capelli all’indietro e diventa il Duca Bianco, la nuova incarnazione destinata a darci nuovi capolavori. Nello specchio Ziggy esige il suo tributo, e non vuole lasciare il suo interprete. Il fuoco brucia tutto, e Bowie, elegante, con sigaretta in bocca, lascia il teatro. Il luogo dove si è attori, e si interpretano ruoli. Parte, dunque, per riappropriarsi della sua vita artistica.

Una graphic novel ottima, davvero ben curata, come da tradizione per la Bao, nota casa editrice di Zerocalcare. Qui però, per i veri intenditori, c’è una monografia interessante. Pur se pecca sul lato dell’approfondimento, e non poteva essere diversamente, dato che non si tratta di un saggio sulla musica e sul fenomeno di Ziggy, resta il fatto che la scelta di raccontare questa storia alla maniera dei fumetti supereroistici degli anni ‘70 è davvero un’idea geniale. Ziggy, lo possiamo dire oggi dopo 50 anni, era ed è un grande personaggio dell’arte, del mondo delle nuvole. Forse era, e dovrebbe essere, solo Rock’n’Roll. Ma sappiamo che tutto questo ci piace. E molti ci hanno creduto, ben oltre quella dimensione narrativa. Così il graphic novel è funzionale per spiegare cosa sia stata quell’avventura musicale. Non solo però…

Anzi, si può dire che questa scelta narrativa funziona molto bene, e spinge a rimettere sul piatto quella musica e riascoltare quell’epoca magica di David Bowie.

Articolo di Luca Cremonesi

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