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Walter Gatti “Claudio Rocchi”

Monografia saggia, colta, ricca di materiale, documentata fin nel minimo dettaglio

È una lettura molto impegnativa e complessa. Vi avviso subito. Dovete dedicarle molto tempo. Proprio per questo motivo è stimolante. Si tratta di una monografia saggia, colta, ricca di materiale, documentata fin nel minimo dettaglio, e capace di far rivivere e spiegare, diciamola così, una terza via della musica italiana. Se il dualismo manicheo classico è quello della musica del bel canto, da un lato, e di quella impegnata politicamente, dall’altro, come naturale contro altare per svecchiare un sistema, e per essere al passo con le esigenze dei tempi, allora si può affermare che l’avventura raccontata da Gatti tratta, invece, di un artista che ha scelto all’epoca un’altra strada, altre vie. Non era facile, credo, in quell’epoca percorrere strade diverse da quelle maestre. Certo, erano anni liberi, ma c’erano sentieri tracciati. Come d’altronde c’erano autostrade maestre. Non mancavano certo i viottoli, come sempre accade. Percorrerli, però, non era cosa da tutti.

Claudio Rocchi è stato un artista che ha saputo camminare, a testa alta, senza ansie, su queste capezzagne. Il libro, dunque, non poteva che essere un omaggio a questa terza via, e pertanto necessita di una documentazione non banale, spesso meno nota di quanto già sappiamo di quei decenni, e che fosse sostenuta da una ricerca certosina in archivi privati. Gatti ci regala così un volume, edito da Caissa Italia, che chiede impegno per essere letto e, allo stesso tempo, per assimilarlo. Confesso di averci messo il doppio del tempo che, solitamente, dedico alla lettura di monografie dedicate a musicisti. Non perché le altre siano banali, ma perché questa è molto ricca di altro. Non solo di musica.

C’è la storia di un’Italia diversa da quella degli anni di Piombo; c’è una galassia musicale che, pur se non del tutto sconosciuta, è di certo meno nota rispetto a quella che, in alcuni casi, è diventata molto conosciuta. Basti pensare al Battiato che si cita. Non certo quello pop, o quello contaminato da Sgalambro, ma quello dei famosi primi lavori. Gli album che tutti citano e, puntualmente, nessuno ascolta più. Tutto questo serve e consente per leggere e ascoltare musica non di facile accesso. Dunque, o si fa una cosa, o se ne fa un’altra. O si legge, o si ascolta. Le due cose non possono essere fatte insieme. Ecco la bellezza di questo volume: ti permette di conoscere. Musica, tanta e bella. Vite, diverse. Situazioni, note e meno conosciute di un panorama, quello musicale italiano, spesso ridotto ai minimi termini nelle semplificazioni di alcuni saggi, e che non tiene conto della ricchezza infinita che ha saputo produrre e che, in molti casi, in modo carsico, ancora produce.

Claudio Rocchi oggi è oggetto di culto ristretto. Il lavoro con Gianni Maroccolo (la nostra intervista), e cioè “VDB23” ha permesso un colpo di coda. Come il tour che ne è seguito (“Nulla è andato perso”), realizzato però da Maroccolo senza Rocchi, ormai scomparso. Lo stesso Maroccolo è rimasto profondamente colpito da questo artista, e il progetto “Alone”, se si è ascoltato bene “VDB23”, è pervaso, in alcuni passaggi, da questa esperienza di vita. Se proprio vogliamo trovare un “difetto” in questo volume, dobbiamo concentrarci sulla fattura. Carattere piccolo, e, di conseguenza, pagine troppo dense. Senza tanti forse, con un corpo di due punti maggiore, e almeno 50 pagine in più, il carattere avrebbe reso migliore la leggibilità del volume. Ma forse è una questione di età, dato che ormai porto gli occhiali. Tuttavia, al netto della battuta, la pagina risulta davvero molto pesante, e si poteva graficamente alleggerire.

Diversa, invece, la questione sui contenuti. Personalmente vorrei leggere sempre e solo libri così ricchi, come questo di Gatti. Perché se vogliamo che nel nostro Paese la musica sia quello che si merita, e cioè una forma d’arte, e una grande voce della coscienza collettiva della nazione, allora serve prenderla seriamente. Gatti lo fa, e la storia che racconta è una vicenda, lo abbiamo già detto, carsica, sotterranea, che però c’è stata. Rocchi ha fatto parte di un movimento che, pur se minoritario, c’era. Dava frutti. Coinvolgeva persone. Animava le piazze. Non erano quelle delle grandi voci contro, o delle anime politiche. Eppure era una terza via, quella della spiritualità che trasfigura ciò che siamo, che ha saputo trovare le sue voci e i suoi spazi. Senza scordare, poi, che Rocchi è stato anche parte di un movimento, quello del Prog italiano, che ha saputo incarnare in modo unico e interessante, e che ha fatto conoscere la musica italiana nel Mondo. Gatti riesce a far tornare la voglia di prendere in mano, al volo, album che dovrebbero essere negli scaffali di chi ama la buona musica del nostro Paese. “Volo magico n. 1” è sempre stato un capolavoro, “Viaggio”, dopo aver scoperto, leggendo il volume in questione, che ci ha messo le mani Mauro Pagani, è diventato un disco che mi ha accompagnato per tutta la lenta lettura di queste pagine. Anche i lavori “minori”, se così si può dire, sono analizzati in modo onesto, e cioè leggendo nelle evoluzioni musicali, culturali ed artistiche di Rocchi. Nessun pregiudizio, nessuna nostalgia. Ogni album, per Gatti, è il tassello del grande mosaico chiamato Claudio Rocchi. Fino a quello che, giustamente, viene definito come uno dei più grandi lavori sperimentali della nostra tradizione musicale, quel “VDB23” di Rocchi e Maroccolo.

Nel mezzo una vita fuori da qualsiasi schema, difficile anche da testimoniare. Gatti, lo fa intuire, si è dovuto muovere fra amici e parenti stretti, insomma in ambienti non di facile accesso, per avere il materiale utile per ricostruire quella vita. Credo che la serietà dell’autore abbia fatto da garanzia nei confronti di queste persone che hanno aperto le porte dei ricordi. Non deve essere stato facile, per chi ha voluto stare ai margini di uno star system ormai morboso e curioso, accettare di essere messo sotto la lente d’ingrandimento di un raffinato investigatore come Walter Gatti. Invece l’operazione è riuscita. Ne deriva un libro intrigante per conoscere una Milano, e un’Italia, diversa da quella delle lotte operaie, e dei cortei di proteste, pur se tutto questo non manca. Come avrebbe potuto, dato che Rocchi è stato testimone di quella storia, come, per esempio, della notte del Vigorelli, o del concerto per Demetrio Stratos, e di altri eventi che vi lascio scoprire.

Ma l’attenzione di Gatti non si focalizza su questi aspetti, ma su quelli che toccano più direttamente la vita fuori dagli schemi di Rocchi: la meditazione, le filosofie e le pratiche di pensiero, il contatto con l’Oriente, la musica lontana dalle canzoni di protesta. In questo modo la lettura si fa ricca e impegnativa, perché molti riferimenti – tutti ben documentati – spesso non sono oggetto di immediata conoscenza. La monografia di Gatti, insomma, è un libro porta, che apre cioè continuamente nuove direzioni, chiama alla ricerca di documenti e di altre testimonianze. Si legge appuntandosi altri libri, facendo ricerche e scartabellando nella propria discoteca. Una bella esperienza, davvero.

Una lettura ricca che, dunque, omaggia un autore, Claudio Rocchi, che ha lasciato un vero tesoro da scoprire e, se già lo si conosce, da riscoprire grazie ad un Virgilio/Gatti accanto che, con sapienza, ci porta fino al paradiso terrestre, e cioè la dipartita del cantautore e musicista, per lasciarci, come accade con Dante, ascendere al paradiso vero: la musica di Rocchi. Gatti, infatti, non ci regala una guida all’ascolto, ma ci mostra un percorso che, alla fine, se curiosi davvero, ci stimola a iniziare il nostro confronto con la ricca produzione musicale di Rocchi. Da quel momento, dunque, inizierà la vostra personale si ascesa al Paradiso. Consiglio personale. Leggete ascoltando “Viaggio” e, subito dopo, come sfida personale, “VDB23”. Perché della bellezza di queste pagine, e di questa musica, non c’è da aver alcun timore.

Articolo di Luca Cremonesi

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