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Alteria intervista

La rocker si racconta sorridente con genuina apertura, grande rilassatezza e semplicità

Alteria

“Vita imperfetta” è il nuovo album di Alteria, fuori il 5 febbraio (qui la nostra recensione). Un album che racconta uno spaccato di vita dell’artista: una vita spesso imperfetta, dove amore e dolore vanno a braccetto, concretizzandosi in un’alternanza di brani rock agguerriti e ballate dense di pathos. Nonostante la sua grande notorietà, Alteria si racconta sorridente con genuina apertura, grande rilassatezza e semplicità. Si rompe il ghiaccio con uno scambio sul significato del pattern del suo maglioncino, nero con una fantasia di lampi blu; io la butto su un omaggio ad Ace Frehley (per amore personale), ma lei mi corregge con un amore più suo, David Bowie.

Alteria, nuovo disco, vecchie passioni, fotografia del presente, sguardo in avanti… Raccontaci tutto tu del nuovo disco!

Allora, ho iniziato a mettere testa a “Vita imperfetta” ormai tre anni fa, venivo dal disco precedente, “La vertigine prima di saltare”, avevamo fatto un sacco di concerti… Ci siamo fisiologicamente fermati un pochino, ma ti torna presto la voglia di scrivere, di buttare giù idee. Nel frattempo la mia vita personale ha subito grandi, grandi, grandi cambiamenti, e io quando scrivo musica tendenzialmente parlo di me e di quello che mi succede. Quindi il fattore scatenante per il nuovo disco è stato questo forte cambiamento nella mia vita iniziato appunto tre anni fa. A differenza del disco precedente ho deciso di approcciare la scrittura da sola in una prima fase, scrivendo i testi e cercando le melodie; quando i pezzi avevano già una forma ho chiamato il mio amico e collega Max Zanotti, che sicuramente è stato bravissimo a sopportarmi e supportarmi dal punto di vista umano in un periodo davvero difficile, e poi ad aiutarmi a colorare quelle che erano le mie emozioni, le mie sensazioni … attorno alle mie idee abbiamo costruito la musica. Come hai detto tu è una fotografia, per fortuna non più del presente; di sicuro è un disco molto introspettivo, che racconta tanto di me degli ultimi due-tre anni.

Ora sto meglio, grazie anche a questo disco, perché per me la musica è il tentativo di esorcizzare, di raccontare un dolore, quando lo scrivo e lo canto lo vedo più chiaramente, e riesco a superare i problemi, ad andare avanti. La pandemia ha rallentato tutto, l’album era già pronto a marzo 2020, avevamo pure fissato la data del release party. Ora finalmente “Vita imperfetta” è pronto, ma come ben sai non possiamo fare un concerto per presentarlo.

Stai comunque già pensando a come proporre live “Vita imperfetta”?

Ho già la band, la stessa di sempre, siamo una band compatta e non vediamo l’ora di poter tornare sul palco, anche se la vedo dura a breve, naturalmente. Pensare a un concerto in elettrico al momento è abbastanza inverosimile, un miraggio, perché noi siamo in cinque sul palco (voce, basso, batteria, doppia chitarra). In acustico invece, se ci sarà occasione, assolutamente sì, lo faremo, lo abbiamo fatto, è comunque una dimensione che mi piace, la voce è più in evidenza e quindi posso dare maggior risalto ai testi. Questo disco però secondo me in elettrico dal vivo acquista ancora di più, perché ha bisogno di essere suonato con la giusta pancia, con il giusto tiro.

Vorrei sottolineare che “Vita imperfetta” uscirà anche su vinile. Diciamolo, dai, è bello e importante …

Sì, è la prima volta che stampo un vinile, questa cosa mi gasa tantissimo, non vedo l’ora di averlo fisicamente tra le mani questo vinile, mi piace molto, è un oggetto meraviglioso per chi a casa ha il giradischi e si può gustare un suono più caldo. Tra l’altro il vinile rispetto al CD avrà una bonus track, una traccia carina, particolare. Il Rock è un genere che esiste da tanto tempo e io non ho potuto vivere i tempi in cui la musica si ascoltava sul piatto, ora sono felice di poterlo fare anch’io!

Sei musicista e nota radio speaker, ma tanti non sanno quanto culo ti sei fatta per arrivare dove sei arrivata, dove non sei affatto capitata per caso…

Il mio percorso è stato lungo ma molto bello; pragmaticamente posso dire che per tanto tempo ho investito su me stessa. Quando una decide di lavorare nel mondo della musica, sia come musicista che come speaker – ho lavorato prima per RockTV, poi c’è stata una webradio, e solo in seguito è arrivata la collaborazione con grandi network radiofonici, Radio Freccia e ora Virgin Radio – deve farlo duramente per ottenere risultati. Perciò diciamo che tutto il percorso passato è stato un investimento da parte mia, ho fatto di tutto per inserirmi in questo ambiente, anche se non pagava le bollette; però sentivo che era un percorso obbligato, nel senso che, come hai detto tu, tutti i mestieri hanno bisogno di una crescita, di una gavetta, di una prova dietro l’altra, che per me è durata tanto… io ho iniziato a 17 anni, oggi ne ho 36, e posso dire che effettivamente il mio lavoro nel mondo della musica che mi fa vivere di questo è iniziato solo tre anni fa, quindi c’è stato un bel percorso di mezzo, necessario, me lo sono stragoduto e continuo a godermelo. Non mi sento arrivata, da nessuna parte, mi sento in continua evoluzione, radiofonicamente, musicalmente, e chissà, magari in futuro torno a fare un programma musicale in TV, chi può dirlo? Non mi siedo mai, non mi piace!

Alteria

Da questa terrazza privilegiata che ti sei conquistata con tanto lavoro, come vedi la musica italiana in questo momento?

Ecco, io ascolto appunto tanta musica, non solo Rock, anzi ascolto tantissima musica italiana, cantautori e non solo; e poi avendo una figlia ormai ragazzina, capita molto spesso che lei mi faccia ascoltare qualcosa che io non conosco, non dico che mi ci appassiono ma sì, mi interessa e scopro nuovi mondi. Io sono pro musica italiana, adoro il cantato in italiano, adoro la ricerca del testo che c’è nelle canzoni italiane, qualsiasi sia il genere. Per quanto riguarda il Rock, purtroppo quello italiano fa fatica, per tanti motivi. Intanto il Rock italiano non ha spazio, ed è un dato di fatto. Non ci sono palcoscenici, e non intendo locali ma palcoscenici mediatici, è poco esposto, e di conseguenza il pubblico è difficile da conquistare.

E poi ti dico, sulla base della mia esperienza, non è facile trovare il giusto incastro fra la lingua italiana e le sonorità del Rock, perché siamo cresciuti con il Rock classico che è inglese e questo ci rende un po’ esterofili nell’approccio al genere. Spesso la difficoltà è quindi in questa piccola cosa qui! Quando sento una band che trova il suo modo, io mi innamoro molto di più rispetto a una buona band straniera, ti parlo di band contemporanee ovviamente, non dei grandi mostri sacri. Ad esempio i Ministri hanno trovato una chiave che funziona … Il Teatro degli Orrori, sono fermi da un po’ ma hanno uno stile unico che non poteva che essere con il cantato in italiano. Quindi sì, io sono sempre per il Rock in italiano.

Parlaci di Stefania piccolina, quando scocca la scintilla per la musica e vuole diventare una rocker…

Ho la fortuna di avere un papà che fa lo speaker radiofonico, e la musica è sempre stata presente in casa, questo mi ha di sicuro agevolata nell’avere questa propensione. Se si parla proprio del Rock, io sono stata adolescente a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, quindi nel periodo in cui uscivano The Cranberries, Anouk, Skunk Anansie, donne cantanti davvero cazzute, quindi un po’ per emulazione ho iniziato con le prime band a scuola e all’oratorio, poi una volta che hai provato, anche se per gioco, vabbè, non puoi più smettere, mi sono detta: Io voglio fare questa roba qui, voglio diventare una rockstar! (ride) … Ci sto ancora lavorando!

Dai che sei sulla buona strada! Non posso non chiederti quali sono i tuoi preferiti tra i grandi mostri sacri del Rock. Immagino che nella lista ci siano i Deep Purple, visto che canti nella notissima tribute band all female che gli rende omaggio…

Devo confessarti… posso? Che i Deep Purple non sono mai stati tra i miei preferiti, ovvio che mi piacciono, anzi li adoro, ma i miei eroi sono i Led Zeppelin, e questo è un fatto noto, anche in radio quando li passiamo mi entusiasmo per i miei dei dell’Olimpo; Robert Plant è il mio eroe assoluto, vocalmente parlando. Il tributo ai Deep Purple di cui parli tu, le Strange Kind Of Women, nascono un po’ “per caso”: io ricevo una telefonata da una chitarrista friulana, Eliana, che conoscevo solo via social, e mi dice che aveva questa idea di fare un tributo ai Deep Purple … era il mese di agosto, mi sono detta, boh, vediamo, con questo spirito leggero. Poi invece ci siamo viste in uno studio di registrazione a Milano e mi sono subito entusiasmata a cantare insieme a loro, mi sono appassionata a studiare il repertorio, le diverse timbriche di Gillan e di Coverdale, come cantante è un lavoro tecnico davvero interessante. Non ci saremmo mai aspettate quello che poi è accaduto, abbiamo avuto un successo non solo a livello europeo, ci arrivano ogni giorno decine e decine di messaggi da tutto il mondo; noi stesse ci stupiamo, evidentemente siamo brave a fare questa cosa qua!

Infine la domanda “cattiva” di Rock Nation: quali sono i tre dischi che salveresti dalla distruzione del mondo?

Dai non è cattiva, lo sarebbe stato se tu mi avessi chiesto quali tre dischi brucerei! Mmmm, però è difficile … Ti stupirò! Io salvo di sicuro un Greatest hits di Mina perché lei è una dea, “Mezzanine” dei Massive Attack perché è un disco che amo molto e che ha un’atmosfera che ricerco ciclicamente nella mia vita, e poi dai, fammi salvare il primo album dei Led Zeppelin perché il Rock’n’Roll ci deve essere!

Articolo di Francesca Cecconi

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