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Dinelli intervista, luglio 2021

Lorenzo Dinelli viene dall’Hardcore, voce dei Seed’n’Feed. Il suo ultimo lavoro è un mix fra Folk-Rock e Cantautoriale acustico

Immagina di essere in ritardo quando sei in fila da Decathlon e ci sono due fitness instructors davanti a te, belli alti e asciutti, che cercano di capire come funzioni la nuova cassa scanner che hanno installato credo l’altro ieri.
Immagina di pagare in tutta fretta con la carta sbagliata e andare in overdraft su un account bancario che non usi da tempo e di cui non ricordi neanche l’accesso per l’online banking in modo da trasferire I fondi dal tuo account madre per evitare l’overcharging.
Immagina di arrivare dopo tutta questa epopee in un caffè del centro commerciale che è semivuoto e realizzare che le prese della corrente non funzionano e non hanno internet quindi ti devi connettere dal tuo mobile cercando un punto ottimale dove il 5G prenda almeno con due barrette…

Ecco, questo è il prologo della mia intervista con Lorenzo Dinelli, la mia disorganizzazione e la sua pacatezza nel modo in cui parla, in cui ti spiega le cose. Lorenzo viene dall’Hardcore, voce dei Seed’n’Feed. Il suo ultimo lavoro, qui la nostra recensione, è un mix fra Folk-Rock e Cantautoriale acustico, mentre sorseggio un caffè orrendo e sgranocchio un biscotto chiacchieriamo:

“Tiny Seeds” è un disco estremamente intimo, caldo e vario … ma Lorenzo scusami, come mai secondo te c’è questa tendenza dei cantautori del panorama HC statunitense e non (Jim Ward degli Sparta, Jonah Matranga dei Far e Frank Turner dei Million Dead per cintarne alcuni) a un certo punto di tornare al cantautorale?

Guarda anche io potrei citarti tanti altri artisti … Jim Adkins dei Jimmy Eat World, Greg Graffin dei Bad Religion, che hanno avuto una svolta folk nella loro carriera passando da un universo che possa essere post-hardcore, punk-rock e derivati. Jim Ward è uno di quelli che apprezzo tantissimo, lui viene da due grosse realtà che sono gli At The Drive In e gli Sparta poi … C’è da dire che tutte e due le band hanno sempre avuto una forte matrice melodica che di sicuro lo ha aiutato nella sua ricerca al di fuori del Punk-Rock. Se si va all’osso del song writing si parte da una matrice di voce e chitarra … molto probabilmente questo è successo a me ed anche agli artisti che hai citato, un ritorno alle origini.

A volte un genere un po’ di nicchia il Folk-Rock no? Strano, perchè se guardiamo Jonah Matranga te lo immagini in un piccolo club da massimo cinquanta posti, invece Frank Turner riempie Alexandra Palace e fa il sold out (o almeno lo faceva pre-Covid)

Non ti so dire il segreto di Turner … anche lui venendo da una matrice hardcore. Io credo che sia sempre da piccolo club, che un disco intimista e folk richieda un diverso raccoglimento e una diversa atmosfera. Forse Frank Turner ha scritto degli anthem da “stadio” o da accompagnamento, poi bisogna dire che il genere non è mainstream anche se ha il potenziale per diventarlo. Io sinceramente non mi sono mai posto la domanda di cosa succede nel mercato britannico o americano, io sono italiano, anche se mia nonna era inglese. Di sicuro una realtà come la mia è più difficile in Italia che all’estero, forse per una questione di utenza e di ascolti.

Parliamo di “Tiny Seeds” uscito con la Incosapevole Rercords e No Reason Records il 21 di giugno

Due etichette punk-rock! Il disco e’ concepito durante il primo Lockdown, era pronto a luglio del 2020 ed abbiamo deciso di farlo uscire molto dopo. Mi piace pensare al disco come tredici semi da far germogliare con calma, delle piccolo riflessioni di vari aspetti della società.

Quindi scritto, progettato e registrato durante la pandemia?

Son partito alla fine del 2018 registrando tre quarti di questo disco a Cascina (PI) da Alessandro Sportelli e poi mi sono mosso a Milano con Giuliano Dottori, la maggior parte del tracking è stato fatto a casa mia da solo durante il primo lockdown. Il mixaggio è avvenuto a distanza da Leonardo Magnolfi a Firenze. È stato abbastanza divertente coordinare il tutto durante una situazione di completa incertezza.

Qual è stata la tua colonna sonora durante il lockdown? I tuoi ascolti ti hanno aiutato?

Di sicuro Calexico and Iron & Wine, un disco scritto benissimo che ho avuto il piacere di vedere live nel 2018. Mi ha aiutato ad ascoltare cose anche più classiche tipo James Taylor, ma a volte anche tornando all’Hardcore giusto per smorzare l’incazzatura, e quindi di nuovo i Cave In, Converge e tanti altri. Ho avuto bisogno di ascolti di vario tipo ma di base ho ascoltato tanta musica di atmosfera.

Se parliamo dei tredici piccolo semi, come sono nati? Cosa ti porta a scrivere in un certo modo?

Non è un processo univoco, può essere un riff di chitarra che ti rimane in testa, a volte due accordi di pianoforte anche se non lo so suonare tanto bene…a volte una melodia ti di attacca alla testa tutta la notte ed è difficile scrollarselo via! Se un riff si incastra bene nella testa e rimane lì per giorni vuol dire che porta un messaggio, vuol dire che è la musica stessa a portarti le parole, quindi è un lavoro che esce fuori dall’intimo. A me succede spesso questo, il riff porta con se la melodia e rimango completamente senza parole.

Ti reputi un artista prolifico?

Sì, credo di essere prolifico, ultimamente mi sono interessato anche ad altri progetti, per esempio con Mattia Pinna degli Hormonauts stiamo pensando a un dieci pezzi fra Reggae e Rocksteady. In questo momento scrivo molto, ci sono stati periodi durante il lockdown in cui mi sono focalizzato solo sullo scrivere … a volte riesci a scrivere venti-trenta pezzi in poco tempo, magari poi bisogna poi tornare indietro e smussarli quei brani, renderli migliori. È terapeutico, essenziale. Quando ho smesso per lunghi periodi non sono stato bene, mi mancava qualcosa di mio.

Qual è il prossimo step?

Il prossimo step è ricominciare a suonare dal vivo ora che le restrizioni si sono alleggerite. Cercare di promuovere il disco il più possibile. Sono cambiate le tempistiche dei booking, ora si organizzano le date oggi per domani, settembre-ottobre saranno dei mesi cruciali per “Tiny Seeds”.

Articolo di Alessandro Marano

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