Ritorna in Italia Le Mystere des Voix Bulgares, il coro femminile famoso in tutto il mondo che intreccia le tradizioni musicali bulgare con la contemporaneità. L’ensemble vocale, vincitore di un Grammy Award e con 70 anni di storia, sarà al Teatro Dino Buzzati di Belluno e al Teatro Malibran di Venezia rispettivamente il 2 e il 3 febbraio 2024, con un nuovo, magico spettacolo dal titolo “Voices and Strings” realizzato in collaborazione con il compositore e direttore Georgi Andreev e i musicisti del Quarto Quartet. Andreev è direttore ospite d’onore per il progetto, mentre Dora Hristova resta la principale direttrice del coro.
La musica di Le Mystere des Voix Bulgares è stata acclamata da Paul Simon, Kate Bush, George Harrison, David Bowie, Frank Zappa, Peter Murphy dei Bauhaus, Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins, Bobby McFerrin, Medwyn Goodall, Enrique Morente, Grateful Dead, Robert Plant, Linda Ronstadt, Graham Nash. In molti ricordano in Italia la collaborazione con Elio e le storie tese. Georgi Andreev è uno dei compositori bulgari contemporanei di maggior successo. Ha collaborato con artisti come Nigel Kennedy, Jean Luc Ponty e Robert Plant. Ci sentiamo al telefono, e ci spiega con entusiasmo dirompente il progetto che porteranno in tour.
Maestro, come è accaduto l’incontro con Le Mystere des Voix Bulgares?
È avvenuto tramite una telefonata che ho ricevuto l’anno scorso da Boyana Bounkova, la loro manager; non ci eravamo mai incontrati persona, ma abbiamo molti amici musicisti in comune. Io ovviamente conoscevo già bene l’attività del coro, di fatto sono 32 anni che cantano non stop a tutti i concerti un mio brano. Quando Boyana mi ha chiesto se volevo collaborare con loro per un progetto speciale, ho pensato che sarebbe stata una sfida difficilissima, ma anche per questo ho accettato!
La combinazione musicale di un quartetto d’archi con formazione classica con un coro folk che canta a cappella è davvero coraggiosa dal punto di vista tecnico, quasi pericolosa. Abbiamo dovuto sperimentare, non ci sono precedenti in questo tipo di combinazione di diversi ensemble. Un quartetto d’archi è un’orchestra sofisticata e complessa, e farlo lavorare con un coro folk poteva sembrare una pazzia. Ne abbiamo parlato a lungo io e Boyana, cercando di capire ogni risvolto possibile, e deciso di provare a ri-arrangiare brani tradizionali del coro, brani miei, ma anche scrivere qualche nuovo brano, 5 o 6, appositamente per il progetto.
Ci è voluto molto tempo per elaborare non solo la musica, ma anche l’atmosfera generale, per combinare le personalità del coro e del quartetto senza stravolgerne gli stili individuali. Durante il processo di scrittura ho quindi deciso di scrivere musica che fosse interpretata da singole voci del coro, e anche questa è stata una bella sfida per il coro stesso. Allo stesso tempo la difficoltà per il quartetto è stata immensa, perché sono tecnicamente formati per suonare musica con specifiche strutture, mentre quella necessaria al coro era completamente diversa, con tempi diversi.
Le prove sono state molto lunghe prima di presentare il progetto al pubblico?
Abbastanza lunghe, ci sono voluti circa quattro mesi per essere soddisfatti del risultato. Abbiamo presentato “Voices and Strings” in première a Sofia nella bellissima Bulgaria Concert Hall, che ha oltre 100 anni di storia. Il concerto era sold-out e noi eravamo davvero insicuri e spaventati che non potesse avere reazioni positive, ma allo stesso tempo eccitati. Prima dell’esecuzione di ogni brano l’ho brevemente presentato e spiegato per lo stile, il testo, l’ispirazione. Il pubblico ha adorato il risultato! Abbiamo deciso di registrate il concerto per intero in studio, ma suonato dal vivo, tutti insieme, senza aggiunte o ritocchi, ed è stato bellissimo, sarà pubblicato in cd.
Lavorare insieme vi ha musicalmente contaminato?
Certo, perché siamo partiti da basi totalmente diverse, la musica classica e la musica folk; ma c’è da aggiungere che il coro canta musiche tradizionali bulgare, quindi dell’Est, mentre il quartetto suona musiche classiche dell’Ovest. Abbiamo dunque creato un ponte tra culture, unito l’Europa dell’Est con quella occidentale, attraverso il linguaggio universale della musica. Questo aspetto ci ha reso ancora più determinati nel perseguirlo, ne siamo orgogliosi, e speriamo che anche il pubblico italiano riuscirà a goderne!
Articolo di Francesca Cecconi
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