Una presentazione così intensa vale come un concerto. Il festival “Storie di Umanità” (direzione artistica di Pierumberto Ferrero), organizzato e promosso da Croce Rossa, e in corso di svolgimento fino ad ottobre al Museo Internazionale di Croce Rossa a Castiglione delle Stiviere (MN), ha ospitato venerdì 9 giugno la presentazione del ponderoso volume “Il Maroccolario” (la nostra recensione), con ospiti il bassista, produttore e musicista, Gianni Maroccolo, l’autore, il giornalista Giuseppe Pionca, accompagnati dall’editore Andrea Salvi (Libri Aparte).
Sono i numeri a parlare prima di tutto. Il volume, di 480 pagine, contiene il censimento completo di 1600 produzioni, fra queste 880 brani in studio, 224 brani live, 132 album, 56 demo, 4 cofanetti, 31 raccolte, 33 singoli, 30 singoli promo, 12 ep, 33 voci bibliografiche più altre 200 voci minori. Davanti a tutto questo, ci si aspetta di trovare non solo uno scrittore e uno studioso, oltre che appassionato, giustamente altezzoso, ma anche un musicista che cala direttamente dall’Olimpo. E invece succede tutto il contrario. Perché Giuseppe Pionca è, prima di tutto, una persona squisita che, per sei anni, ha lavorato a quella che è una vera impresa titanica, figlia di quella maniacalità sana, piacevole e invidiabile, propria dei collezionisti, e degli appassionati. La giusta definizione, per chi vuole leggersela, sarebbe quella che forgia il filosofo Walter Benjamin trattando del collezionista Eduard Fucks. A voi il compito di reperirla e, dunque, scoprirla. Allo stesso modo vale per Gianni Maroccolo, un musicista che ha rivoluzionato la musica italiana, che ha fatto parte di gruppi del calibro di Litfiba (sì, quelli mitici degli inizi, “Desaparecido”, “17 Re”, “Tre”), dei CCCP, dei C.S.I., dei P.G.R e, non ultimo, dei Deproducers (la nostra recensione), e che si presenta quasi con imbarazzo al pubblico presente. L’elenco, poi, di collaborazioni e produzioni sarebbe davvero lungo, e per scoprirlo non avete che da acquistare il “Maroccolario” che, con sapienza, l’editore Andrea Salvi, ha prodotto in due edizioni: quella canonica, con copertina amaranto/granata, e quella edizione limitata, con copertina gialla, e cofanetto. Oltre alle shopper.
La presentazione, dunque, date le premesse, non poteva che essere intensa e, allo stesso tempo, figlia di un clima colloquiale del tutto inatteso. Fatemelo dire, c’è chi per molto meno, ma per davvero molto meno (sia come pagine scritte, che come musica messa in circolo), ha un approccio ben diverso. Più chiuso. Più severo. Insomma, se la tira decisamente di più. Qui, invece, c’è stata la possibilità di dialogare in grande libertà e serenità. Attenzione, però, si è trattata di una presentazione non banale, intensa, e dove il lato umano ha prevalso, a fronte di un libro che, all’apparenza, sembra freddo, dato il carattere di dizionario che vuole avere. Non va poi dimenticato che, al termine del volume, c’è anche una lunga intervista a Maroccolo, dove vengono svelati retroscena interessanti.
Fra questi, alcuni sono stati oggetto di discussione durante la presentazione. Non ho grandi rimpianti, anche se il progetto dei P.G.R. poteva avere un’altra storia. Solo per chi non lo sapesse, dopo i C.S.I, nascono i P.G.R., Per Grazia Ricevuta, stessa formazione, ma senza le chitarre di Zamboni. Da qui si sviluppa un progetto che, racconta Maroccolo, prevedeva che non fossi più io il produttore e, allo stesso tempo, si andasse nella direzione di due voci: Giovanni e Ginevra. I testi, ovviamente, e ci mancherebbe altro, sarebbero stati sempre scritti da Giovanni. Poi Ginevra (Di Marco) e Francesco (Magnelli) sono usciti dal gruppo. Abbiamo terminato il secondo disco (“D’anime e d’animali”), perché dovevamo farlo, ma il progetto prendeva un’altra piega. “Ultime notizie di cronaca” poteva essere un nuovo inizio, ma non è stato così. Restano comunque molti inediti di quell’esperienza, quello sì, racconta Maroccolo. Anche nell’intervista che si trova in chiusura del “Maroccolario” il bassista svela questa che, mi sia concessa, per tutti i fan è una notizia bomba. Così come lo è il sapere che dei C.S.I invece non c’è nulla di inedito, nulla che non sia già uscito. Qualche prima versione, ma non di più. Si lavorava in location diverse, affittate per registrare. Si entrava senza nulla, e si usciva con il disco. Non c’è altro. Restano molti live, se si volesse dar vita a raccolte dal vivo. Quello è un materiale che c’è, spiega sempre Maroccolo.
Il momento più intenso, però, non è quello per i cercatori di tesori nascosti, e cioè demo, live e tracce inedite, ma quando Maroccolo racconta della collaborazione con Claudio Rocchi. Da quel sodalizio nel 2013 è nato il disco “Vdb23/Nulla è andato perso” e, a seguire, dopo la scomparsa di Rocchi, il tour “Nulla è andato perso”, diventato poi un triplo vinile (e doppio cd). Ci siamo incontrati grazie ad un amico comune che sosteneva, da tempo, che ci dovessimo conoscere. Claudio era nella sua comunità religiosa. Io perseguivo la mia idea di smettere di suonare. Ci siamo trovati e incontrati a Milano, in un bar. Dopo sei ore di chiacchierata, al momento della chiusura del locale, ci hanno mandato fuori. Da quella conversazione, e da altri incontri, è nata l’idea di inviare a Claudio del materiale sul quale stavo lavorando. Dopo poco tempo mi è tornato indietro quello che, all’80%, è il disco che poi abbiamo finito e sistemato. Con testi inediti, scritti da Claudio. Non è tanto quello che racconta Maroccolo che cattura, ma come lo racconta. Grande calma, allo stesso tempo serenità e, soprattutto, emerge non tanto il dolore per una persona che non c’è più, quanto la bellezza di questo incontro e, soprattutto, l’occasione di aver potuto lavorare insieme. Magia di un’umanità che, commenta nel finale dell’incontro lo stesso Pionca, caratterizza Gianni, ma tutto questo gruppo di musicisti. Ed è per questo motivo, credo, che le persone ci siano affezionate, e ancora ascoltino la loro musica e, soprattutto, la loro storia prosegua ancora oggi, pur se separati. L’umanità che li caratterizza è stata decisiva, e ha fatto la differenza.
Per certi versi lo conferma anche lo stesso Maroccolo: l’inizio della fine è stato il concerto di Monstar. Chissà perché siamo finiti lì… Ma qualcosa è cambiato. Non solo, c’era anche un eccesso di umanità che ci legava e che, spesso, ci portava a pensare, uno dell’altro, che ci fosse qualcosa che non andava fra di noi. Eravamo un gruppo che funzionava e girava davvero bene. Tuttavia, i palazzetti, i ritmi serrati, non erano nel nostro Dna, e nel nostro modo di fare. Poi, una mattina, ho ricevuto tre lettere dure: una personale, una nella quale Giovanni mi diceva che il progetto C.S.I. era congelato, e l’ultima che il C.P.I. (il Consorzio Produttori Indipendenti, storica etichetta legata ai membri del gruppo), doveva chiudere. Fino alla chiamata di Ferretti per ripartire, come P.G.R., è stato un periodo non bello.
Sul futuro, in chiusura di presentazione, Maroccolo, sempre con grande generosità, non si nasconde. Da anni vivo il presente, al massimo faccio progetti per domani mattina. Come per la musica. Non sono stato di grande aiuto per Pionca. Non ho in casa un archivio, non conservo. Spesso regalo ai fans che mi chiedono, con insistenza, del materiale. La musica, una volta prodotta, la lascio libera. Il disco è solo plastica con dei solchi. Il mio lavoro è in studio, o quando, come faccio ogni giorno, compongo, sperimento, lavoro. Volevo smettere di suonare, e sono andato avanti. Avevo pensato ad un nuovo gruppo, ma il rischio del paragone con quanto già fatto, e cioè Litfiba e C.S.I, era da mettere in conto, anche per un eventuale produzione che fosse solo di poco inferiore a quelle due esperienze. Ecco perché i P.G.R. potevano essere qualcosa d’altro. Lì c’era la possibilità di sperimentare. Poi sono arrivati i Deproducers, progetto che mi ha vede coinvolto con altri produttori e musicisti, tutti che arrivano da esperienze diverse. Ci siamo trovati, abbiamo cominciato a lavorare, e c’era del materiale buono. Si pensava ad una voce, quando, invece, è arrivata l’idea di musicare conferenze scientifiche, dopo che abbiamo incontrato Fabio Peri. Abbiamo realizzato tre album, e proseguiamo. Tuttavia, quello che davvero vorrei provare a fare, e ogni tanto ci penso, è un concerto solista. Non mi risulta che ci siano stati mai concerti di basso elettrico. Vorrei provare, per vedere anche solo l’effetto che fa.
Pionca, nel finale risponde alle domande di appassionati e curiosi che, sfogliando il volume, si rendono conto dell’impresa realizzata. Ci sono margini di errore, qualcuno ti hai scritto? Chiedono dal pubblico. Proprio perché non ho pretesa di essere infallibile ho lasciato, al termine del libro, la mia mail, per eventuali segnalazioni che, però, devono essere documentate. Il mio lavoro infatti – rispondendo ad un’altra domanda sull’ascolto di tutto il materiale censito – è stato certosino, con ascolto diretto di tutto quello di cui scrivo nel “Maroccolario”. Andrea Salvi, editore, ma anche grafico del volume, sottolinea come questa sfida lo abbia appassionato, e sia fiero di questo testo così particolare, e del tour che stiamo facendo insieme per presentarlo.
Al termine Maroccolo non si sottrae al firma copie, non solo dei libri, ma anche dei suoi dischi. Un altro gesto che conferma come certa buona musica nasca da buone persone, e buoni artisti. Come i buoni libri, e le belle edizioni, d’altronde.
Articolo di Luca Cremonesi
Podcast di presentazione del “Maroccolario”
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