Huge Molasses Tank Explodes è un interessante e originale progetto italiano, che grazie alle eterogenee influenze musicali dei diversi componenti, è riuscito a plasmare un sound nuovo ed eclettico, che si è evoluto nel tempo fino ad esprimere la sua maturità con l’ultimo album “III” (la nostra recensione). Abbiamo raggiunto Il cantante e polistrumentista Fabrizio De Felice, il chitarrista Giacomo Tota, il bassista Luca Umidi e il batterista Michele Schiavina per parlare della loro storia, del loro sound e dei progetti futuri.
Qual è stato il vostro percorso, come siete arrivati a questa formazione?
Abbiamo iniziato tutti da esperienze diverse, ognuno di noi proveniva da progetti musicali distinti, che andavano dallo shoegaze al rock all’elettronica. Ci siamo conosciuti grazie alla scena musicale della nostra città, collaborando a diversi progetti. Alla fine, la connessione tra di noi è stata naturale e abbiamo deciso di unire le nostre forze per creare qualcosa di unico. La formazione attuale è il risultato di anni di ricerca e sperimentazione, cercando di trovare il giusto equilibrio tra le nostre diverse influenze.
Il nuovo album gravita attorno al rock e all’elettronica, ha molte influenze che vanno dallo Shoegaze, al Krautrock, al Dark Wave. Che genere ascoltate? Da che background provenite?
Ascoltiamo davvero di tutto! Le influenze che emergono nel nostro album riflettono i nostri gusti vari. Alcuni di noi sono cresciuti ascoltando band shoegaze, altri sono più legati al krautrock dei Neu! o Can, o ancora il synth pop primordiale di John Foxx e Gary Numan. Venendo da background diversi, ci piace mescolare questi generi per creare qualcosa di personale, cercando di trovare un sound che riesca a fondere tutte queste atmosfere.
Rispetto ai vostri album precedenti avete raffinato molto il vostro stile, che è passato all’essere più sperimentale e più complesso. Cosa è cambiato dall’album precedente a questo?
Con ogni album cerchiamo di evolverci e di spingere i nostri limiti. Rispetto ai lavori precedenti, abbiamo sicuramente affinato il nostro processo creativo. In questo album abbiamo voluto esplorare composizioni un po’ più strutturate e complesse, ma senza perdere l’essenza diretta che ci contraddistingue. Abbiamo dedicato più tempo alla produzione, giocando con nuove strumentazioni e tecniche di registrazione e mix per creare atmosfere più stratificate e coinvolgenti.
Chi è che compone? È un lavoro collettivo o c’è un unico compositore? Qual è il processo che seguite?
La composizione è un lavoro collettivo. Di solito uno di noi arriva con un’idea o un riff, e da lì inizia una sorta di jam session dove tutti contribuiscono, modificando e aggiungendo elementi. Il nostro processo è molto organico, non ci piace imporci rigidi schemi. Una volta che abbiamo una base solida, lavoriamo ai dettagli in studio, sperimentando con suoni e arrangiamenti fino a trovare la giusta combinazione.
Avete mai pensato di scrivere in italiano?
Onestamente no, al momento ci sentiamo più a nostro agio con l’inglese. Le nostre influenze hanno un respiro decisamente internazionale e ci viene piu’ naturale esprimerci in inglese.
Qual è il vostro rapporto con i concerti? Vi piace la dimensione live o preferite comporre e registrare in studio?
Amiamo entrambe le dimensioni. In studio possiamo concentrarci sui dettagli, esplorare nuove idee senza fretta, ma il live ha un’energia unica. Sul palco possiamo davvero connetterci con il pubblico, far vivere la nostra musica in modo più immediato e istintivo. Ogni concerto è diverso e ci permette di riscoprire le nostre canzoni in una nuova luce.
Quali sono i vostri prossimi passi? Avete dei progetti futuri, magari legati ai live o a un tour?
Stiamo pianificando un tour per promuovere il nuovo album, sia in Italia che all’estero. Vogliamo portare la nostra musica dal vivo il più possibile e creare un’esperienza coinvolgente per il pubblico. Oltre al tour, stiamo già lavorando su nuove idee per il prossimo album e a qualche altro progetto in parallelo.
Articolo di Marta Mazzeo