27/12/2024

Fast Animals And Slow Kids, Napoli

27/12/2024

Edoardo Bennato, Roma

27/12/2024

Quintorigo e John De Leo, Torino

28/12/2024

Fast Animals And Slow Kids, Molfetta (BA)

28/12/2024

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28/12/2024

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Irene Grandi intervista

Il 27 luglio Irene sarà sul palco della 56ª edizione del Festival Internazionale del Jazz di La Spezia

Irene Grandi ha pubblicato il 17 maggio “Fiera di me”, nuovo singolo con cui anticipa un tour autunnale e un album omonimi, volti a celebrare i suoi trent’anni di carriera. Un sound grintoso, elettronico e graffianti pattern rock con la supervisione ritmica di Stewart Copeland, contraddistinguono questo brano che parla dell’accettazione di sé, della volontà di trasformare i propri difetti in punti di forza, dell’importanza di sostenersi, di costruire relazioni solide con l’interno e l’esterno, dare nuovo valore e significato a tutti quei piccoli frammenti che formano una vita, e che compongono – o ricompongono – un unicum di cui ognuno è portatore. Il 27 luglio Irene sarà sul palco della 56ª edizione del Festival Internazionale del Jazz di La Spezia, la più importante rassegna jazz della Liguria nonché il più antico festival musicale italiano dedicato al genere, con il molto atteso il concerto “Io in Blues”, composto da canzoni internazionali e italiane che spaziano dagli anni sessanta fino agli anni novanta, senza dimenticare i grandi successi di Irene con un arrangiamento rock-blues. Parliamo di tutto questo con lei in una lunga e davvero piacevole telefonata.

Suonerai al Festival internazionale del Jazz di La Spezia il 27 luglio, il più antico in Italia del genere, dove porti una tappa del tuo tour “Io in Blues”, progetto longevo

È un progetto molto fortunato, a volte con le cose magari fatte così quasi per gioco, succedono delle cose anche un po’ impensabili, no? Come è successo con questo tour, che è piaciuto molto e quindi lo stiamo portando avanti da tempo, proprio perché c’è tanta richiesta; noi siamo felicissimi perché ci fa vivere la musica in un modo un po’ spensierato ma è anche un riappropriarsi delle proprie radici musicali. È molto gioioso, ecco.

Te lo confermo, io l’ho visto più volte, sin dalla data zero. Posso anche dirti che, nonostante che tu sia un’artista di cui conosciamo benissimo il valore, con questo tour hai fatto vedere ancora di più la tua versatilità, non solo come interprete, ma proprio come visionaria della musica in qualche senso. Non tutti si mettono in gioco così, non è una cosa banale, dietro c’è preparazione, studio e anche coraggio

Ti ringrazio, lo trovo un bellissimo complimento perché sì, effettivamente io vado molto anche di cuore sulle cose. Se una cosa mi prende, mi piace, provo fino in fondo a realizzarla e a volte può andare meglio, a volte peggio. Questa cosa è andata particolarmente bene proprio in un momento in cui avevo anche bisogno di darmi uno slancio, perché quell’idea nasce post pandemia, quando non si sapeva bene come andare avanti nel mondo della musica, e il live era la cosa che ci sembrava più lontana, e che ci mancava di più, incontrare il pubblico, fare un po’ di casino insieme, divertirsi. Per non tornare senza un progetto, senza qualcosa di nuovo, mi era venuta questa idea di riappropriarmi appunto nelle radici musicali, che poi fortificano il fatto di essere radicati.

Era una cosa che ho preso un po’ prestito dal linguaggio dello yoga, dove si parla sempre di mettere le radici a terra. E nella musica io l’ho un po’ interpretato come un riportarmi a quando la musica mi aveva fatto innamorare, cioè quando ero una ragazzina e cominciai a scoprire la musica che mi piaceva. E quindi da qui un omaggio a tutti quelli che sono stati i miei maestri di musica, tra virgolette, cioè i miei ascolti musicali, che sono stati ispiranti per la mia vita, ma anche per la mia musica, per la mia carriera. Perché mi sono formata un gusto, un colore nella voce e un’identità attraverso proprio quelli che sono stati i miei artisti preferiti. Il Covid in qualche modo mi ha permesso di ritornare dentro a questo percorso.

Però la scaletta del tour 2024 non è esattamente la stessa di quando l’hai iniziato

Qualcosina abbiamo cambiato, soprattutto perché la scaletta era nata per un progetto che poi sarebbe stato realizzato in inverno, nei teatri; poi è diventato anche uno spettacolo estivo, allora lo abbiamo voluto energizzarlo un po’, come a volte l’estate richiede, con qualche canzone più vivace, e anche per noi, per divertirsi un po’ a cambiare qualcosa della scaletta.  Le radici non cambiano mai, però ovviamente in una scaletta non ci posso mettere tutto quello che mi ha appassionato, invece posso fare delle variazioni sul tema. Magari ritornando anche nei posti dove ho già portato il tour, con una scaletta nuova, perché no? Intanto lo abbiamo trasformato in qualcosa di più ricco dal punto di vista ritmico, per la tranche estiva, e poi vedremo, perché comunque è un progetto talmente bello che non lo vorremmo mai lasciare.

Tour estivo non significa però da piazza, “Io in Blues” lo abbiamo portato sempre in situazioni un pochino più da festival, dove spesso ci sono le sedie; la prima parte della scaletta è un pochino più da ascolto, però piano piano si vivacizza sempre di più per poi arrivare ai miei successi in un momento dove il pubblico è molto coinvolto e quindi si crea anche un entusiasmo maggiore. Ci siamo resi conto che quando arriva un pezzo mio famoso la gente salta sulle sedie. Mi piace molto il fatto che la gente si animi con noi, io mi carico durante il concerto, mi gaso, mi piace sentire l’entusiasmo delle persone di fronte a me.

Ora nella scaletta è entrata anche “Fiera di me”, che anticipa un album omonimo e poi anche un tour omonimo, giusto?

Giusto, con “Fiera di me” ora chiudiamo i concerti. Per il nuovo tour si è fatta anche già qualche prova, si sta formando una band leggermente modificata per eseguire una scaletta un po’ più pop. Arriverà prima il tour del disco perché se c’è una cosa che è cambiata nel mondo discografico, tra le tante, che però tutto sommato non è male, è proprio il fatto che ormai si fanno prima dei singoli, con i quali si sonda la situazione del mercato, il gradimento, diciamo, e poi si raccolgono i singoli usciti in un album insieme agli inediti. Quindi anche noi faremo in questo modo, è un progetto che partirà quasi più da live, e il tour sarà la celebrazione del trentennale della mia carriera, suoneremo anche vecchie canzoni facendo dei medley, cercando di esplorare il più possibile il mio repertorio. Ci sono brani che non faccio da tanto tempo, avevo lasciato indietro cose che invece ho voglia di riprendere quest’anno, per me è motivante, ispirante, divertente.  Poi successivamente nel 2025 faremo uscire il nuovo album.

Ho sempre avuto l’impressione nonostante che il music business sia una macchina sempre più mostruosa, tu sei sempre riuscita a non farti fagocitare, hai sempre mantenuto un controllo sulla tua arte, e quello che mi stai dicendo credo sia una riconferma, perché andare a ripescare brani che non fai da tanto tempo o fatti raramente, immagino che sia proprio una scelta tua e non imposta

Assolutamente sì, perché comunque è in questi momenti che si riflette un po’ sul passato e ci si rende conto di quanti passaggi, di quante sfumature hai avuto nella tua storia, di quanti cambiamenti ci sono stati, evoluzioni, è interessante anche mettere tutto insieme, perché a volte ho come la sensazione di essere un po’ frammentaria. Guardando sempre avanti, faccio una cosa, poi ne faccio un’altra, poi ne faccio un’altra ancora e a volte posso anche un po’ destabilizzare il pubblico che non mi riconosce sempre in tutto; quindi con questo tour del trentennale mi piacerebbe proprio riunificare tutto questo repertorio, è come riportarlo a me, a dire anche questo era mio e sono sempre io. Per l’esecuzione dal vivo dei vecchi brani vorrei mantenere anche il loro arrangiamento originale.

Il singolo “Fiera di me” esce per il tuo trentennale, tra l’altro è molto bello anche il video, raccontaci com’è nato …

Sì, mi è piaciuto molto come è venuto il video, girato nel cantiere all’ex Teatro Comunale di Firenze, secondo me racconta proprio bene la canzone, la espande, rinforza un po’ il messaggio del testo. “Fiera di me” era in realtà una canzone sulla quale avevo lavorato con un autore diversi anni fa, ero io che gli davo qualche consiglio perché nella pensata originale la voleva cantare lui, avendo anche una bellissima voce, però poi è diventato più autore e non ha più avuto le velleità di fare l’artista. Quella canzone a me era subito piaciuta, mi era rimasta impressa, e solo dopo qualche anno, sentendo che lui non l’aveva mai pubblicata gli ho richiesto se era ancora lì nel cassetto, lui mi ha detto di sì e quindi gli ho detto ma allora la faccio io questa canzone! Il testo originariamente era rivolto alla donna della sua vita perché era anche molto innamorato, però cantata al femminile prende un po’ un’altra sfumatura, anche più interessante, riconosce un percorso difficile per le donne ma ribadisce la fierezza e l’energia femminile, sulla quale le donne possono contare e sulla quale possono appoggiarsi.

Tra l’altro questo singolo ha vinto la menzione speciale al Premio Lunezia dove quest’anno hai vinto pure il premio per il valore musicale letterario delle tue canzoni; mi vorrei soffermare proprio sul valore letterario visto quello che hai detto ora dell’importanza del messaggio, le canzoni ci arrivano come sassate, ci entrano dentro e ci scuotono, ci fanno pensare. Non a caso Bob Dylan ha vinto il Nobel per la letteratura

Certo, assolutamente, interessantissima questa cosa in effetti. Questo premio è fonte di orgoglio per me, proprio perché ci ho sempre tenuto a dare messaggi positivi, anche nel dolore canto del fatto che ce la possiamo fare, bisogna essere un po’ resilienti, bisogna essere un po’ testardi certe volte per tenere la propria linea di pensiero, bisogna saper dire di no alla tentazione, come dice la canzone, perché altrimenti si rischia di perdere la propria identità, la propria autostima su quello che sono i nostri principi di base. In una vita di lavoro, di tante cose, succedono momenti in cui ci sono delle sliding door, dove da una parte magari è più comodo e dall’altra è più scomodo, io spesso ho fatto la scelta di stare nello scomodo, cioè preferisco stare bene nello scomodo che male nel comodo.

Questo approccio è un po’ il fil rouge di tutta la tua produzione…

Infatti proprio in questo trentennale mi sto accorgendo che questa frammentarietà alla fine è soltanto apparente, sento che c’è una cosa che può riunire questo concetto, questo filo rosso noi l’abbiamo chiamato filo d’oro perché l’abbiamo un po’ paragonato all’arte del Kintsugi che è quell’arte giapponese del vaso che si rompe e che viene restaurato con la polvere d’oro che fa sì che il vaso poi quando è ricostruito sia ancora più prezioso del vaso originale. Quindi la consapevolezza di sé dà anche un valore aggiunto a quello che ho fatto, magari d’istinto senza sapere perché, o meglio non lo sapevo consciamente ma inconsciamente avevo una strada che sto capendo con il senno di poi. Questo progetto è andato molto bene e piace a tutti, però nasce da uno di quei frammenti in realtà di me che voleva essere riscoperta nelle sue radici. Questa mia consapevolezza mi piacerebbe che arrivasse a un pochino di più in larga scala alla critica musicale perché non sono molti che hanno la tua sensibilità. Spero che il tour del trentennale lo ribadisca in modo efficace.

E nel frattempo hai continuato a portare avanti anche la messa in scena dell’opera rock “The Witched Seed” di Stewart Copeland

Praticamente quest’anno sono stata veramente una wonder woman! (ride). Ho dovuto attingere a tutte le mie risorse perché mi si sono, un po’ magicamente, accavallate varie cose davvero preziose. Mentre si decideva di riprendere “The Witched Seed”, noi stavamo producendo il pezzo nuovo, quindi avevamo l’occasione per poter chiedere un consiglio a Stewart Copeland perché volevamo che fosse ritmicamente originale; lui ci ha voluto regalare dei consigli fantastici che in effetti poi sono confluiti nella canzone. Lo spettacolo è stato lanciato in prima mondiale due anni fa, una cosa veramente pazzesca che venga realizzata in Italia una cosa del genere, penso che essere la protagonista di questo progetto sia stata una cosa bellissima che appunto sta continuando; quest’estate abbiamo fatto tre date, Asti, Milano e il Teatro di Pietra di Tones da dove tutto nasce. Si è fatto in un’area geograficamente ristretta perché è necessaria una logistica complessa e ci vogliono luoghi adatti, solo sul palco siamo 35 persone, quindi abbiamo dovuto in qualche modo circoscriverlo a un’unica zona perché fosse realizzabile, lo spettacolo è molto costoso e molto ambizioso e anche solo evitare troppi spostamenti aiutava la messa in scena, che poi quest’anno è stata anche un po’ modificata per portarlo nei teatri al chiuso. Purtroppo è uno spettacolo non facile da fare e anche difficile da promuovere, ci vorrebbero delle risorse importantissime per farlo conoscere su larga scala e quindi è ancora un po’ come se fosse in presentazione; avremmo bisogno di un produttore manager che lo curi per essere venduto anche in varie parti d’Europa, perché è uno spettacolo in inglese quindi sai che in Italia ci sono del limiti, non è per tutti.

Immagino che abbia comportato una preparazione enorme

Sì, enorme, ci ho studiato praticamente un anno, è uno spettacolo molto complesso, oltre a cantare devo recitare e un po’ ballare, però sai che io sono anche una che va di cuore, mi butto nelle cose se mi piacciono, e mi sembrava un’occasione che non poteva essere persa, perché conoscere Stewart Copeland, che è un mio mito, e lavorare su questa musica avveniristica, un’opera sinfonica piuttosto sperimentale, metterci insieme una voce rock è una cosa abbastanza inedita.. Quindi ho detto perché no, la cosa potrebbe funzionare se fatta bene. Ho iniziato a prepararmi durante l’ultimo anno di pandemia quando avevo il tempo per poter studiare con calma e alla fine mi ha anche riempito quelle giornate vuote; è stata una benedizione che ci fosse stata questa cosa perché mi ha dato molta voglia di ripartire con una cosa così pazzesca, quasi un sogno a occhi aperti.

Articolo di Francesca Cecconi
Foto di Luca Brunetti

Le date 2024 del “Fiera di me tour”

  • 03/11/2024 – CATANZARO – Teatro Politeama NUOVA DATA
  • 12/11/2024 – BOLOGNA – Teatro Duse
  • 18/11/2024 – MILANO – Teatro Manzoni
  • 24/11/2024 – PALERMO – Teatro Golden
  • 25/11/2024 – CATANIA – Teatro Metropolitan
  • 30/11/2024 – FERMO – Teatro Dell’Aquila
  • 07/12/2024 – ROMA – Auditorium Parco della Musica
  • 09/12/2024 – FIRENZE – Teatro Verdi
  • 10/12/2024 – GENOVA – Teatro Politeama

Link alle prevendite: http://linktr.ee/irenegranditour

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