Abbiamo visto tutti e abbiamo letto tutti cosa è accaduto il 27 febbraio in 130 differenti location, abbiamo visto come si è comportato (e con quale compattezza) il mondo della musica, abbiamo non-visto 130 non-concerti come risposta alle attuali politiche nei confronti della regina delle arti.
Il messaggio è ed è stato chiaro, ma ora vogliamo vedere di più, vogliamo andare oltre la crosticina sulla superficie. Oltre l’ondata di indignazione, oltre chi ha capito e chi non ha capito che il lavoro dei 130 locali è un lavoro e come tale ha costi e problemi di gestione e che la musica è formata sia dal lato artistico che da un enorme lato lavorativo, un iceberg che mostra il palco come sua punta e tutto il resto come sommerso.
Ne parliamo con Fil, titolare di un locale che è uno dei capisaldi della musica italiana: il Legend Club di Milano, che per l’occasione ha ospitato i Destrage.
Senza perderci in preamboli andiamo subito al sodo: Fil, puoi raccontarci l’anno che si è appena concluso dal punto di vista della musica e della gestione di un locale da concerti?
Chiaramente l’anno è stato duro e difficoltoso per tutti gli addetti ai lavori, siamo riusciti a fare qualche piccolo concerto con band locali e un artista internazionale, uno dei pochi venuti in Italia in quel periodo, Chris Bay dei Fredoom Call. Questi eventi hanno visto posti a sedere nel rispetto delle normative nei mesi di luglio, settembre e parte di ottobre.
Abbiamo cercato di dare una continuità, senza dare importanza all’aspetto economico che con le regole attuali non è sostenibile tra costi fissi, band, Siae e quello che comporta l’organizzazione della serata.
Da fine ottobre più nulla e senza prospettive di ripresa, senza una data certa per la riapertura non sai neanche come e cosa programmare.
Quali sono i più grossi limiti attuali per ospitare musica dal vivo? Ricordiamo concerti con posti a sedere nel tuo locale, esempio il LambStonE la scorsa estate, li rivorresti? Ci sono alternative?
Come detto in precedenza i limiti attuali ci impongono numeri che per un locale come il Legend non sono sostenibili o quantomeno non portano degli introiti validi nel contesto della gestione di un locale progettato per eventi internazionali e con capienza oltre il triplo rispetto alle attuali leggi. Abbiamo fatto circa una ventina di concerti in 4 mesi, cosa che di norma lo stesso numero lo superiamo mensilmente e con capienza di 450/500 posti invece che gli attuali 98 con posti a sedere.
Nel caso che hai citato dei LambStonE, oltre a essere una bella band sono anche dei cari amici che hanno accettato subito la nostra idea di fare un evento con le persone sedute, cosa non facile per gli artisti in quanto viene a mancare quella interazione che di norma nei concerti c’è. Devo dire che anche così la situazione non la trovo malvagia anche se la normalità è tutta un’altra cosa, pensavo peggio e anche gli artisti che sono passati da noi in quel periodo mi confermavano il mio pensiero.
Alternative? Live streaming che se fatto bene come deve essere, con due regie audio una live e una per la messa in onda e con una troupe per la parte video, ha dei costi non sostenibili a meno che la band abbia un appeal internazionale e quindi possa espandere la vendita dello stesso al mondo intero, non solo nel territorio nazionale.
Un esempio è stato “L’ultimo Concerto?”, evento gratuito con più di 130 artisti, molti dei quali con nomi altisonanti e con rilievo internazionale, mi vengono in mente i Lacuna Coil, Destrage (che in Giappone fanno sempre molto bene), e altri con grande risonanza nazionale come Ligabue, Subsonica, Agnelli, Facchinetti, Caparezza, in grado di riempire degli stadi o palazzetti quindi con un potenziale di migliaia di persone.
L’evento, gratuito, ha fatto più di 100 mila accessi che se lo dividi per 130 locali ha una media di 769 spettatori. Se invece di essere gratuito fosse stato a pagamento anche solo 10€ il numero sarebbe sceso di almeno 2 terzi rispetto a quello fatto, si può capire che con tutti i costi di produzione una situazione simile non è sostenibile senza sponsor. Anche Sanremo sta in piedi per gli sponsor, e trovare sponsor per questa tipologia di eventi non è facile, oltre a capire che cifra siano disposti a investire per un numero di visualizzazioni così basse.
A parer mio non è questa la soluzione anche se devo dirti di averci pensato e fatto dei preventivi per capirne la fattibilità e poi lasciato stare una volta confrontato numeri alla mano.
Perché l’evento “L’Ultimo Concerto?”, al quale il tuo locale ha preso parte, è importante?
Da subito ho avuto una sensazione che potevamo avere una bella cassa di risonanza e anche confrontandomi con altri gestori abbiamo deciso di aderire senza remore. Per la prima volta ho visto locali, band, promoter, addetti ai lavori e agenzie unite con uno scopo comune: quello di far sentire la nostra voce, di far capire cosa stiamo passando e cercare di arrivare ai “piani alti”, l’unità di intenti di questa cosa mi ha fatto sperare in un futuro più roseo. Allo stesso tempo abbiamo ricevuto delle critiche da parte di alcune persone che non hanno capito l’utilità di essere uniti in questo momento.
Cosa prevedi di ritorno dall’evento e cosa almeno auspichi?
Prevedere qualcosa in questo momento è come avere la sfera di cristallo e nessuno di noi ne è in possesso! Scherzi a parte, spero che si riesca a intavolare un dibattito con le istituzioni e che ci permettano di presentare le nostre proposte che potete leggere su www.ultimoconcerto.it/manifesto/
Sono tutte idee fattibili, che speriamo vengano accolte se non per intero almeno in parte, per noi è fondamentale avere un sostegno e riconoscimento da parte delle istituzioni.
Come ultima cosa mi auguro che chi ci ha criticato a caldo con il passare del tempo capisca e ci sostenga in questa battaglia, almeno spero che una buona parte a mente serena prenda atto che non volevamo assolutamente colpire loro, facevano parte dell’evento come parte fondamentale e tutto questo lo stiamo facendo anche per il pubblico che potrà avere ancora dei posti dove andare a passare una bella serata e godersi come deve essere fatto la musica dal vivo.
I concetti espressi da Fil spero siano chiari per tutti e ci permettono di avere una interpretazione del “dietro le quinte” di un evento variegato, complesso e discusso come “’Ultimo Concerto ?”. La nostra speranza come Rock Nation è che si apra al più presto un tavolo con le istituzioni al fine di avere una collaborazione e una sinergia per poter far rivivere (o sopravvivere) l’arte che ci accomuna e che più ci piace.
Articolo di Marco Oreggia