Abbiamo intervistato Lino Vairetti, uno dei fondatori della storica band Prog italiana Osanna, in occasione del concerto a Firenze il 27 ottobre 2019, al Circus Club
Sei l’unico rimasto della formazione originale. È una scelta degli altri o semplicemente carriere separate?
È una scelta per caso, nel senso che negli anni 70 il gruppo si sciolse, già fra la prima e la seconda formazione, quella dei primi quattro dischi, due persone non c’erano più. Poi per problemi economici, quando arrivò il periodo dove i cantautori presero il sopravvento sui gruppi, si faceva fatica a vivere di musica e il gruppo si sciolse. Danilo si allontanò dall’Italia, andò a Boston dove doveva restare qualche anno a fare un lavoro per gli Osanna: in attesa di questo ritorno abbiamo fatto un buco di vent’anni. Io e Danilo siamo sempre rimasti in contatto, con telefonate, invio di musicassette con demo di canzoni per riformare il gruppo.
Di fatto per noi gli Osanna non si erano mai sciolti, era solo un momento di lunga attesa. In quest’attesa gli altri hanno intrapreso altre carriere; anche se Elio era il nostro simbolo, aveva carisma, ha creduto in altri percorsi professionali; vero è che gli Osanna li portavamo avanti io e Danilo, eravamo noi i creativi. Dopo vent’anni Danilo è ritornato e insieme abbiamo formato un gruppo del tutto nuovo; abbiamo provato a chiamare tutti gli ex membri, escluso Elio altrimenti impegnato, ma non erano interessati. Allora io e Danilo nel 2001 abbiamo fatto “Takabum”, anticipato dal concerto del rientro il 14 luglio 1999 a Napoli con Jethro Tull e PFM, un ritorno bomba. Ma ahimé Danilo per problemi di salute dovette presto smettere di suonare. Io ho dovuto dunque ricostruire da solo questa band investendo molto, facendo in proprio anche un’etichetta discografica e uno studio di registrazione perché alle case discografiche non interessava pubblicare un nuovo disco degli Osanna.
Ho cambiato la formazione, inserendo e sostituendo un elemento alla volta, e non è stato facile perché i giovani musicisti pensavano di entrare negli Osanna e fare subito soldi, ma non è stato così, abbiamo dovuto lavorare duramente. La mia intuizione migliore è stata quella di chiamare David Jackson: gli ho mandato tutti i dischi degli Osanna e lui dopo una settimana mi ha risposto che sarebbe venuto a Napoli per provare con noi. Non solo ha provato, e pure fatto il disco “Prog family”, uscito nel 2009, ed è diventato un membro aggiunto della formazione.
Quando suoniamo all’estero o abbiamo concerti importanti, lui c’è. Insomma, una formazione del tutto nuova. Ho tra l’altro incontrato Elio D’Anna dopo trent’anni qualche settimana fa, è stato molto affettuoso ma mi ha confermato che non vuole più suonare, avendo intrapreso una carriera del tutto diversa. Io sono stato dunque l’elemento di continuità degli Osanna, quello che non ha mai smesso di crederci. Questa band mi rende felice.
Come mai ha scelto di non avere un flautista fisso nella line up?
Avendo David Jackson con noi, quando lui non c’è abbiamo spesso ospiti, ad esempio Mauro Martello, uno dei più grandi flautisti italiani. Introdurre un flauto stabile significa anche essere uno in più, siamo già in sei sul palco, e ci muoviamo insieme al nostro tecnico. Poi i nostri tastieristi suppliscono alle parti di flauto! Penso di avere nella band musicisti bravissimi, che credono nel progetto, e che non suonano con nessun altro perché negli Osanna si esprimono senza limitazioni; piuttosto integrano i guadagni dando lezioni di musica quando non siamo in tour.
Sul palco sembrava che tu fossi felice, divertendoti…
Sì, è così, quando salgo sul palco sono felice, vivo per questo. Ho interrotto anche amori perché mi limitavano nel mio essere musicista, nel mio egoismo creativo. Vivo per suonare.
Che musica ascolti ora?
Io ascolto un po’ di tutto, sono un curioso, non un nostalgico. Ascolto anche cose che non mi piacciono, per capire. Ma a volte resto inorridito dalla scena di sotto-cultura musica che c’è oggi, perché i giovani che fanno buona musica ci sarebbero, ma non interessano a nessuno. Ci sono i talent show che mettono in evidenza artisti bravi che diventano però immediatamente fenomeni da baraccone, o scompaiono. I mass media manipolano malamente la situazione musicale. Vedi, ad esempio Achille Lauro va a fare il Premio Tenco perché i grandi critici musicali, come Arnaldo Assanti, cercano affannosamente di adeguarsi ai tempi e così perdono la strada., uccidendo anche i premi e i festival che avevano una storia di vera cultura musicale. Mediaset poi ha abbassato il livello culturale di questa nazione, le persone si sono stordite e abituate a vedere cuochi, comici, veline … Dov’è finito in TV il teatro, l’avanguardia, musica contemporanea? Non c’è più niente.
Cos’hanno sal fuoco gli Osanna?
He, tante cose! Abbiamo sul fuoco il cinquantennale degli Osanna nel 2020, usciremo con un nuovo disco che si chiamerà il “Il diedro del Mediterraneo” (diedro non è un errore di battitura), poi un libro scritto da Franco Vassia che si chiamerà “Uè, uè, il canto del veliero”, e infine un docu-film sulla storia degli Osanna per la regia di Debora Farina, che ha come sottotitolo “L’uomo del Prog”.
Ho raccontato a Franco Vassia la mia storia; io vengo da una famiglia un po’ poverella, vivevamo del lavoro di mia madre che faceva la camiciaia, e a un certo punto dovemmo lasciare la casa e vivere per alcuni anni nel negozio. Quando alla sera si tirava giù la saracinesca, il tavolo da lavoro diventava un letto; Vassia ha fatto diventare il letto un veliero, trovando una forma poetica e bellissima per raccontare la mia infanzia. Questi tre progetti usciranno parallelamente, insieme a un mio disco solista dal titolo “Vi canto i miei anni Settanta”, dove interpreto anche Kinks, Beatles, Rolling Stones, Deep Purple, tutta la mia storia musicale insomma, e gli Osanna mi onorano di suonare con me.
E poi c’è l’amore per Jimi Hendrix …
Siii! Il mio amore personale maggiore è però per Frank Zappa, sono un suo fan sfegatato, è per me il numero uno!
Articolo di Francesca Cecconi