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“Pictures of You” intervista

A Milano la prima della mostra interattiva il 22 e il 23 marzo, progetto di Henry Ruggeri e Rebel House con il video-storytelling di Massimo Cotto

A Milano nel PARCO (via Ambrogio Binda 30), il 22 e il 23 marzo è allestita la mostra fotografica interattiva “Pictures of You”, un progetto di Henry Ruggeri e Rebel House. La mostra è composta da più di 50 fotografie scattate da Henry Ruggeri ad artisti iconici del mondo della musica, e grazie alla tecnologia, appariranno direttamente sul telefono dei visitatori in realtà aumentata i contributi video che erano stati realizzati appositamente da Massimo Cotto, protagonista della storia del giornalismo musicale italiano. In questo modo lo spettatore potrà non solo ammirare le fotografie, ma anche conoscere curiosità e aneddoti degli artisti ritratti grazie allo storytelling unico del grande giornalista. Un tributo innovativo che fonde passato e futuro, unendo memoria e tecnologia per mantenere viva l’eredità di un grande narratore della musica. Abbiamo aprofondito la conoscenza del progetto con una telefonata a Mattia Priori, direttore creativo di Rebel House.

Ciao Mattia, raccontami tutto il progetto “Pictures of You”. Partiamo proprio dall’inizio: la storia della tua Rebel House, poi l’incontro con Henry e la creazione del progetto artistico, del quale è protagonista anche Massimo Cotto. Però non voglio fare un’intervista sulla memoria, ma sul presente.
Mi trovi in accordo, anche perché questo era un progetto che era partito con Massimo Cotto, per fare un progetto di business culturale a tutti gli effetti. Poi questa cosa si è necessariamente modificata nel tempo, prendendo l’aspetto anche di memoria, giustamente e doverosamente. Però vogliamo continuare a portarla avanti anche come attività culturale a tutti gli effetti. Come sai creare cultura, fare cultura, in Italia è difficilissimo, perciò quando ci riesce qualcuno, e anche di giovane, o relativamente giovane, si vorrebbe gridare al miracolo: invece le cose sono possibili.

Quindi la storia di Rebel House è importante sia per la storia in sé e il valore, sia perché ci dà un po’ di speranze culturali in questo paese
Guarda, sono felice di questa domanda. Mi sono sempre occupato nella vita di attivismo culturale, chiamiamolo così, alternandolo al mio lavoro principale, che era un lavoro manageriale nell’azienda di famiglia, sempre nel mio territorio, in particolar modo nella provincia di Pesaro Urbino, perché Rebel House gravita tra Fano e Pergola. A un certo punto ho diretto per quattro anni un festival di cinema d’animazione, con il quale siamo riusciti a portare nel territorio diciamo nostro anche dei nomi molto importanti, e a creare un interesse culturale vero. Questa esperienza mi ha un po’ aperto la testa e mi ha fatto incontrare anche una persona, che è la mia attuale compagna, Serena Pierfranceschi, insieme alla quale abbiamo deciso di fondare Rebel House.

Perché abbiamo deciso di fondare Rebel House? Perché durante quegli anni del festival Serena fece una tesi di laurea, un master in economia e gestione dell’arte, sul come trasformare un’esperienza culturale e associazionistica in un’impresa creativa, prendendo riferimento proprio il festival che dirigevo. Questa cosa è stata illuminante per me, e ci siamo uniti in questa missione, che è quella di trasformare quella che era una passione culturale in un’attività di business. Allora abbiamo deciso di troncare un po’ con l’associazionismo, che in Italia è quasi onnipresente quando si parla di cultura, invece secondo noi la questione va proprio presa con un altro piglio, e quindi abbiamo aperto la nostra azienda. Logicamente ci siamo presi dei rischi che abbiamo cercato un po’ di mitigare perché ci abbiamo fatto convergere anche lavori che già facevamo per altri soggetti, che hanno poco da fare con la cultura. Abbiamo creato questo contenitore ampio, al quale abbiamo dato l’identità anche di luogo, in un palazzo storico di Pergola, paesino nella provincia marchigiana, e da lì siamo partiti.

Florence and The Machine – foto di Henry Ruggeri

Quindi tutte le attività che facciamo hanno una finalità di business, poi ci riusciamo più o meno, a volte sì, a volte no, a volte andiamo in perdita, a volte guadagniamo, però questa è la nostra missione. Abbiamo cominciato facendo degli house concert all’interno di questo palazzo storico, invitando artisti anche importanti, che di solito magari suonano davanti a mille, millecinquecento persone, a venire da noi a suonare davanti a 40 persone, facendo pagare il biglietto, autosostenendoci, e incominciando a creare un nuovo modello di business. È stata una cosa molto carina, davvero apprezzata da tutti gli artisti, perché si sono trovati in una dimensione diversa dal solito, una nicchia particolare. E questo ci ha messo in una condizione, tra virgolette, di rapporti privilegiati, perché siamo diventati un po’ amici con tutti.

Da cosa nasce cosa, sono nati diversi progetti che hanno arricchito in questi due anni lo sviluppo di Rebel House. Attualmente l’impresa svolge attività di gestione di questo palazzo storico, che si chiama Palazzo Matteo Baldini, con una programmazione di 7-8 house concert a stagione. Gestisce due festival, uno a Fano, che parla di musica e di marineria, con la direzione artistica di Colapesce di Martino, e un altro in provincia di Ancona, nell’Anfiteatro Romano di Castelleone di Suasa, festival che era nato con la direzione di Massimo Cotto, dove appunto io lo conobbi, e che comunque stiamo portando avanti perché è in un luogo meraviglioso.

In una delle attività fatte all’interno del palazzo, perché oltre house concert ogni tanto facciamo anche delle piccole mostre, invitammo Henry Ruggeri, che io conoscevo da tempi lontani, perché tutto questo nasce anche da una passione per la musica –  sono bassista di un gruppo musicale. Conoscendo quindi sia Henry che Massimo, è venuta fuori quest’idea di lavorare su una mostra, dove inquadrando le foto di Henry puoi anche vedere Massimo che racconta un aneddoto sul cantante o sul gruppo che vedi in foto, e da lì è nato il progetto “Pictures of You”. Come impresa abbiamo investito sulla realizzazione dell’applicativoNotaway®, necessario per fare questo, che è diventato un marchio di Rebel House; è stato sviluppato insieme a dei programmatori marchigiani e questa app è diventata a tutti gli effetti uno strumento non solo utile per questa mostra, ma che noi stiamo proponendo anche per tanti altri progetti culturali, perché gli storytelling possono essere fatti su opere d’arte classiche, su opere d’arte contemporanee, su fotografie, su grafiche, eccetera. Quindi, ecco, con le nostre forze stiamo cercando di mettere a punto questo progetto culturale un po’ più ampio.

Dalla nascita dell’idea, dall’incontro con Henry e con Massimo, alla realizzazione della mostra, ti vorrei dire quanto tempo è passato e quanto lavoro c’è stato da parte vostra, da parte di Massimo finché c’è stato, e da parte di Henry, complessivamente immagino un sacco di lavoro…
Abbiamo iniziato a parlare di questa cosa nell’autunno del 2023, quindi siamo andati anche abbastanza veloci. Logicamente parlavamo con Massimo di un progetto che doveva riguardare 200 opere fotografiche, perché volevamo proprio una carrellata di ampio spettro nel mondo del Rock e questo l’avremmo completato all’incirca in due o tre anni, perché ogni foto porta con sé degli investimenti di produzione dei contenuti, che dovevamo comunque sostenere.

Quindi siamo partiti a blocchi, siamo riusciti a fare i primi due blocchi, 30 più 30, quindi 60 opere, e per finanziare il progetto abbiamo cominciato a vendere le mostre a maggio e giugno del 2024. Quindi il progetto è partito da lì. È stato un lavoro soprattutto di coordinamento, perché abbiamo dovuto mettere insieme la parte artistica con la parte culturale, poi ci siamo dovuti interessare di come stampare le foto affinché i contenuti si visualizzassero bene. Dopodiché, purtroppo, il 2 agosto dell’anno scorso Massimo ci ha lasciato improvvisamente e il progetto ha subito un arresto, non sapevamo più che cosa fare. Eravamo al massimo dell’entusiasmo perché tutti quanti ritenevamo questa cosa molto molto importante, molto bella, e ci ha crollata la terra sotto i piedi. Siamo stati un paio di mesi fermi, congelati, e poi abbiamo incontrato Chiara, la moglie di Massimo. Abbiamo incontrato Chiara e con lei abbiamo capito come potevamo gestire questa cosa, soprattutto rispettando la sua volontà, perché Massimo a tutti gli effetti riprende vita un po’ dentro queste foto e anche l’effetto è molto emozionante. Lei ha ritenuto questo progetto, oltre che progetto culturale e manageriale, anche un progetto di memoria di Massimo, e ci ha detto a tutti i costi fate tutto quello che potete fare per andare avanti con questo progetto. E lì abbiamo rimesso in moto la macchina, siamo ripartiti, abbiamo fatto i passi che dovevamo fare, abbiamo contattato un ufficio stampa che poteva darci una mano, e adesso ci presentiamo, a Milano, in questo evento zero, che dovrà un po’ essere la ripartenza o la partenza di questo progetto su ampia scala, su ampio raggio territoriale.

Arctic Monkeys – foto di Henry Ruggeri

E la data zero a Milano, com’è mai è di solo due giorni, il 22 e 23 marzo?
La nostra idea era quella di creare una mostra evento, quindi farla breve e canalizzare in questi due giorni l’interesse soprattutto della stampa, degli addetti ai lavori, oltre che di pubblico. Un po’ perché ancora siamo piccoli, quindi il progetto non aveva la forza per andare a bussare a quei grandi contenitori che possono dar spazio ai progetti come il nostro. In Italia, sai, è difficile, è difficile anche presentare i progetti, quindi bisogna che ti studi delle strade un po’ alternative, sennò si è bruciati in partenza. E la fortuna, ma anche un po’ la ricerca, ha voluto che incontrassimo per caso Roberto Polillo, che è il proprietario del Parco Center a Milano. Lui mi ha fatto vedere questa struttura bellissima che ha messo a punto investendo soldi privati proprio per la cultura, e a quel punto gli ho parlato del progetto “Pictures of You” e lui mi ha detto, guarda, se lo volete presentare qui vi do lo spazio gratis. È stata una propostameravigliosa, il luogo sembra fatto apposta per la mostra.

Nei due giorni, oltre alla mostra, ci sono anche eventi, incontri?
Sì, la sera, verso le 19, avremo un paio d’orette tra chiacchiere e musica. Ti do una piccola anteprima che ancora non è uscita sulla stampa: sabato faremo una collaborazione con il Germi e con Manuel Agnelli, perché “Pictures of You” porta dentro un po’ i valori delle persone che lo compongono, no? Quindi per noi c’è anche un’attenzione alla musica emergente e il Germi a Milano è un luogo deputato a questo. Tra l’altro Manuel era molto amico di Massimo, quindi è venuto abbastanza naturale e un paio di artisti del loro progetto Carnefresca si esibiranno alle 19 del sabato all’interno della mostra. E poi logicamente avremo vari DJ di Virgin Radio.

Io non sono a Milano, ma sarei salita apposta se non coincidesse che quel weekend a Firenze abbiamo i due concerti speciali per Paolo Benvegnù … Ma è la data zero della mostra, quindi idealmente sarà itinerante? Avete già in mente qualcosa o è troppo presto per anticipare prossime date?
Vabbè ti dico tutto, dai! Subito dopo Milano, la mostra si sposterà a Lugo di Romagna durante il Lugo Vintage Festival, che è un evento molto importante a Lugo, perché è uno dei festival vintage più, diciamo, blasonati e grandi d’Italia. Quindi ci sposteremo da Milano fino a lì nel primo weekend di Aprile. Logicamente i format saranno sempre un po’ diversi, a Milano la mostra è completa, ci sono tutte le 60 opere, a seconda di dove andiamo poi ne possiamo portare 30, 35, 25; a Lugo ne saranno esposte 30 per la precisione. È molto strano comunque che quei giorni lì si ricordino sia Massimo che Paolo Benvenuto, che sono state le due grosse perdite del mondo musicale italiano dello scorso anno. Quasi assurda questa coincidenza.

Tu hai usato la parola storytelling, che qualche anno fa in comunicazione era sulla bocca di tutti, poi è un pochino scomparsa, ma il valore di questo atto narrativo resta fondamentale; poi quando lo fai con più linguaggi, dimostra che avete avuto veramente una visione allargata e avete capito quali sono gli strumenti giusti per raccontarla, che possono raggiungere qualsiasi pubblico, non solo quello degli esperti, dei giornalisti, dei fotografi, ma anche di chiunque sia appassionato di musica.
Sì, guarda, è centrato il punto focale e di questo devo dar merito ad Henry Ruggeri, un grande fotografo, ha fatto tutta la sua strada da solo, ed è riuscito a diventare un personaggio nel mondo della fotografia, cosa non è semplice. Oggi che viviamo nell’era della fotografia, dove miliardi di fotografie vengono fatte ogni secondo, a questo suo lavoro artistico gli ho sempre riconosciuto una grande importanza; nonostante questo lui si è posto su questo progetto con grande umiltà e con l’idea di dire a Massimo guarda Massimo questa volta in mostra ti ci metti tu. Ed è stata una rivoluzione, perché quando mai uno storyteller va in mostra? Mai.

E invece questo è proprio il concept attorno al quale abbiamo realizzato il progetto, non si tratta solo della mostra fotografica, che comunque puoi anche vedere senza applicazione, ma quando la guardi con l’applicazione è lo storyteller che si mette in mostra, quindi il giornalista che per la prima volta ha una sua mostra.  Credo che sia una cosa rivoluzionaria che può permetterci in futuro di creare delle esibizioni diverse dal solito, dove fare un viaggio proprio tra le parole, dove conosci chi è abile nell’utilizzare le parole, non solo un pennello o una macchina fotografica, che è una cosa totalmente diversa. “Pictures of You” è un progetto nel quale crediamo tanto, e nel quale stiamo investendo tutto quel poco che abbiamo.

La mostra è diventata anche un libro?
Sì, la mostra è diventata anche un libro, tra l’altro è un’altra applicabilità fighissima di questo modo nuovo di vedere le cose. Questo perché Massimo aveva già dei contratti firmati con il suo editore, Gallucci Editore, che ha voluto continuare i suoi progetti. Uno di questi era fare il libro della mostra, fare il catalogo fotografico della mostra. Quindi abbiamo realizzato con Gallucci Editore il libro omonimo “Pictures of You” che è edito da novembre. Le prime due stampe sono andate già esaurite, senza neanche troppo clamore. 30 di queste foto sono contrassegnate da un bollino rosso, e inquadrandole con l’app Notaway® accade la magia, esce fuori Massimo che ti racconta l’aneddoto, la storia. Quindi anche lì si è aperto un filone di storytelling sul libro che è molto entusiasmante. Il catalogo sarà disponibile sicuramente nelle varie future tappe della mostra, e faremo sempre un evento inaugurale alla presenza di Henry Ruggeri e di Chiara Buratti. Abbineremo anche qualche piccolo evento musicale, ci piace anche un po’ fare festa.

Ci tengo a ringraziare anche qui con te i main sponsor di questa iniziativa, che sono Birra Flea, Frasca Wine, Lavoro Più e Z-Solution, quattro aziende che hanno deciso di investire dei denari su questo progetto e che ci hanno permesso di fare molte cose. E anche la Fondazione Marche Cultura, la Regione Marche sostiene questo progetto e ci sta dando una mano nel farci conoscere, e non è poco da parte di una pubblica amministrazione. Il nome Rebel House è una dichiarazione, vogliamo un po’ essere rebel nel modo di affrontare le cose. E tra questi modi c’è un po’ quello di dire c’è una cosa culturale bella, vado a chiedere aiuto alla parte politica. E devo dire che ho trovato una grande disponibilità da parte del presidente della Fondazione Andrea Agostini che da subito, in maniera anche un po’ anomala rispetto alla lentezza solita dell’apparato pubblico, si è messo dalla nostra parte, quindi lo ringrazio.

Non l’hai esplicitato ma traspare che volete superare la logica del “finanziamo i circolini ARCI perché facciano un briciolo di cultura”…
Sì, infatti. Io mi sono stancato di sta cosa qua, noi siamo un’azienda creativa, abbiamo progetti culturali, ci mettiamo dentro un sacco di soldi, e non ho mai fatto un bando di finanziamento. Mi chiedono se sono matto in molti, e ogni tanto mi fanno gola questi bandi però lo so che se prendo quella via lì il mio progetto piano piano finisce, perché poi mi adagio sul fatto che magari tutti gli anni ti danno quel briciolo di soldi, devi fare delle cose mediocri perché poi più di tanto non riesci, devi far contenti che ti dà i soldi … non è questo il modo di fare bei progetti di valore. Quindi andiamo avanti da soli e poi che ben venga la parte politica, se capisce quello che facciamo e se ci appoggia. Però noi imprenditori del mondo della cultura italiani, crederci e portare avanti l’idea di impresa culturale non sarà facile, ci vorranno gli anni, speriamo che tutto vada bene ma io al momento ci credo, tanto.

Articolo di Francesca Cecconi

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