La bresciana Strea ha recentemente pubblicato “Gold and Mess” (la nostra recensione), il suo esordio in studio come solista. La vocalist e pianista è protagonista di una musicalità incentrata su Folk, Art Rock e un tocco di Prog. In questa intervista l’artista ci racconta particolari interessanti sulla genesi e il processo creativo del disco, mentre è già iniziato il tour che la vedrà coinvolta su vari palcoscenici.
“Gold and Mess” è il tuo esordio discografico. Ci racconti le emozioni su un momento così significativo della tua crescita musicale?
Sono molto soddisfatta, poter finalmente dare la luce a questo album è un’emozione molto forte. Il lavoro è stato tanto e sono emotivamente molto legata ai pezzi che raccontano momenti di vita degli ultimi anni, consegnarli a chi può ascoltarli è davvero bello.
Il disco è una miscellanea di stili e non classificabile in un genere preciso. Hai una tendenza che ti affascina particolarmente o ispirazioni artistiche specifiche?
La mia formazione come cantante affonda le radici nel Rock e indubbiamente questo rimane lo stile che mi fa sentire più a mio agio. Crescendo ho avuto modo di esplorarne varie sfumature rimanendo indubbiamente colpita dal mondo progressive, ma anche da artisti, e soprattutto artiste, che rimanevano anche vicini alla dimensione folk e cantautorale. Alcuni dei miei riferimenti sono indubbiamente i Porcupine Tree, Tori Amos, Robert Plant, Elisa, ma non smetto mai di cercare nuovi riferimenti.
Nell’album ci sono due cover. Da cosa è nata la scelta di questi brani?
I pezzi rappresentano due polarità dei miei gusti musicali. Kate Bush è indubbiamente la capostipite di una serie di artiste che amo e il brano è sempre stato tra i miei preferiti. Gli Anathema vanno a pescare originariamente un po’ anche nel mondo metal nascendo come band di questo tipo, altra dimensione musicale che apprezzo molto. “The Lost Song Pt. II” è poi in realtà una ballad che si avvicina molto ad altri scenari musicali di riferimento più malinconici che ho sempre apprezzato. Il brano poi mi ha subito toccata molto.
Come è stato lavorare con un mito come Colin Edwin?
Una grande possibilità che mai mi sarei aspettata. “Ophelia” è un pezzo che ha richiesto tanti anni e tanto lavoro per vedere la luce e per assumere la forma che ha oggi. Mai avrei pensato di poter avere un musicista come Colin a prendervi parte. Gli sono davvero grata e sono molto grata anche ai ragazzi, Alessandro Pedretti in particolare, batterista in tutto l’album, che mi hanno permesso di avviare questa collaborazione.
Come vedi il momento della musica rock/prog in Italia?
Sicuramente rimane una dimensione più di nicchia rispetto ad altri generi che rientrano nel panorama musicale più mainstream. C’è però, secondo me, tanta gente sia tra i musicisti che tra gli ascoltatori che è molto appassionata e che è genuinamente interessata esclusivamente alla dimensione musicale, cosa che forse in altri contesti più “pop” è meno frequente.
Ti vedremo presto in tour?
Sto iniziando ora con le prime date, e poter portare “Gold and Mess” live mi rende davvero felice. Ho iniziato costruendo una dimensione acustica da poter presentare in contesti anche più intimi. Vi lascio qui tutte le prossime date programmate, anche se stiamo lavorando per aggiornare ancora il calendario: il 6 febbraio a The Bank, (MB), il 14 febbraio a Bottega Roots, Colle Valdelsa (SI)
Articolo di Carlo Giorgetti