25/12/2024

Vinicio Capossela, Taneto di Gattatico (RE)

26/12/2024

Vinicio Capossela, Taneto di Gattatico (RE)

27/12/2024

Fast Animals And Slow Kids, Napoli

27/12/2024

Edoardo Bennato, Roma

27/12/2024

Quintorigo e John De Leo, Torino

28/12/2024

Fast Animals And Slow Kids, Molfetta (BA)

28/12/2024

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28/12/2024

PFM, Isernia

28/12/2024

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Quintorigo e John De Leo, San Martino Buon Albergo (VR)

30/12/2024

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Tener-a-mente Festival intervista

Torna con la dodicesima edizione uno dei festival musicali più belli del nostro paese

Torna per la dodicesima edizione all’Anfiteatro del Vittoriale il festival Tener-a-mente, organizzata da Viola e Rita Costa di Ripens’arti, e si conferma come uno tra gli appuntamenti più attesi del panorama delle rassegne estive italiane. L’edizione 2023 di Tener-a-mente (il cartellone), come ogni estate, porterà molti tra i più grandi protagonisti della musica italiana e internazionale nel magnifico Anfiteatro, completato nel 2020 secondo il progetto originario di Gabriele d’Annunzio e sontuosamente rivestito in marmo rosso di Verona. Ne parliamo in anteprima con Viola Costa.

Viola, ci potresti raccontare la storia del Tener-a-mente dal tuo punto vista? Il luogo che avete scelto è sicuramente uno dei più belli in cui si possa fare un festival musicale…

Questa è la dodicesima edizione del Tener-a-mente e quello del Vittoriale è uno dei palcoscenici che, fino agli anni ’80, è stato tra i più prestigiosi d’Italia. È stato inaugurato nel 1953 dall’orchestra del Teatro alla Scala e da all’ora ha sempre ospitato grandi rassegne estive, specialmente di danza, teatro e prosa. Agli inizi degli anni 2000, varie questioni hanno portato la Fondazione Il Vittoriale – la proprietaria legale del luogo – a dare in gestione esterna l’anfiteatro. Si sono succedute varie gestioni da all’ora, fino a che non siamo subentrate io e mia sorella Rita nel 2011.

In quell’anno, il presidente del Vittoriale era già Giordano Bruno Guerri – ancora l’attuale presidente – ed è proprio lui che ha permesso di dare una svecchiata incredibile al concetto di conduzione museale, allontanandosi dall’idea di un’attività polverosa ed esclusivamente archivistica. Giordano ci diede due input. Da una parte, ci incoraggiò a valorizzare il luogo da un punto di vista di capienza: un anfiteatro da circa 1500 persone, con la gestione precedente aveva una media di circa 450 spettatori a sera. Si trattava di un aspetto che sicuramente andava migliorato. Dall’altro, ci fece riflettere sull’importanza storica e culturale del luogo. Fu la casa del grande poeta ed esteta Gabriele D’Annunzio – chi più di lui si intendeva di bellezza agli inizi del secolo scorso – perciò dovevamo necessariamente rendere omaggio alla bellezza.

In più, il presidente ci disse che non eravamo obbligate a rendere omaggio a tutto questo in modo convenzionale o legato alle opere stesse di D’Annunzio. Dovevamo fare ciò che, secondo noi, poteva rendere maggiormente valore al Vittoriale tramite le arti performative. Può sembrare banale, ma fu davvero un’ottica lungimirante per un gestore museale. Pensammo quindi che il modo migliore per rendere omaggio al padrone di casa era quello di valorizzare non soltanto la bellezza, ma la modernità stessa di D’Annunzio, il suo spirito coraggioso e sempre proteso verso l’innovazione e il futuro. E cosa c’è di più futuristico, moderno, avveniristico e dirompente del Rock? Il Rock, in qualche modo, è proprio tutto questo.

Il presidente del Vittoriale stesso, uno dei biografi di D’Annunzio, dice che D’Annunzio fu una rockstar ante litteram, per cui scelta non potrebbe essere più azzeccata! C’è da dire che inizialmente il Festival aveva un taglio più trasversale, ma ci rendemmo presto conto che il pubblico rispondeva meglio alla proposta musicale rispetto alle altre, quindi ci spostammo interamente sulla musica. Abbiamo scelto di puntare su artisti che si esprimono, a livello musicale, anche con linguaggi molto diversi tra di loro, ma facendolo tutti in modo artistico: hanno sempre qualcosa da dire. L’urgenza espressiva dev’essere la qualità dominante che distingue l’opera d’arte dal puro intrattenimento. E noi non facciamo una stagione di puro intrattenimento. Non che ci sia qualcosa di disdicevole nel farlo, ma è altro rispetto a quello che accade al Tener-a-mente.

Cerchiamo sempre di dare spazio a chi pensiamo abbia qualcosa da dire. A volte ci affidiamo ai mostri sacri della musica moderna, altre volte invece proviamo a consolidare la credibilità italiana di artisti conosciuti solo a livello europeo. L’edizione dell’anno scorso ne è un esempio. Abbiamo voluto portare sul palco un mostro sacro come Jeff Beck (mancato improvvisamente questo inverno), la star del cinema Johnny Depp (che, come dice Alice Cooper, è più una rockstar che ogni tanto fa anche dei film) e Cher, la cui fama come musicista, qua in Italia, è praticamente nulla. Questo è il tipo di lavoro che cerchiamo di fare. In questo modo, il nostro obiettivo è anche quello di ringiovanire un po’ il pubblico.

Da un punto di vista geografico, quello del Vittoriale non è un luogo facilmente raggiungibile dai giovani. Ha strutture che attirano difficilmente un pubblico giovanile, non è ben collegato con i mezzi pubblici e conta un turismo pressoché straniero e di fascia alta. Le caratteristiche fisiologiche del luogo hanno sempre portato a puntare maggiormente su un pubblico di una certa età e alto-spendente. Dopo aver a analizzato tutti questi aspetti del territorio, abbiamo quindi iniziato a ragionare sul tipo di pubblico che poteva essere interessato al festival e a investire su di esso. Questo ha fatto sì che, ormai da diversi anni, Tener-a-mente sia quasi sempre tutto esaurito. Ci riusciamo grazie al pubblico del singolo artista: il grande fan che, per andare al suo concerto e sentirlo esibire in un luogo del calibro dell’Anfiteatro del Vittoriale, è disposto a percorrere tanta strada. Tutto questo ci porta ad avere un pubblico che arriva solo per un 30% dalla zona, mentre per il resto arriva da tutta Italia e addirittura da tutto il mondo.

Un cartellone importante quindi, ma non facile da allestire e mettere insieme. Deve richiedere molta fatica e molto tempo.

Assolutamente. Durante l’edizione precedente del festival iniziamo già a lavorare a quella successiva. Il lavoro di preparazione dura un anno: siamo due persone, io e mia sorella Rita, e lavoriamo tutto l’anno alla progettazione del festival. È un lavoro sicuramente molto lungo e di squadra con le agenzie degli artisti. Noi portiamo in Italia artisti che hanno una grande fama all’estero, come dicevo prima, ma sono meno conosciuti qui da noi. Questo ci ha portato alcuni problemi: sono artisti che non possono fare troppe date ravvicinate e in luoghi vicini, quindi se devono andare a Milano, per esempio, non possono venire a Gardone Riviera o viceversa. E convincere un artista internazionale, abituato ad esibirsi davanti a milioni di spettatori, a venire in Italia e non esibirsi a Milano ma altrove, è già un’impresa!

Ricordo che il nostro primo anno contattai una delle agenzie più grandi in Italia di artisti internazionali. Mi venne risposto che conoscevano il luogo [Gardone Riviera] e che non aveva mai funzionato e mai avrebbe funzionato. Mi rifiutarono subito l’offerta. Non fu sicuramente incoraggiante come punto di partenza… Però, dall’anno successivo riuscimmo a collaborare con loro, e oggi è una delle agenzie con cui abbiamo un rapporto più bello. Adesso è sicuramente tutto più facile e sono gli stessi management internazionali a proporci i loro artisti.

Date tante attenzioni al vostro pubblico. Uno di questi è dedicato a chi vuole venire con il proprio amico a quattro zampe: ti va di parlarcene?

Dovete sapere che D’Annunzio allevava levrieri e alani al Vittoriale, e al suo interno esiste proprio il cimitero dei cani di D’Annunzio, mentre le cucce dei suoi cani, progettate dall’architetto Maroni, sono esposte all’interno del museo. Ci sono davvero tantissimi elementi legati ai cani. Spesso il pubblico è abituato a un tipo di fruizione più disinvolta dei concerti, tipici delle piazze o dei luoghi all’aperto. È capitato che alcune persone si presentassero all’ingresso del teatro con il cane e in quelle occasioni, per come eravamo organizzati, ci trovavamo nell’imbarazzo di dovergli dire che non era possibile portare il proprio animale con sé. Ci siamo ingegnate per cercare di risolvere questa cosa e mettere tutti d’accordo!

Abbiamo quindi individuato dei posti in platea, identificati dal simbolo della zampa, dove accanto c’è lo spazio a disposizione per il proprio cane. Così lo accogliamo con una cuccia, una ciotola d’acqua fresca e dei piccoli snack. Tutto ovviamente gratuitamente se si sceglie di venire con un amico a quattro zampe. In questo modo, tutti potranno godere della massima esperienza! (e noi non possiamo che esserne felici!)

Articolo di Francesca Cecconi

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