Oggi vi racconterò qualcosa di molto diverso dal mio solito, qualcosa che va ben oltre i pogo, le ginocchia spalmate e gli speriamo di uscire vivi di qui che siete abituati a sorbirvi nei report della sottoscritta. Oggi vi parlerò di come in provincia di Novara, precisamente a Veruno, esista un festival meraviglioso, una sorta di Shangri – La italiano, probabilmente la più importante manifestazione nostrana dove i sogni degli amanti del Progressive in tutte le sue sfaccettature e contaminazioni diventano realtà. Giunto al sedicesimo anno di attività, il 2 Days Prog + 1 presenta nel primo weekend di settembre qualcosa di veramente raro da trovare, con una line up di livello sopraffino, band nazionali e internazionali che spesso sono difficilmente trovabili in Italia, perle da intenditori.
L’edizione 2024 inizia il 6 settembre, sotto lo spauracchio della pioggia, nel campo sportivo di Revislate: dopo aver parcheggiato mi dirigo verso il grande palco dove alcuni artisti stanno eseguendo il soundcheck. Davanti a quel grande photo pit resto senza fiato, anche per me oggi si avvera un sogno! Ai concerti del festival si assiste seduti, tutta l’area antistante lo stage è suddivisa in gruppi e file di sedie ordinatamente numerate, e se per me è una realtà totalmente nuova, comprendo che lo si faccia per venire incontro alle esigenze di un pubblico più maturo, che potrebbe avere qualche difficoltà nel rimanere in piedi durante l’esibizione di quattro gruppi a serata. La fascia più giovane è in minoranza, anche se non del tutto assente; la maggior parte dei presenti è cresciuta insieme agli artisti che incontreremo in queste serate.
L’onore di aprire l’edizione di quest’anno spetta ai nostri Caravaggio, che entrano sul palco smaglianti nella loro bella camicia bianca decorata; finalmente sono su questo prestigioso palco e l’emozione è palpabile, per gli artisti e per il nutrito pubblico adorante che li segue dalle origini, dai tempi degli Aldramech, formazione sciolta ormai da una decina d’anni e da cui provengono il vocalist Vittorio Ballerio e il chitarrista Fabio Troiani. Al basso troviamo Marco Melloni, ex Vanadium, e Alessio Del Ben dietro i tamburi, che ha militato nei Wotan, ora conosciuti come Quel Che Disse Il Tuono.
Il loro omonimo album d’esordio è uscito il 10 giugno 2022 per ICM Records, e solo una cosa si può dire al cospetto di una band del genere: chapeau. Grazie alla grande esperienza di questi musicisti, la loro radice Rock si sposta sempre più verso il Progressive, con la presenza di strumenti poco comuni in questo genere, come il bouzouki e la fisarmonica, generando un suono personale e particolare che a tutti gli effetti si aggiudica il titolo di Mediterranean Prog Rock e che ritroviamo nei titoli in scaletta.
Come il famoso pittore di cui portano il nome, quest’eccellente formazione rappresenta in musica contrasti di luce e oscurità; strutture irregolari, tempi dispari, melodie che ipnotizzano e spaziano in sonorità etniche e calde come il sole del Mediterraneo grazie alla fisarmonica, sofisticate, avvolgenti, curate con grande dedizione.
Una sonorità intensa, passionale, da intenditori quella dei Caravaggio, che comunque scatenano scrosci di applausi e consensi anche da parte di chi, come me, li ascolta per la prima volta. Tanto intenso lavoro viene premiato nel 2022 col titolo di miglior disco italiano dal sito americano Progrock.com. Brani al gusto di opere d’arte quindi, per tutti gli amanti della musica senza confini.
Chicca delle chicche, per i fan più devoti, i Caravaggio hanno creato un cd esclusivo in onore del festival, confezionato interamente a mano e con tiratura limitata di cento copie, numerate individualmente. Grande calca di fan attorno al palco per salutare gli artisti alla fine del loro concerto, per stringere mani o anche solo per vederli passare.
Non passa molto tempo prima che il secondo gruppo di stasera, gli svedesi Agusa, prendano posto sul palco. Nome importante nella scena prog-psichedelica svedese e internazionale dal 2013, gli Agusa sono una piacevole scoperta per molti, e da molti acclamati e apprezzati.
Amore al primo ascolto quindi, anche per me che stasera sono in un trionfo di prime volte.Impossibile dimenticare la loro musica dal gusto vintage, una miscela fine anni ‘60, primi ‘70, dalle molteplici sfumature: se vi facessi ascoltare uno dei loro 5 album in studio e vi dicessi che è degli anni ‘70, probabilmente ci credereste, tanta è la loro maestria nel gestire queste sonorità.
Sublime il flauto di Jenny Puertas, perfetto sostituto della voce col quale si esprime muovendosi leggera per il palco, incantando i fan quasi come il pifferaio delle fiabe, o per lo meno questo è l’effetto che ha su di me, mentre la osservo e l’ascolto con la stessa meraviglia di un bambino davanti a un libro di favole.
Una set list di stampo old school per i nostri amici svedesi, con quattro brani che sono praticamente delle suite, lunghi e articolati; la combinazione di strumenti e melodie l’una dopo l’altra mantengono l’atmosfera fantasiosa e la trance tipica del Rock Psichedelico, quello meravigliosamente eccentrico, quello che cammina sul filo del rasoio tra la musica tradizionale di epoche diverse e quella grande bestia che è la musica rock.
Nel brano intitolato “The Enchanted Forest”, secondo la traduzione, i musicisti sfoggiano la loro abilità con alcuni break incredibilmente funky e un fantastico assolo di tastiere. La chitarra si abbina magnificamente con tastiere e flauto, ed è interessante notare come sia sempre pronta a fare un passo indietro per far brillare ed esaltare il flauto di Puertas.
Gli Agusa sono una formazione possente come una roccia, sulla quale può essere costruito questo imponente castello sonoro; l’intuizione e l’abilità che questo quintetto mette in campo è un capolavoro di collaborazione musicale. Un must per chiunque ami il suono strumentale dei primi Pink Floyd, la giocosità e la complessità del Folk Rock anni ’70 e la musica strumentale intelligente e ben realizzata.
Dopo gli Agusa, un altro gruppo svedese, completamente diverso, si sta preparando a far tremare il palco: ecco i Freak Kitchen, formazione prog /hard rock sperimentale attesissima da fan impossibili da tenere al loro posto, divertenti e simpatici a livello pro. Nati a Gothenburg nel 1992, hanno nel curriculum dieci album in studio, il più recente “Everyone Gets Bloody” uscito il 24 maggio 2024 e del quale campeggia alle loro spalle il grande occhio della copertina.
Vero mattatore della serata è il membro fondatore, vocalist e chitarrista Mattias “IA”Eklundh, che tiene corsi e clinic in tutto il mondo, uno dei quali lo stesso pomeriggio prima del concerto; riconosciuto come massimo esponente della sei corde che ha realizzato il suo particolare brand di chitarre (sfoggerà uno strumento da otto corde durante il live).
Completa la formazione il batterista Bjorn Fryklund, votato nel 2014 miglior batterista nella Prog Sphere Readers’ Poll, e il bassista e secondo vocalist in tenuta anti sommossa Christer Hysen, che palesemente ama essere ripreso e si presta a pose divertenti e smorfie.
Questa formazione trascende qualsiasi definizione di genere, proponendo un esplosivo mix di Heavy Metal e Progressive avantgarde; costante e divertente l’interazione coi devoti astanti in quello che è un vero e proprio show. Una scaletta di quattordici brani presi dalla loro discografia, che mettono in luce le loro qualità artistiche nonché la loro capacità di far ridere il pubblico con battute o parole ripetute in un italiano biascicato: acqua frizzante or naturale? Sarà, insieme a pizza quatro formaggio, l’intercalare più utilizzato tra una canzone e l’altra, anche tra di loro e col pubblico che verrà battezzato TikTok people.
Giù dal palco inizia a far davvero fresco, ma Eklund suda sette camicie like a Swedish pig impegnato com’è a gestire le sue otto corde. Per tutta la durata del live, inondato di luci e fumo in quantità, i Freak Kitchen mantengono buon umore e senso di derisione, dietro il quale celano dinamismo e tecnica sopra la media, in una formula basata su grandi riff, assoli da fuori di testa, orecchiabili ritornelli e testi dall’umorismo disilluso.
L’inarrestabile Mattias chiama il pubblico per far ripetere loro il lungo titolo in lingua madre di un brano, parola per parola: some Swedish lessons here! Non so minimamente cosa stiamo tartagliando, ma il tutto è davvero divertente, anche quando ci viene chiesto di cantarlo, e a volte è davvero difficile stare seduti al proprio posto: la tentazione è quella di andare a scapocciare in transenna. Magari con la stessa divisa anti sommossa del bassista, penso io mentre ricordo quel che generalmente mi succede in transenna.
Particolarmente dinamico il brano “Medal”, tratto dal loro ultimo album, tanto che persino l’eclettico frontman si lamenta giocosamente al microfono: This song is fucking difficult to play! Come here and play this shit! Ancora una volta non si può evitare di ridere. We’ll be back soon! We always come back! È l’arrivederci che ci dedicano, davanti a un pubblico di fan adoranti.
Ridendo e scherzando, è proprio il caso di dirlo, siamo arrivati alla prima headliner di questa edizione, artista per cui il pubblico riempie il prato, altri si affacciano dall’area camper, altri ancora sono arrivati dall’Olanda, suo Paese d’origine, solo per vederla e soprattutto ascoltarla. Fa freddo, l’umidità bagna i vestiti, i capelli, le macchine fotografiche che sembrano state sotto la pioggia.
Su un palco ormai sgombro dalle attrezzature precedenti, occupato solo dai suoi eccellenti musicisti, ecco comparire “l’usignolo d’Olanda” dalla voce affascinante e ammaliante: Anneke Van Giesbergen, un pluripremiato usignolo classe 1973, 23 album nella sua incredibile carriera, frontwoman per tredici anni dei The Gathering, gruppo di puro Metallo Doom “piegato” al Symphonic / Prog Metal durante il suo regno.
Inizia la sua carriera da solista nel 2007, e da allora niente e nessuno è più riuscito a fermare la sua corsa verso l’Olimpo musicale. Vanta collaborazioni con artisti del calibro di Devin Townsend, Anathema, Amorphis e la leggenda prog John Wetton. Nonostante la sua carriera brillante, Anneke è assolutamente una diva umile, disponibile a foto con tutti dopo il concerto; il suo sorriso è radioso, solare, il suo frequente ringraziare i fan tra un brano e l’altro conferma il suo essere gentile, alla mano, e libera come la rondine che porta tatuata sul braccio.
Si rivolge ai suoi fan come beautiful people of Italy, manifestando leggerezza ed eleganza nei modi e nel cantare. Una performance vocale mostruosa, dall’incredibile potenza unita al timbro vellutato che manda in estasi tutti i presenti e capace di fantastici picchi interpretativi, e pensare che c’è chi la segue da oltre trent’anni e resta impressionato in un’eterna prima volta con lei.
Una scaletta divina a dir poco, ricca dei brani più amati, tra cui alcuni del suo precedente gruppo: want to hear something from The Gathering? Chiede con la grazia che la distingue, ovviamente i fedelissimi non aspettano altro: “Strange Machines”, traccia del 1995, parla del desiderio di prendere una macchina del tempo per viaggiare nelle epoche che Anneke trova più interessanti. La sua voce è ipnotica, accompagnata da chitarre doom tipiche delle sonorità dei primi The Gathering, e dopotutto si sta parlando di un viaggio nel tempo, dove Anneke mette a nudo le sue origini musicali più vivaci e movimentate.
“Hey Okay!” è quasi una filastrocca piena di felicità e gioia di vivere, che la nostra artista presenta come a happy song aspettandosi una reazione entusiasta; ricevendo per lo più sguardi sognanti, esclama: No reaction at all! Does this mean you’re not happy right now? Ed ecco allora comparire le grida e gli applausi desiderati. Certo che siamo felici di averti qui, e di essere qua sotto il tuo palco, Anneke: siamo soltanto un po’ troppo imbambolati per esprimerlo. Ottima interazione, non c’è bisogno di dirlo, e la nostra Anneke fa cantare ai fan alcune strofe dichiarando di essere stanca e di aver ingoiato un insetto.
Sempre raggiante, quella ragazzina che ha iniziato la sua strada con il Metal (anche se qualcuno lo chiamava Prog) e che ha prestato la sua voce a destra e a manca ne ha fatta di strada, e magari anche più di una, sempre e comunque per scelta e seguendo regole soltanto sue. “Running Up That Hill” è un’emozionante cover di Kate Bush, che Anneke non nasconde di ammirare: brano del 1985 tornato di gran voga grazie alla sua apparizione nella quarta stagione di “Stranger Things”.
Un live che si gusta con passione reverenziale, e che come spesso accade finisce troppo rapidamente, ma non prima di una standing ovation per questa pazzesca frontwoman emozionata come una bambina, che non finisce più di ringraziare, sorridere, gioire dell’amore che le dimostra il popolo di Revislate. Mi allontano mentre nelle mie orecchie risuona ancora il One more song! ostinato che i fan, ormai incontenibili, chiedono a gran voce sotto il palco. Finisce così, con grazia ed eleganza, la prima serata dell’edizione 2024 del Prog Festival: domani mi aspettano nuove band da conoscere, da ascoltare, e da raccontare nel prossimo report.
Articolo e foto di Simona Isonni
Set list Anneke Van Giesbergen Revislate 6 settembre 2024
- You Will Never Change
- She
- Too Late
- The May Song
- My Promise
- The Soul Knows
- I Saw A Car
- Survive
- Agape
- Hey Okay!
- Saturnine ( The Gatherings)
- You Want To Be Free
- Stay
- Running Up That Hill (Kate Bush cover)
- We Live On
- Strange Machines (The Gatherings)
- Hurricane
- Mental Jungle
- Witnesses