Ferragosto di fuoco per gli amanti del Punk, io gongolo all’idea di passarlo al Parco della Musica di Padova per il concerto degli Amyl and The Sniffers. In apertura ci sono i Mini Skirt, band conterranea dei nostri headliner, con storia parallela ma di non pari successo, certo non per demerito proprio, ma perché Amyl and the Sniffers sono una macchina da guerra irraggiungibile nel Punk contemporaneo.
I Mini Skirt vengono da Byron Bay, sulla costa sud-occidentale dell’Australia, e negli anni ’60 uno dei luoghi più frequentati da esponenti del movimento hippy e della controcultura.
L’attitudine nella cittadina si è mantenuta con un perdurante spirito alternativo e di ribellione, generando nuove proposte anche musicali, quali questo quartetto punk rock, che ha attirato l’attenzione della stampa locale sin dalla loro formazione, nel 2016, anche attraverso la pubblicazione di demo, ep, numerosi singoli e infine un album, “Casino”, nel 2010.
Sul palco spicca la figura del frontman Jacob Boylan, vero punkrocker, per il quale le proprie radici australiani sono un valore da mettere in risalto, senza nascondere il forte accento, e denunciando le ingiustizie sociali subite dagli indigeni. I testi dei Mini Skirt sono duri, crudi, inquietanti, così come l’atteggiamento sul palco, forse più adatto ai club per consentire un totale partecipazione delle persone, partecipazione comunque piuttosto calda, per una quarantina di minuti abbondanti di concerto. Band da scoprire, sicuramente.
Sono le 22, il pubblico è ormai tutto accalcato sotto palco, normalissimo posizionamento a un concerto punk, e qui stasera è andato in scena IL PUNK, senza se e senza ma. Piccolo prologo: ho scoperto Amyl and The Sniffers solo con il loro ultimo album “Comfort to Me”, due giorni dopo l’uscita, per puro caso, visto che non uso il noto player dall’icona verde ramarro. Ero a Palermo, girellavo per stradine anonime, finché non trovo, e ovviamente entro, in una piccolissima libreria indipendente, gestita da una giovane ragazza. Mentre sfoglio qualche volume di edizioni locali, mia grande passione, di sottofondo c’era questo album. Mi arriva subito, un colpo di fulmine.
Chiedo di chi si tratta, la ragazza mi fa questo nome, che riesco a memorizzare (sono nota per avere la memoria a breve termine di un criceto). Benedetta, lodata ragazza. Compro qualche libro, esco felice, e al ritorno a Firenze mi procuro ciò che riesco a trovare in città di Amyl and The Sniffers, ovvero i due full lenght. Nasce un amore appassionato per la loro musica, che il concerto padovano (purtroppo ho perso quello del 2022 a Cesena) ha ulteriormente cementato.
Pensavo di sapere cosa aspettarmi dal loro show, ma invece sono riusciti a sorprendermi!
Vengono dall’area di Melbourne la cantante Amy Taylor, il batterista Bryce Wilson, il chitarrista Dec Martens e il bassista Gus Romer; i primi tre si sono conosciuti perché co-inquilini, e nel 2016 hanno iniziato a metter giù idee e demo per creare la più esplosiva, imperiosa, cruda band di Punk contemporaneo. Difficile non notarli, e la loro terra gli ha dato numerose opportunità di crescita, fino a traghettarli al successo internazionale. Il nome della band proviene dalle droghe – In Australia we call poppers Amyl. So you sniff it, it lasts for 30 seconds and then you have a headache – and that’s what we’re like! – ma quello che diventa una droga buona, da poter assumere tutti i giorni senza controindicazioni, è la loro musica!
Sul palco l’energia pura dei dischi si moltiplica al quadrato, per uno show pazzesco, basato soltanto sulla musica. Quindi niente prop, niente schermi, niente fumi, niente giochi di luci, laser e accessori riempitivi. Salgono e attaccano subito a suonare, Wilson e Romer sono in pantaloncini corti a torso nudo, Martens pare sobrio in confronto indossando una camicia. Amy, beh, è praticamente in underwear, anzi peggio: una culotte di spugna turchese e il seno fasciato da qualche giro di nastro adesivo da pacchi giallo. Non so come, non so perché, questo abbinamento di colori, questa sfrontatezza, questa peculiarità tutta punk di un certo tipo di provocazione, unito a uno zampillare di energia forte e aggressiva, mi fa improvvisamente tornare in mente una band che tanto amavo negli anni Ottanta, i Plasmatics di “No Hope For The Wretched”. Bene, bene, bene.
Amy è catalizzatrice di attenzione, animale da palco come ne trovate pochi, anzi rari, in giro, dà tutto quello che può, e anche di più. Qualsiasi cosa decida di fare, improvvisa, è evidente che non c’è un copione di scena, è quasi sempre sorridente, e non stacca mai il contatto con il pubblico.
Una vera ginnasta, una body builder si direbbe, salta da una parte all’altra del palco instancabilmente, scende nel pit per interagire con i fan delle prime file, si arrampica sulle impalcature laterali al palco, tiene la lingua fuori spesso quando non sta cantando, non sono linguacce però, è solo una posa istintivamente provocatoria in puro spirito punk. Fanculo la scena, fanculo la bellezza, fanculo la compostezza, fanculo le moine, fanculo essere perfetti. Fanculo tutto fuorché la musica, e fuorché il rispetto per il proprio pubblico. Niente falsità, niente ipocrisia, solo crudezza, nel senso bello del termine.
L’asta Amy la usa poco, anche perché il suo rapporto con il fare musica è molto, molto erotico (e qui tornano i Plasmatics), e succede anche che utilizzi il microfono con gesti sessualmente espliciti. Beve continuamente, acqua, sprizza sudore da tutti i pori, con la boccetta si fa anche qualche doccia; a metà concerto le scivola giù il nastro adesivo dal petto, subito un roadie cerca di porvi rimedio con un nuovo giro dello stesso rotolo giallo.
Sguaiata, scomposta, headbanging pesante, trascina sul palco uno dei roadie per ballare insieme e poi farlo cantare in coro con lei, rotea i reggipetti che le vengono lanciati. Un paio di volte parla anche brevemente, ma in un inglese incomprensibile ai più, per poi riprendere questa danza tribale, della tribù dei Punk.
Nel frattempo cosa fanno gli altri tre membri della band? Da sfondo? Da supporto alla frontwoman? Da contorno? Eh no, suonano e di brutto, tutti sono ai cori, e la musica è perfetta, potente, gli strumenti sono perfettamente bilanciati, non sono necessari aggiustamenti, funziona tutto senza errori. Punk, sì, ma proposto con grande professionismo. Batteria con piatti e tamburi essenziali, chitarra Gibson Explorer e basso Fender Precision sempre a tracolla, e niente cambi di strumento continui – a me irritano non poco i roadie continuamente sul palco per questa operazione.
La set list comprende brani da tutti i loro lavori, non solo i full lenght ma anche i due primi ep, e soddisfa tutti. Dopo un’ora il concerto finisce, pare poco tempo ma è stato più che sufficiente, un concentrato che ci ha permesso di scaricare via tutta la negatività dell’ipocrita mondo in cui siamo, nostro malgrado, immersi. Come finisce l’ultimo pezzo, i tre musicisti escono immediatamente, le luci si accendono, parte una musica di sottofondo. Amy si trattiene qualche momento in più per salutare, roteare ancora una volta i reggiseni lanciati sul palco. Usciranno poi dall’area backstage per salutare i fan alla transenna. Punk anche il contorno: nessun merchandising. Torniamo a casa senza la magliettina o altro, ma con un ricordo indelebile.
Articolo e foto di Francesca Cecconi
Set list Amyl and The Sniffers Padova 15 agosto 2023
- Control
- Freaks To The Front
- Got You
- Capital
- Security
- Starfire 500
- GFY
- Gacked On Anger
- Shake ya
- Guided By Angels
- Westgate
- 70’s Street Munchies
- Snakes
- Balaclava lover boogie
- Maggot
- Don’t Fence Me In
- Loser
- Hertz
- Some Mutts
- Knifey