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Beatrice Antolini live Bologna

Concerto-evento, tra il pubblico diversi nomi noti del panorama musicale italiano dell’interland bolognese

Venerdì 10 gennaio, Bologna. Siamo fuori dal cancello del Covo che aprirà come di consueto alle 21:30. Solitamente il pubblico qui non arriva prima delle 21 e 15: fino al minuto prima in genere non ci sono che poche anime vaganti nel parco, ma a scattare di quel minuto, bum, la fila appare uniforme nella leggera foschia. Come un rito allo scattare delle lancette: ci puoi sincronizzare l’orologio. Se fossi un artista che si esibisce in quella stessa sera sarei in tensione fino a quel preciso momento. Nel caso di Beatrice Antolini invece l’“apparizione dell’esercito” è avvenuta con anticipo: già dalle 21 si era creata una piccola coda.

Ripenso all’intervista fatta due sere prima dove la compositrice si diceva preoccupata per l’affluenza del pubblico (gira anche una diffusa influenza) e in realtà questa serata mi è parsa il continuo se non la seconda parte di quella lunga chiacchierata: dall’attesa alla realtà, il dialogo continua qui. Un concerto-evento. Tra il pubblico diversi nomi noti del panorama musicale italiano dell’interland bolognese tra cui, tra gli avvistati, Federico Poggipollini ma anche diversi giornalisti musicali. La sala si riempie subito; è chiaro che il primo dubbio di Beatrice è stato accantonato: il pubblico c’è, eccome.

Nora Lang

Nell’intervista mi descriveva un brano, “Pensiero laterale”, di come sia modernissimo e fresco come sound anche per le nuovissime generazioni; ad aprire il suo live in effetti c’è un’artista che ci prepara al mood di questo discorso di attualità sonora, Nora Lang, al secolo Eleonora Di Matteo, giovanissima autrice, sound designer e compositrice trapiantata a Bologna che non ha pubblicazioni personali alle spalle se non un singolo, “Via da me”: il suo show quindi ci propone qualcosa di totalmente inedito ai più, una vera e propria anteprima. Nora ha un set minimale, si autogestisce con alcuni sintetizzatori e campionatori. Ad introdurla ci sono proprio una serie di voci campionate e affondi sonori fangosi, quasi hip hop.

Nora Lang

Da queste basse laterali emergerà il suo centrale attacco vocale, una sorta di canto da sirena che viene da frequenze abissali, tutto molto calibrato: è proprio con il suo singolo che aprirà la sua esibizione, “Via da me”. Ne scorgiamo lo stile, la cadenza del cantato molto vicina agli ascolti odierni di questa nuova generazione di cantautori. I brani si susseguono per lo più senza interruzioni e consecutivi come un dj set, con accenni di drum’n bass di tanto in tanto.

Nora Lang

Non posso non notare questo ritorno presentissimo di pesanti kick anni ‘90 nella ritmica, un decennio che anche nel vestiario, per strada, sto notando riemergere tra i giovanissimi: molti di loro sono nati proprio in quegli anni: i ‘90 sono stati il terreno in cui sono stati seminati. Nora ci svela altre anticipazioni: presenta il nuovo singolo che uscirà il 31 gennaio e annuncia che il suo primo ep sarà fuori in primavera. Volteggia infine con la voce in una cover di Elisa, “Ti vorrei sollevare” e conclude promettendoci di pubblicare più spesso.

Arriva il momento della verità. Continuo a ripensare all’intervista. La band sale sul palco: altri volti noti al pubblico, come ad esempio Nicola Manzan (Bologna Violenta) al violino e synth insieme a Amudi Safa alla chitarra e Luca Nicolasi al basso. Beatrice si siede davanti al Nord Stage 3 e scorgo una certa tensione ed elettricità mentre guarda tutti i componenti prima che la macchina emotiva si metta in moto sulle casse. E la macchina parte, abbandona la terra, traghettandoci in questa nuova avventura discografica seguendo le coordinate per “Iperborea”.

“Il timore” apre il concerto; intuiamo già che l’album funzionerà dal vivo e anche che alcuni testi emergeranno maggiormente in una dimensione live: hanno bisogno di essere vissuti sul momento, di essere consegnati a mano, accompagnati a e da un pubblico che mi accorgo, guardandomi attorno, in parte conosce già a memoria i testi nonostante il disco sia abbastanza recente: i presenti cantano con lei, hanno già ascoltato e metabolizzato il disco; un periodo della loro vita è stato sigillato dallo stesso. Come anticipato nell’intervista, nella prima parte del concerto sarà eseguito tutto l’album con la stessa identica scaletta.

Questo vuol dire che dopo “Il timore” arriva la più ritmica “L’idea del tutto”. La band ora è più sciolta, superata la tensione dell’ingresso. Beatrice si alterna tra lo stare seduta davanti alla Nord Stage e lo stare in piedi solo microfono: è concentrata, ha tutto sotto controllo, da compositrice dà un orecchio alla band – che ogni ingranaggio sia al suo posto – e un orecchio a tutto il resto, come performer molto attenta all’esecuzione; solo più in là si concederà un contatto più diretto e rilassato con il pubblico ma in genere è molto più concentrata sulla performance.

I finali dei brani in generale sono – ovviamente – più live rispetto alla versione in studio dando un tocco di carica spontanea. Il concerto continua trascinandoci in “Farsi raggiungere”; si ode qualche coro campionato (non troppo alto, accennato come volume per lasciare immagino tutto molto “live”) che fa da eco al suo cantato. Questa versione risulta ancor più diretta dell’originale.

Un’attesa strumentale ci porta poi sulla ritmica “Trionfo e rovina”, qui più contenuta. Anche in questo momento, ripenso all’intervista: mi disse che in studio, dopo il verso “un imperatore non dipende dagli altri”, tolse la chiusura “e non si lamenta” che avrebbe reinserito solo nella versione live. Così, conoscendo questo aneddoto, ero in attesa del verso “e non si lamenta” che è puntualmente arrivato.

Ancora: “Generazione cosmico” ha una orchestrazione abissale, molto coinvolgente, e le note iniziali e il verso “I padri del deserto” ci introducono a uno dei brani più belli e attesi del disco, “L’arte dell’abbandono”, una (sonoramente) favola qui orfana dei cori da studio – ma è il bello dei live – accompagnata con uno shaker dal batterista, e che infine diventa più sentita, rabbiosa. Il brano è così bello che il successivo, la title track “Iperborea”, subisce purtroppo quasi un eclissamento: il pubblico si sta ancora riprendendo dalla precedente canzone.

Nel frattempo un tipo dietro di noi mette una mano sulla spalla della nostra fotografa Giovanna dicendole sto, registrando, se ti sposti da una cassa all’altra la registrazione esce male. La risposta della fotografa è stata quindi stai registrando anche quello che ti sto per dire? Be’, gente, anche questo è Rock’n’Roll.

Pattern elettronici e industial di batteria ci portano al semi parlato “Pensiero laterale”: c’è sperimentazione. La Antolini è sempre attenta a tutto, ai musicisti, agli ingranaggi, da compositrice e coordinatrice. Nell’intervista ci ha tenuto a ribadire questo ruolo, che le sia giustamente riconosciuto. Arriviamo su “Restare”; gli strumentisti si guardano, sorridono, attendono il momento, si danno un segno ed infine è come accarezzare una sfera, tutto sembra chiudersi con un tocco di piano, invece la coda riprende in maniera molto carica: Beatrice si fa per un momento da parte e guarda felice la band esplodere, soddisfatta di come il viaggio verso la terra di Iperborea sia andato.

Dovrei dire che la prima parte del live si è conclusa ma c’è stata un’aggiunta dell’ultima ora che stranamente sembra far parte del tutto, si integra con le precedenti tracce, stranamente, sì, ma anche tristemente e sentitamente: l’artista omaggia Paolo Benvegnù, scomparso lo scorso 31 dicembre, con una cover di “Io ho visto”. Nell’intervista mi disse che stava suonando, poco prima che la chiamassi, proprio un suo brano, così le chiesi se ci sarebbe stato un omaggio. Eccolo qui.

Beatrice, emozionata, per un momento dirige il chitarrista con la mano affinché sia più lieve; il saluto deve atterrare in terra come una piuma di un angelo. Noto Manzan, fattosi da parte, vistosamente commosso dietro la Antolini: suonò nel disco di Benvegnù “Piccoli fragilissimi film”. Un addio a un amico che continuerà a vivere nelle opere che ci ha lasciato.

Beatrice racconta un aneddoto, di quella volta in cui, per una copertina di XL, misero lei in primo piano e Benvegnù in secondo. Ora che ho la sua età di allora dice la Antolini, non me ne fregherebbe più un cazzo di star davanti. Ringraziamo Paolo e riflettiamo ogni tanto su come va la musica in Italia.

Avrebbero dovuto premiarlo anche prima, mi ricordo che mi disse questo, nell’intervista di due sere prima e non possiamo che essere tutti d’accordo.

Inizia la seconda parte del live: è la più scanzonata. I musicisti, ora sono più che sciolti, si divertono con questo repertorio che va a ritroso, da “Forget to be” fino a “Funky show”. Lei stessa sembra, nelle sue espressioni, ricordare sorridendo e tornare indietro nel tempo.

C’era un altro tipo di fuoco in queste composizioni: devo dire che ho avvertito una certa differenza di intensità tra la prima parte, quella di “Iperborea”, molto matura e sentita, e la seconda, con dei brani che comunicano un’altra intenzione di intrattenimento, due anime della stessa carriera e capisco quando mi disse che l’ultimo disco e i precedenti non sono amalgamabili: sono molto diversi, due live differenti – forse troppo. La band si diverte, il pubblico balla, ormai tutto è in discesa.

“Iperborea” è stato consegnato al pubblico bolognese e per una notte siamo stati tutti iperborei.

Articolo di Mirko Di Francescantonio, foto di Giovanna Dell’Acqua

Set list Beatrice Antolini Bologna 10 gennaio 2025

  1. Il timore
  2. L’idea del tutto
  3. Farsi raggiungere
  4. Trionfo e rovina
  5. Generazione cosmico
  6. L’arte dell’abbandono
  7. Iperborea
  8. Pensiero laterale
  9. Restare
  10. Io ho visto (cover di Paolo Benvegnù)
  11. Forget to be
  12. Total blank
  13. What you want
  14. Until I became
  15. Now
  16. Dromedarium
  17. Venetian hautboy
  18. A new room
  19. Sugarize
  20. Planet
  21. Funky Show
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