Ed eccomi a cercare di raccontare nella maniera più obiettiva possibile l’unico concerto italiano di uno dei miei artisti preferiti al pari di, che ne so, Salvador Dalì, Erik Satie, Billy Wilder, Samuel Beckett o Jorge Amado. Un concerto che ha chiuso la stagione estiva dell’Auditorium Parco della Musica, che ha visto 58 concerti e oltre 170.000 spettatori totali. E parecchi di questi, che occupavano ogni singola poltrona di ogni singolo settore della Cavea, erano al concerto del 27 settembre.
Quello di Caetano Veloso e dei suoi superbi musicisti. Tantissimi brasiliani, come avviene sempre ai concerti del genio di Santo Amaro, ma anche tantissimi italiani, e per rispetto a loro e alla città che lo ospita Caetano cercherà di parlare in italiano per tutta la serata, anche se io non parlo italiano, piuttosto il mio è un italiolo, visto che tante parole che uso sono spagnole. Il primo brano della scaletta ha esattamente la stessa età di chi scrive, e si intitola “Avarandado”. È una delle canzoni che compongono “Domingo”, il primo album di Caetano pubblicato a doppio nome con la compianta Gal Costa e pubblicato nel 1967.
Caê ce ne regala una bellissima versione praticamente solo voce e chitarra, mentre i suoi musicisti sono avvolti dal buio. Subito dopo “Meu coco”, la title track dell’ultimo lavoro discografico, uscito due anni fa; insomma, il Veloso venticinquenne e quello ottantenne a stretto contatto. Ancora un estratto dall’ultimo lavoro, la splendida “Anjos tronchos”, ed è subito il turno del primo classico della serata: e durante “Sampa” siamo catapultati all’incrocio fra la Ipiranga e la Avenida São João con la pelle d’oca, esattamente come la prima volta che abbiamo ascoltato questo capolavoro. Un attimo di pausa per salutare il pubblico e per dedicare il concerto ad Arto Lindsay, e il viaggio nello sterminato canzoniere velosiano riprende.
Gli arrangiamenti di ogni singola canzone sono semplicemente stupefacenti, merito soprattutto del capobanda Lucas Nunes, membro dei Bala Desejo, che ha vestito le canzoni con un abito tutto nuovo, con sintetizzatori ed elettronica a fondersi con i tipici suoni acustici della Música Popular Brasileira.
Passa una “Trilhos urbanos” indimenticabile, una “You don’t know me” che anticipa il prossimo tour di celebrazione dei 50 anni dell’album “Transa”, una versione intensissima di “Michelangelo Antonioni” che lascia senza fiato, fino ad arrivare a “Desde que o samba è samba” che ancora prima di arrivare a metà concerto fa rompere gli schemi al pubblico, che si riversa sottopalco a sambare e a cantare insieme a Caetano.
Non mancano le sorprese, come “Cajuína” che mancava dalle scalette da una ventina d’anni, il delizioso acquarello minimalista di “Pulsar” e una “O Leãozinho” da antologia, fino al punk-rock di “A bossa nova é foda”; ma è con “Baby”, scritta anni fa per Gal Costa, che le emozioni arrivano a livelli altissimi, con Caetano che come al solito la lega con il ritornello di “Diana” di Paul Anka e che alla fine tributa la grande cantora bahiana con il grido “Gal Costa para sempre”.
E se gli ultimi due scatenati samba eseguiti prima dei saluti trasformano l’Auditorium nel sambodromo di Rio, è con i bis che la festa raggiunge l’apice: una versione quasi funky di “Odara” e l’inno “A luz da tieta” fanno davvero cantare ogni singolo spettatore, e quando le luci si accendono per i saluti finali ogni volto è illuminato dalla felicità di aver ascoltato, cantato e ballato per oltre 100 minuti le canzoni di uno dei più grandi songwriter degli ultimi 60 anni; che ha 81 anni ma canta ancora come in quel gioiello del 1967, salta come un ragazzino e dimostra 30 anni in meno di quelli che ha compiuto ad agosto.
Se ci fosse un dio, è pregato di mantenercelo in questa forma per almeno altro mezzo secolo: di serate come questa, e di dischi e concerti come i suoi, è impossibile averne abbastanza.
Articolo e foto di Michele Faliani
Set list Caetano Veloso 27 settembre Roma
- Avarandado
- Meu Coco
- Anjos tronchos
- Sampa
- Muito romântico
- Não vou deixar
- You Don’t Know Me
- Trilhos urbanos
- Ciclâmen do Líbano
- Michelangelo Antonioni
- Desde que o samba é samba
- Cajuína
- Reconvexo
- O leãozinho
- Itapuã
- Pulsar
- A bossa nova é foda
- Baby / Diana
- Menino do Rio
- Sem samba não dá
- Lua de São Jorge
- Mansidão
- Odara
- A luz de tieta