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Carcass live Genova

Britannici pionieri del Death Metal, la più importante band grindcore di ogni tempo

Ci siamo divertiti all’ennesima potenza al Genova Summer Live, il 6 luglio, con nientemeno che sei gruppi che, come una scossa tellurica, hanno sconquassato la quiete del Porto Antico già dal  tardo pomeriggio, facendo girare la testa anche ai passeggeri delle enormi navi da crociera che passavano di lì; musica e riff per tutti i gusti, nuovi amici da conoscere e vecchi amici da incontrare, uno stuolo di metallari increduli e felici di vivere un evento del genere nella loro Genova (il nostro report).

Ma attenzione, dopo la scossa di avvertimento, arriva quella letale, che non ti lascia scampo: sono passati pochi minuti dall’esibizione dell’ultimo gruppo di apertura e già l’atmosfera è completamente mutata, si fa densa di reverenziale aspettativa, di fremente attesa, i fan che nel frattempo si sono triplicati iniziano a premere in transenna. Una vigilia fatta e finita.

Tra poco, il tempo si congelerà nel capoluogo ligure, noi tutti diventeremo quelli senza età, tutti uguali anche se appartenenti a generazioni diverse, bambini, adolescenti, adulti, perché il motivo che ci ha spinti qui stanotte è comune a ognuno di noi: stiamo per trovarci al cospetto dei Carcass, britannici pionieri del Death Metal, la più importante band grindcore di ogni tempo, feroci capostipiti di infiniti sottogeneri metal, nella loro unica data italiana del 2024.

C’è un che di sacro mentre tutti osserviamo i roadie che con estrema precisione preparano il palco per questi mostri della storia musicale; tolte le pedane e quanto non più necessario, resta uno spazio davvero ampio che fa quasi mancare il fiato, mentre sullo schermo viene mostrata la stessa schermata che si vede in certi canali tv quando finiscono le trasmissioni, con la scritta Carcass Tv.  Il loro primo tocco di humor: nemmeno sono lì, e già tutto intorno parla di loro.

Qualcuno, e solo qualcuno, a volte nella storia della musica supera un confine che nessuno era mai riuscito a oltrepassare, o non ne ha avuto il coraggio. Liverpool, 25 anni dopo aver partorito i celeberrimi Beatles, dà alla luce un nuovo quartetto che non potrebbe essere più di così ai loro antipodi: sono i Carcass, che portano l’estremismo totale nei testi, nei suoni, persino nella grafica esplicita delle copertine, laddove altri al massimo avevano messo appena il naso.

Uniscono la cattiveria sonora del Death Metal all’estremismo punk – hardcore del Grincore tramite sonorità brutali, caustiche, battezzando un nuovo sottogenere (uno dei tanti che hanno generato) ovvero il Goregrind, che vede alternarsi sfuriate fotoniche a passaggi più ritmici e cadenzati, testi crudi, maligni, sanguinari, totalmente ossessionati da patologie, piaghe e atroci orrori assortiti che si possano collegare al corpo umano, nella morbosa curiosità di esplorare la morte e il dolore fisico; anche la scelta del loro nome, Carcass, ovvero carogna, carcassa, la dice ben lunga. Nei loro video si vedono spesso, ovviamente, scioccanti immagini di autopsie, mutilazioni, strumenti chirurgici, corpi aperti e viscere strabordanti, nefandezze splatter e supplizi inenarrabili.

Ops, mi ero dimenticata di avvisarvi di non leggere questo report durante i pasti, chiedo venia.
Nati nel 1985, contano 7 album in studio, 2 compilation, 5 ep, 2 demo, 1 video album, 7 video musicali, e millemila cuori conquistati in ogni parte del globo.

Ma eccoci al momento che stavamo tutti bramando: mi accorgo che i fantastici quattro stanno per fare il loro ingresso dalle urla dei fan che, fuori dalle grazie, reclamano a gran voce Jeff Walker appena visibile dietro le quinte.  Boati di applausi accolgono gli artisti mentre prendono il loro posto uno alla volta; Walker arriva per ultimo, brandendo il suo basso come un’arma e fingendo di prendere la mira per spararci, un guerriero pronto alla battaglia, lo sguardo fiero di chi non ha paura nemmeno del diavolo, ma anzi, sarebbe pronto a cacciargli due dita negli occhi.

I Carcass sono professionisti assoluti e di enorme esperienza, e offrono dal primo istante una vera atmosfera da grande spettacolo: i padrini del Death Metal prendono in pugno la situazione e ne fanno quello che vogliono, come lo vogliono, fino all’ultimo istante. Inarrestabili, alla faccia dei vecchietti, sono se possibile ancora più in forma e ancora più arrabbiati dell’ultima volta che li ho visti (il nostro report) e si sparano una scaletta di 15 tracce una dopo l’altra, senza nessuna pausa se non per un sorso di qualcosa, con una facilità che lascia sconcertati.

Il membro fondatore Bill Steer apporta un tocco di puro Rock ‘n’ Roll nella carneficina death, mentre una nota speciale va all’eccellente esecuzione del batterista Dan Wilding, il cui groove e feeling sono una rarità nel Metal estremo. Il frontman Jeff, acclamato dai fan come un miraggio, ringhia e solleva al cielo il suo strumento.

Non passa molto tempo, ed ecco iniziare il pogo selvaggio, ancestrale, sotto lo sguardo caustico della band; il personale della sicurezza accorre in transenna per quantomeno provare a contenere l’esuberanza incontrollabile di molti fan che fanno crowdsurfing e tentano di atterrare nel pit. Fanno un lavoro eccellente però, in una eterna partita di ping pong dove al posto della pallina ci sono i corpi in delirio che vengono rimandati al mittente.

Delirio che si accentua quando Jeff scende sulla cassa fronte palco e allunga il basso verso la prima fila: è bello osservare quella ghirlanda di mani tendersi a più non posso per anche solo sfiorare il legno di quel storico basso, che sotto le dita sapienti del frontman sforna suoni entrati nella leggenda, mentre le voci si uniscono in un coro Jeff! Jeff! Jeff!  che suona a tratti come un mantra, una preghiera. Walker lancia spesso plettri durante il concerto, cosa che crea scompiglio nello scompiglio e i fan si cozzano contendendosi tali preziose reliquie.

La scaletta, ancora una volta, è una cavalcata infernale nella discografia dei nostri 4 dell’Apocalisse; Bill Steer sfoggia sfumature e tecnicità da far sbiancare mentre, spavaldo, mantiene un atteggiamento tipicamente british ed estremamente accattivante, in contrasto alla figura imponente e chirurgicamente perfetta, ma diabolica, di Walker. Blackford alla chitarra suona con estrema disinvoltura, ma è un animale da riff e assoli di cui si prende appassionatamente cura. La band è in completa, pazzesca sincronia quando si tratta di scavare e infondere riff e hook musicali; il potere brutale ti viene martellato nel profondo, mentre questi brani vengono iniettati, con un che di fisico, nell’essenza del tuo vivere.

Apre le danze l’evergreen “Buried Dreams”, dall’album “Heartwork”, pubblicato il 18 ottobre 1993 per Earache Records: un album che è una pietra miliare nel mondo della musica estrema, fonte di ispirazione per centinaia di band in tutto il mondo grazie alla qualità e alla complessità della sua musica. “Buried Dreams” è estrema, violenta, seppur già più “pulita” rispetto ai Carcass degli albori. Dallo stesso album abbiamo anche “Mortal Coil”, vertiginosa e melodica, incisiva e orecchiabile, incarnazione di tutto ciò che erano i Carcass dei primi anni 90. “Kelly’s Meat Emporium” è invece tratto dal settimo e ultimo album in studio “Torn Arteries”, uscito il 17 settembre 2021 via Nuclear Blast Records: il lavoro di chitarra è sporco, dominante, e crea strati di melodia e toni che si accumulano uno sull’altro come il peso della carne morta.

You feelin’ good? ci ringhia Walker in un attimo di rara pausa, e al tardare della risposta torna al suo posto in un moto di comica esasperazione: Cm’on, let’s keep things moving. Diamoci una mossa, gente, che qui c’è da fare un concerto: non facciamo perdere la pazienza a Jeff, non facciamogli spiegare il perché i Carcass vengono definiti macellai inglesi. Fresco come una rosa, mentre buona parte delle persone presenti, che nemmeno erano nate o prendevano il biberon quando lui calcava i maggiori palchi, hanno il loro da fare a stargli dietro.

Nonostante l’apparenza a volte burbera di Walker, lo intercetto mentre fissa la mia lente con aria divertita e l’ombra di un sorriso: perché mai non dovresti sorridere quando uno stuolo di metallari devoti di ogni età e provenienza si sono recati al tuo live, per festeggiare con i migliori tra i migliori?
Potremmo andare avanti a oltranza, ma l’orario impone lo stop. I saluti della band sono brevi e rapidi: Mille grazie Genova, make some noise! per poi iniziare la classica pastura rituale di bacchette, plettri, set list, Jeff a corto di altro lancia al pubblico le bottigliette d’acqua residue rimaste sul palco. Loro avrebbero potuto continuare tutta la notte, ne siamo sicuri, mentre noi siamo provati più dalle forti emozioni che dalla stanchezza fisica, almeno per quel che mi riguarda.

Trovarsi a pochi passi da questi mostri sacri è sempre emozionante e impagabile, là dove le luci della ribalta toccano il cielo e l’acqua del mare; Genova è stata marchiata a fuoco da quella macchina chirurgica e implacabile che sono i Carcass, ne porterà il segno per un lungo tempo a venire
Articolo e foto di Simona Isonni


Set list Carcass Genova 6 luglio 2024

  1. Buried Dreams
  2. Kelly’s Meat Emporium
  3. Incarnated Solvent Abuse
  4. This Mortal Coil
  5. Tomorrow Belongs To Nobody
  6. Death Certificate
  7. Dance Of Ixtab (Psychopomp & Circumstance March N.1 In B )
  8. Black Star / Keep On Rotting In The Free World
  9. The Scythe’s Remorseless Swing
  10. 316L Grade Surgical Steel
  11. Corporal Jigsore Quandary
  12. Ruptured In Purulence / Heartwork
  13. Tools Of The Trade
  14. Exhume To Consume
  15. Reek Of Putrefaction
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