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Cristiano De André live Brescia

Concerto che mescola i progetti live che, in questi anni, ha dedicato al repertorio del padre Fabrizio

Volevo che sentiste le canzoni di mio padre cantate da uno di famiglia. Esordisce così Cristiano De André il 7 settembre a Brescia, in piazza Loggia, presentando il suo “Best Of”, serie di concerti con i quali ha mescolato i progetti live che, in questi anni, ha dedicato al repertorio del padre Fabrizio. E chi meglio di lui, dato l’abbondare degli omaggi a De André, poteva prendersi la briga di metterne in piazza un altro? Sì perché la storia – pubblica – di Cristiano la si conosce; quella privata invece, in parte, è diventata di dominio pubblico per via di racconti, articoli, libri e condivisioni sui social; allo stesso tempo, poi, quella artistica è stata in parte raccontata dallo stesso cantautore e musicista. Si perché sarà pur vero che, in questi anni, Cristiano si è concentrato sul repertorio di Fabrizio, ma non va dimenticato che lui, una sua produzione, l’ha comunque messa in campo, e non è stata mai troppo amata, oltre a essere stato lui stesso arrangiatore e musicista del padre.

Uno dei vertici della mia vita, che è ho sempre voluto essere legata al mondo della musica. Mio padre non voleva, e con il tempo ho capito il perché… il confronto inesorabile con lui. Voleva evitarmi tutto questo, ma alla fine sono contento di quello che ho fatto, ha raccontato a un pubblico che a Brescia – ma mi sento di estendere a tutte le piazze d’Italia la cosa – lo ha accolto con grande affetto, e lunghi applausi.

Gli omaggi di De André (figlio) a De André (padre) sono, a mio avviso, meravigliosi. In primis perché Cristiano è un musicista vero e raffinato, che, contrariamente a quello che lui sostiene, suona bene tutto quello che tocca. Poi perché ci mette del suo, con grande rispetto, senza stravolgere nulla della musicalità del padre. Infine, perché la sua voce è di fatto quella di Fabrizio. Sarebbe uguale, se solo fosse possibile in natura, e invece è quel tanto più alta, in alcune estensioni, ma è diventata con il tempo roca e cadenzata come quella del padre. Insomma, se su pezzi come “Crêuza de mä”, “Disamistade” e “Don Raffaè”, per citare i primi tre che mi vengono in mente, chiudete gli occhi, sembra di fatto di essere proprio al concerto di Fabrizio.

In questo tour – diverso di fatto, come concetto, da quello dedicato a “Storia di un impiegato” – De André tiene ferme alcune canzoni, fra le quali “Nella mia ora di libertà”. In questo caso la magia riesce, e se riascoltate la versione live del padre sentirete che non c’è alcuna differenza fra i due. Brividi, veri. Se la voce, dunque, in molte canzoni inevitabilmente rimanda a quella del padre, diversa è la situazione degli arrangiamenti. È noto che Cristiano mise mano ad alcuni di questi già all’epoca del tour che lo vide al fianco di Fabrizio, con la sorella Luvi, ma qui, in questo suo percorso, i tocchi sono stati tanti e, devo dire con sincerità, che alcuni sono davvero ottimi interventi.

Uno dei casi più evidenti è un grande classico come “Fiume Sand Creek”, forse una delle canzoni più suonate da chiunque. Ormai la versione originale si è persa nella notte dei tempi. C’è anche una rilettura, interessante, di Bubola, in un album snobbato da molti, ma che è invece da recuperare e ascoltare con attenzione. Mi riferisco a “Dall’altra parte del vento”, disco dove Bubola ricanta, riarrangiate, le canzoni che ha scritto con Fabrizio De André. In questo caso, però, Bubola mette mano a testi e musiche sue, e le propone come avrebbe voluto che fossero, se le avesse incise da solo. La condivisione con De André padre, invece, ha dato una forma sonora precisa. L’operazione di Bubola, dunque, non piacque, ma aveva il suo perché.

Cristiano, invece, da questo punto di vista è più libero, perché pur se figlio, di fatto non è l’autore, e può decidere di fare un po’ quello che vuole. Per chi ha seguito la sua carriera da solista, sa che De André figlio di fatto ha un’anima rock. Non hard, non heavy, non metal, ma rock classico; rock cantautorale. Questo soffio vitale, come diceva gli antichi greci dell’anima, è quello che ha fatto emergere in meglio molti suoi arrangiamenti. I casi migliori, si diceva, sono “Fiume Sand Creek”, decisamente – possono piovere le critiche – migliore dell’originale.

Anche “Canzone del padre” acquista un vesta molto intensa, ma non raggiunge i vertici di “Fiume Sand Creek” e di “Anima fragile”, dove il finale, con molta chitarra, è davvero azzeccato. A onor del vero, era già così nell’ultimo tour del padre. Stessa cosa per la rilettura de “Il pescatore”, che parte dall’arrangiamento storico della Pfm (come d’altronde per “Bocca di rosa”), per evolvere poi in un bel Rock di matrice statunitense. Ultimo pezzo che acquista anima rock è “Smisurata preghiera” che, però, confesso non ho apprezzato. In questo caso tutto sembrava molto forzato. Forse sarebbe da ripensare tutta da capo, magari andando a pescare nelle versioni inedite che Fossati sostiene di avere nei cassetti del suo studio. Non so, ma di certo c’è che è l’unico pezzo che forse stona un poco all’interno di una scaletta perfetta.

Due, infine, sono i comparti che hanno poi esaltato il lavoro di Cristiano. I pezzi in genovese, che interpreta in modo magnifico, con grande passione, conscio del valore di quella che è vera poesia musicale. Infine, la parte acustica, quella che va da “Andrea” a “Un giudice”, tre momenti unplugged, con tante chitarre e atmosfera da amici attorno al fuoco, che cantano canzoni e attendono l’arrivo di quello che verrà. Se davvero l’obiettivo è coltivare il proprio giardino, come vuole Voltaire, o attendere che la notte passi, come scrive San Paolo, allora credo che queste canzoni, suonate con la chitarra, siano la più bella compagnia che un essere umano possa desiderare.

Il concerto, dopo due ore e mezza intense, volge al termine, e nessuno aveva voglia di andarsene via. Perché è pur vero che abbiamo sentito un De André proposto da uno di famiglia, ma Cristiano, riappacificatosi con la sua storia, è diventato davvero uno di famiglia; una persona cioè che condivide i suoi ricordi, la sua storia e la sua vita con persone che, a diverso titolo, hanno amato l’artista che è stato suo padre. Tutto questo, forse, lo ha aiutato a essere il grande interprete che è diventato oggi.

Alla fine dei conti, interpretare in questo modo un repertorio così tanto amato e rispettato da tutti, è comunque una forma d’arte. Quella, cioè, del rispetto, cosa che oggi manca, in tutti i campi. La speranza è che Cristiano proponga anche la sua arte, al costo di avere piazze meno piene, alternato, nei prossimi anni, con altre riletture delle opere del padre. Chi più di lui, infatti, se lo può permettere, perché lo ha iscritto nel Dna questo destino.

Articolo di Luca Cremonesi, foto archivio di Roberto Fontana

Set list Cristiano De André Brescia 7 settembre 2024

  1. Mégu megún
  2. ‘Â çìmma
  3. Ho visto Nina volare
  4. Don Raffaè
  5. Se ti tagliassero a pezzetti
  6. Smisurata preghiera
  7. Verranno a chiederti del nostro amore
  8. Canzone del padre
  9. Nella mia ora di libertà
  10. Bocca di rosa
  11. Amico fragile
  12. La canzone di Marinella
  13. Disamistade
  14. Andrea
  15. La cattiva strada
  16. Un giudice
  17. Il testamento di Tito
  18. Dormono sulla collina
  19. Volta la carta
  20. Quello che non ho
  21. Fiume Sand Creek
  22. Crêuza de mä
  23. Il pescatore
  24. La canzone dell’amore perduto
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