Ci sono notti in cui ti dirigi verso un concerto e sai, per certo, che sarà una notte fuori dal comune, dove sarai circondata da anime ribelli, e dove il buio, le ombre, il freddo vento invernale fanno da cornice ideale al genere della serata. Con questa ferma convinzione eccomi in macchina il 24 novembre direzione Bloom, storico locale di Mezzago in provincia di Monza Brianza, dove il menù prevede tre band scandinave ad alto tasso di decibel e adrenalina. Al mio arrivo le porte sono ancora chiuse, e davanti stazionano infreddoliti una manciata di fan che però rappresentano un p0’ tutta Italia, da come ho modo di sentirmi raccontare. Quando finalmente il locale apre, sembriamo tanti piccoli canguri saltellanti per riscaldarci, anche se l’emozione dell’ attesa fa sembrare il freddo meno pungente: il tempo di ritirare il mio pass ed è subito corsa ad accaparrarsi il posto in transenna, che in realtà è più una sorta di parapetto a bordo palco, e naturalmente niente photo pit. Impossibile anche solo pensare di spostarsi dal mio angolo, avrei perso quella poca visibilità del palco, e non essendo un mostro di altezza, avrei avuto più bisogno di un drone che di una macchina fotografica.
Anche se la sala non è ancora strapiena, i presenti si compattano ben bene nelle prime file, sul palco sono presenti sia gli strumenti degli headliner coperti da un telo, sia le attrezzature degli opener: le luci si abbassano (non che fossero particolarmente forti, in ogni caso) a indicare l’inizio dello spettacolo, e in un turbinio di urla e applausi compaiono i Liv Sin, A metal band for Sinners rising from the streets of Sweden, dall’ indole decisamente impattante ed esplosiva.
Fondati nel 2016 da Liv Jagrell, vigorosa vocalist che i fan conoscono per essere stata la frontwoman dei Sister Sin, sono al terzo album in attivo,” KaliYuga”, uscito il 27 gennaio 2023 per Mighty Music dopo circa due anni di stop e con una formazione rinnovata. I brani in scaletta sono totalmente tratti da questo loro nuovo lavoro tranne uno, “Chapter Of The Witch”, dal loro secondo album “Burning Sermons” del 2019.
Mentre io inizio a disperarmi per il poco spazio, la poca visuale, la poca luce dove trionfa un delirio di blu e di rossi e un abbondante e denso fumo a coronare la situazione, la band attacca con “D.E.R.” (abbreviazione di Destroy, Extinct, Repeat) la prima canzone della scaletta; feroce e bellicosa, ma melodica, Liv conquista all’istante il pubblico tirando fuori gli artigli e sfoderando una fantastica estensione vocale, che va da un growl gutturale e profondo a un grido etereo che gestisce fluidamente, con grande esperienza.
Il pubblico è totalmente scatenato esattamente come la band, che fa headbanging a un palmo dal mio naso (ed era solo l’inizio per me che, ignara di quanto sarebbe venuto più tardi, pensavo di averle viste quasi tutte per questa volta): l’ assenza di spazio fisico, dato da un qualsivoglia pit o transenna, tra gli artisti e i fan fa sì che i capelli di Liv, fiammeggiante, si mescolino con quelli in prima fila.
Fantastica, e molto amata da tutta la sala, “I Am The Storm“, un brano di particolare orchestrazione, intima e teatrale, che figurerebbe benissimo in qualche film di Carpenter: un contrasto di bianco e nero, luci e ombre. L’ introduzione suggestiva lascia presto il posto all’intervento delle due chitarre e della martellante batteria, con l’effetto di un pugno in faccia, per poi calmarsi nuovamente mentre la voce di Liv si fa quasi pacifica e melodiosa.
“Forget My Name ” risulta molto orecchiabile, un ritmo quasi di marcia che mi ricorda lontanamente i primi Accept. Il set dei Liv Sin è piuttosto breve, ma capace di diffondere una grinta spaventosa, sia per le linee vocali di una Liv sempre in grado di abbracciare evoluzioni aggressive e tuonanti, così come melodie intense, sia per potenza sonora di una band rinnovata e già molto affiatata.
Ci dispiace un po’ quando ci salutano con un appuntamento in area merch, ma la serata deve continuare, ed è quasi il momento dell’ingresso dei secondi opener. Volete un cambio palco alla velocità della luce? Basta togliere la batteria e le attrezzature dei Liv Sin e spegnere le luci, ed è pronto il set dei misteriosi Priest, trio di musica elettronica da Stoccolma. Le figure mascherate e borchiate si fanno strada sul palco, al buio, girando in segreto dietro i loro sintetizzatori, come se si preparassero a iniziare un rituale oscuro.
Dopo alcuni minuti misteriosamente silenziosi, i Priest procedono a riscaldare la sala del Bloom con ritmi carichi di synth oscuri, criptici e industrialmente futuristici.
Dal loro primo singolo nel 2017, i Priest hanno guadagnato milioni di stream e uno stuolo di fan in continua crescita, che grazie ai suoni electro / synth di questo trio vengono catapultati, a ogni brano, in un paesaggio di luci neon da fantascienza gotica.Fin dal loro ingresso in sala, si mostrano pienamente a loro agio sul palco, su cui il vocalist Mercury si muove osservandoci da vicino col suo cyber occhio, abbastanza inquietante, facendo il gesto di prendermi la fotocamera, spuntando a tratti tra i pochi lampi di luce offerti per la loro esibizione.
Il loro apparire come un’ ombra tra le ombre non riesce però a nascondere il legame che hanno con un’altra band svedese, nientemeno che i Ghost: infatti il nostro vocalist misterioso altri non è che il loro precedente bassista, così come il tastierista Salt suonava lo stesso strumento con questa famosa band.
Con l’aggiunta del terzo elemento programmatore / tastierista, hanno iniziato a pubblicare la loro miscela unica di musica elettronica che ha poca somiglianza sonora con la loro band precedente, ma condivide ancora lo stesso DNA creativo. Mentre i Ghost però prendono in prestito la loro teatralità dall’ horror vecchia scuola e dal Rock anni ‘80, i Priest trasudano cyberpunk e musica industriale.
I nostri tre sanno intrattenere e sanno come stare sul palco: piacciono molto i loro brani, trascinanti, mentre il vocalist si muove e interagisce costantemente con il pubblico che li osserva, tra l’ incuriosito e il leggermente intimorito, specialmente quando scende dal palco cantando con la sua voce profonda, calda, e imponendo la mano sulle teste dei fan in una specie di benedizione. Il suo stile vocale si mescola molto bene con i sintetizzatori, il ritmo è stranamente meditabondo, con chiare influenze darkwave anni ‘80.
Il set inizia lento e costante, ma man mano che il live procede, la musica diventa progressivamente più intensa e si trasforma in qualcosa simile alla trance.
Sarebbe stato bello riuscire anche a vederli interamente, non solo mentre emergono dal buio oppure tra le fortissime luci lampeggianti che simulavano una sorta di folle corsa spaziale. Impressionanti e accecanti gli assoli elettronici di Salt quando suona la keytar: That’s what I call a keytar solo, approva Mercury. Alle fine anche loro ci salutano con un appuntamento in area merch, e così come sono arrivati, si dileguano silenziosamente nel buio.
Ormai manca poco al momento tanto atteso degli headliner e lo capiamo dal fatto che la sala del Bloom sembra prossima a esplodere, tanto è satura di persone: non c’è spazio nemmeno per uno spillo, io sono sempre più spalmata a ridosso del palco, forse se salissi farei prima. Tra poco sarà il turno dei Deathstars, attivi dal 2000, parliamo quindi di una band industrial / gothic metal con alle spalle molta esperienza e molti chilometri di concerti in ogni dove.
Di loro ricordiamo che hanno supportato i Cradle Of Filth nel tour europeo del 2006, i Korn nel 2008, e nell’agosto 2011 supportano invece il tour europeo dei Rammstein. Vincono il premio Best Newcomer agli Hammer Golden Gods Awards, organizzato dalla rivista Metal Hammer, nel 2007 : un pedigree di tutto rispetto per i Deathstars, che nel corso della loro lunga carriera ispirano molte altre band con la loro unicità e fascino e sono al Bloom per la l’ unica data italiana del “Everything Destroys you Europe Tour 2023”, che li vede impegnati a presentare l’ album omonimo, il quinto in studio, pubblicato il 5 maggio 2023 per Nuclear Blast. Un album uscito dopo nove anni dal precedente, vuoi per piccoli cambi di formazione, vuoi per il covid o per qualche intoppo qua e là.
Dopo un attento controllo e accordatura degli strumenti, lo spettacolo può finalmente avere inizio: uno alla volta gli artisti fanno il loro ingresso, mentre io vengo spremuta addosso al chitarrista Nightmare che ha la sua postazione proprio davanti a me. La festa però inizia ufficialmente quando il carismatico frontman Whiplasher fa il suo ingresso, accolto da una vera e propria esplosione di applausi e grida, aprendo il concerto con “Night Electric Night”, tratto dal loro terzo album.
I Deathstars sono una di quelle band di cui non ci si può che innamorare, se piace il genere: irriverenti, provocanti nel loro abbigliamento e nel loro trucco accurato (fantastico il chitarrista Cat Casino che suona in totale agio su dei tacchi che mi spezzano le caviglie al solo guardarli), interagiscono completamente col pubblico per tutta la durata del concerto, ammiccano e salutano, posano davanti alle lenti dei fotografi presenti, decisamente impossibilitati a muoversi per cercare qualche prospettiva diversa per scattare; io faccio le radici al mio posto, e mentre Nightmare si china più volte durante la performance a stringere mani dei fan alle mie spalle, mi ritrovo fisicamente così vicina a lui da rasentare di essere guancia a guancia, senza nessun tipo di timidezza da parte sua. Sale sulle casse, solleva la chitarra brandendola sopra la mia testa e ce la lascia toccare, e mi capita anche di beneficiare di qualche sua allegra pedata mentre si appoggia alla balaustra: anche volendo, siamo talmente stipati da non avere spazio per retrocedere. Ormai i miei Speriamo di uscire viva di qua non si contano.
Impettiti e fieri in una posizione privilegiata tra i The 69 Eyes ed i Rammstein ai quali si ispirano molto, i nostri svedesi giocano con innegabile spavalderia con la loro formula impeccabile di black humor ed abilità tecniche, che manterranno costanti per tutta la durata del live. “Everything Destroys You”, title track del nuovo album, contiene molti degli inni concisi e goth metal in cui i Deathstars eccellono, e presenta un senso palpabile di crescente terrore.
Ci sono brani storici però che mandano in estasi i fan, come “Death Dies Hard”, incitati dai sexy preamboli del vocalist Whiplasher che prima li zittisce con un Shut the fuck up! Quando urlano troppo, per poi chiedere Raise your hands if you want to have sex with us! What? No sex?
La sua voce, bassa e profonda, è praticamente identica a come la si sente negli album mentre spazia tra toni calmi e lenti e il suo tipico suono dalle influenze industrial.L’ interazione di ognuno dei membri, tra loro e con i presenti , è semplicementefantastica; io stessa scambio smorfie con un Cat Casino in versione simil Harley Quinn o con il bassista Skinny, che si assicura sempre di fare headbanging facendo volare i suoi lunghi dreadlock sulle lenti. Poche chiacchiere mentre i brani si susseguono quasi d’ un fiato, arrivando al finale da cardiopalma con “Blitzkrieg Boom”, dal forte sapore bellico ed esplosivo sottolineato da un ‘illuminazione rosso sangue, o la storica “Cyanide”.
Poche chiacchiere tra una canzone e l’ altra, per un live che si beve tutto d’ un fiato e non li si vorrebbe far andare più via, ora che si avvicina il momento di salutarci: volano plettri, bacchette, benedizioni di Whiplasher sulle teste di alcuni fortunati, io per l’ennesima volta mi spalmo sulla chitarra di Nightmare che sicuramente non ne può più di avermi addosso. Il tempo di cambiarsi velocemente e tornano tra noi in sala per firmare autografi, per selfie o semplicemente scambiare due chiacchiere, come faccio io col bassista Skinny, che ha un ‘infinita pazienza nell’ascoltarmi.
Dopo un concerto di questo genere ho assolutamente compreso il perché alcuni fan mi raccontavano di voli aerei, di concerti in Svezia, di risparmi giudiziosi pur di avere un biglietto per la prossima data in giro per l’Europa. I Deathstars sono un gruppo da vedere live almeno una volta nella vita, possibilmente in prima fila, per divertirsi e interagire con loro, e speriamo non passi molto tempo prima di una nuova data italiana.
Articolo e foto di Simona Isonni
Set list Deathstars Mezzago 24 novembre 2023
- Night Electric Night
- Between Volumes And Voids
- All The Devil’s Toys
- Ghost Reviver
- Midnight Party
- Tongues
- Greatest Fight On Earth
- Death Dies Hard
- This Is
- New Dead Nation
- Fire Galore
- Metal
- Synthetic Generation
- Everything Destroys You
- Blood Stains Blonds
- Chertograd
- Blitzkrieg Boom
- Cyanide