Il 12 maggio, in occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere, al Dis-Play Brixia Forum di Brescia, si sono esibiti i Deproducers, la super band nata, in origine, dall’unione di quattro produttori del calibro di Vittorio Cosma, Gianni Maroccolo, Max Casacci e Riccardo Sinigallia. Questi quattro musicisti hanno dato vita, da qualche anno, a un progetto innovativo e coinvolgente, un connubio senza precedenti tra musica e scienza. A Brescia, però, dei quattro fondatori ce ne sono stati solo due, e cioè Gianni Maroccolo e Riccardo Sinigallia. Casacci e Cosma sono attualmente impegnati in altri progetti.
Dei tre album realizzati fino a oggi dalla band, tutti legati al mondo della Scienza, a Brescia è stato portato in scena, per la seconda volta, il live “D.N.A”, progetto del 2019 che indaga l’infinitamente piccolo: la nascita della vita, le cellule, le loro modificazioni. Con la band, sul palco, il genetista di fama internazionale Telmo Pievani.
Il concerto ha visto l’esecuzione integrale dell’album, disponibile in cd e vinile (Ala Bianca Group), e tutti gli interventi parlati previsti da Pievani, che ha partecipato alla serata, declinando il tema del DNA, dalla sua scoperta al mondo attuale delle ricerca. Il prossimo 15 settembre, poi, la band tornerà a Brescia per riportare live il progetto “Botanica” realizzato insieme a Stefano Mancuso, neurobiologo.
Che suono ha l’origine della vita? Questa è la domanda che dobbiamo porci approcciando questo lavoro. Il lungo viaggio che, per milioni di anni, ha fatto sì che dal brodo primordiale si arrivasse agli organismo monocellulari e, via via, all’essere umano e alla civiltà, è oggetto del primo brano del lavoro, “Abiogenesi”. Qui la fusione di immagini e suono è fondamentale.
Un mood elettronico, a tratti pop senza essere troppo ritmato, ricco però di suoni che entrano, esplodono e si fanno melodia, racconta il formarsi della vita sul nostro pianeta. Una parte del live dove sul palco ci sono solo i musicisti, senza la presenza di Pievani. Ed è giusto così, dato che si parla degli albori, quando cioè la vita ancora non c’era sulla Terra.
Il secondo momento musicale, uno dei brani più belli di questo lavoro, il più ritmato, fra New Wave e Pop d’autore, è “Storia compatta della vita”, che ha come perno centrale, con la voce recintante di Eugenio Finardi (e una parte di Riccardo Sinigallia), l’esperimento dello scienziato Carl Sagan e il suo calendario cosmico.
Nel 1966,
l’astronomo Carl Sagan, per facilitare la comprensione
di eventi dilatati in tempi lunghissimi,
pubblicò il Calendario Cosmico.
L’intera storia dell’Universo dal Big Bang a oggi,
comparata a un anno solare.
Miliardi di anni compressi tra il 1° gennaio
e la mezzanotte del 31 dicembre.
Analogamente, si può immaginare in scala
una storia compatta della vita.
Una bella traccia pop, a tinte dance, accompagna il racconto di una storia, quella del formarsi della vita sul pianeta Terra. Si tratta, dunque, della narrazione di come si sia prodotta, nel corso dei millenni, la ricchezza delle varie specie viventi. Fra queste, l’uomo risulta essere la parte piccola e giovane di un lunghissimo percorso durante il quale la vita non è sempre stata come la vediamo oggi. Questa è nata e si è sviluppata prima come semplice presenza di cellule, più o meno singole, e poi, unendosi, ha dato vita a veri e propri collettivi.
Un brano che, soprattutto nel finale, regala un crescendo figlio delle esperienze musicali dei quattro fondatori del gruppo, dal Pop strumentale all’Elettronica che caratterizza le ultime produzioni di Maroccolo. Come accade anche nell’album, il brano è uno dei momenti più alti di questo lavoro della band. La presenza della voce, metallica, arriva solo al termine, e sempre più prende velocità per far capire come, dopo la sua nascita, l’uomo, e di conseguenza le varie civiltà, abbiano preso a mescolarsi e a creare rumore, inteso come presenza che si fa sentire nel mondo.
A questo punto dello spettacolo entra in scena Telmo Pievani che, nei suoi interventi, ha il compito di spiegare, in modo semplice, un tema non facile da comprendere: quello del DNA. La chiave di questo progetto sta proprio nella capacità di questi musicisti, e degli scienziati che, a oggi, vi hanno partecipato, di rendere accessibile a tutti messaggi difficili, temi complessi e argomenti di non facile gestione.
Il DNA, la sua rivoluzionaria scoperta, e quello che ne consegue, dalle prime ricerche nel cellule al suo funzionamento, sono il perno di questo spettacolo: dalla diversità cellulare fino al mescolamento, passando per l’eredità, le migrazioni e, non ultimo, le degenerazioni, la malattia e, allo stesso tempo, la cura e la speranza. Un viaggio che la band, anche con espedienti permessi proprio grazie alla musica, declina in modo attento, e che crea molta curiosità nel pubblico.
“Caso e necessità”, che è anche il titolo del grande libro di J. Monod, nasce da una persona del pubblico invitata a suonare uno xilofono, in modo del tutto casuale. Da quelle note, sul modello di quanto fa – con meno stile – Stefano Bollani, nasce una melodia che sfocia nella traccia proposta dalla band. Toccante, poi, il momento nel quale Pievani e il gruppo chiedono di guardare in faccia la malattia. Il genetista, dichiarando il suo contatto con forme tumorali, chiede infatti ai musicisti prima, e alle persone poi, di alzarsi in piedi se sono state colpite, o hanno avuto a che fare con malattie tumorali. Momento davvero intenso, come d’altronde, nella parte finale, sul tema della speranza.
Sul fronte della ricerca, vista come una luce nel buio, soprattutto dopo un brano cupo e tenebroso come “Cancro”, suonato dalla band nel nero totale, Pievani invita a tornare alla luce. Soprattutto alle luci della speranza, accese, con i cellulari sulle note dell’ultima traccia dell’album e del concerto (che non avrà bis, perché si tratta di un disco compatto e finito), e cioè “Serendipità”. Questa è la capacità tipica della Scienza, spiega Pievani, quella cioè di trovare spesso soluzioni quando non le si cerca, oppure quando si è impegnati a trovare e analizzare ben altro. La ricerca, che ci permette di avere speranza, nasce da questa consapevolezza, che la Scienza ha bisogno anche del caso spiega Pievani nell’introduzione dell’ultima traccia.
Nel corso del concerto ci sono altri due momenti molto interessanti. Il primo è “DNA”, un brano elettro-pop, che richiama molto i lavori dei primi Radiohead. Allo stesso tempo “Suite cellulare”, con la quale i Deproducers raccontano il movimento della vita cellulare, e cioè il motore e il meccanismo intrinseco nelle cellule e, soprattutto, nel DNA, fa pensare al progetto “The Smile”, se non fosse che questo lavoro dei Deproducers è uscito tre anni prima. Un brano che, anche in questo caso, è figlio delle atmosfere new wave, ma ricorda anche la grande stagione della Psichedelia, e cioè i Pink Floy di Syd Barrett.
Non solo, se lo ascoltate, a volume brillante, vi rimanda diretti alle atmosfere del “Live at Pompeii”, sempre dei Pink Floyd. Ottima, poi, “L.U.C.A”, brano tutto elettronico, che serve a far comprendere come la vita abbia origine da un unico antenato comune. Questo mood, invece, se mai servisse, fa comprendere come la musica sia sempre figlia di chi sa comporre. Questa è la base comune che serve per fare musica. Il resto, è solo mercato. “L.U.C.A”, dunque, con “Storia compatta della vita”, sono i vertici di questo live e, allo stesso tempo, dell’album. Da ascoltare, con attenzione, a volume alto.
Un concerto davvero intenso, ricco e che fonde insieme musica e scienza, lettura e ascolto, e che consente di portare a casa materiale sul quale pensare. Si esce arricchiti da queste esperienze, ed è un bene che siano proposte in contesti speciali come questi. Brescia, con Bergamo, capitali della Cultura, ci hanno visto giusto. Il bis, dunque, il prossimo 15 settembre.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana
Set list Deproducers Brescia 13 maggio 2023
- Abiogenesi
- Storia compatta della vita
- Caso e necessità
- DNA
- Suite cellulare / cellula / monocellulare – pluricellulare / nascita del sesso / suicidio cellulare
- L.U.C.A.
- Cancro
- Serendipità