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Desire live Bologna

Il pubblico è incredulo, gli stanno lanciando dei vinili! Vinili al popolo!

Il Covo, Bologna, 13 dicembre.

Le voci.
L’ho visto; era con quell’altra sua band, A Zagabria, li ho visti a Zagabria, Ha suonato in Twin Peaks di Lynch, l’ultima stagione, Quella band con cui ha suonato prima dei Desire, i Chromatics, ecco lui è membro di entrambi, Sono folli, sono venuto qui a posta da Trento. Nel buio, prima che inizi il concerto, il pubblico bisbiglia e narra di Johnny Jewel, un personaggio mormorato questa sera in maniera quasi leggendaria, un racconto che salta da una testa all’altra, da un orecchio all’altro come fosse una pulce, un’inafferrabile sorta di Tyler Durden di The Fight Club versione pianeta musica indipendente. Si parla di lui. Lo invocano. Bisbigliano ancora. E lui infine arriva.

Johnny Jewel, componente dei Chromatics, dei Glass Candy, dei Desire nonché cofondatore dell’etichetta “Italians Do It Better” in cui militano anche i The Curses, (la nostra recensione del loro recente disco), sale sullo stage per controllare che sia tutto a posto. “Durden” stavolta è in veste da tecnico eppure non passa inosservato – la gente lo accoglie applaudendo – con i suoi pantaloni gessati, il suo trucco di categoria Alice Cooper e la sua giacca che ha più borchie che pelle, una sorta di brillante mirrorball spinosa.  Il tecnico poi veste i panni anche del presentatore: si piazza davanti al microfono e annuncia l’artista che aprirà il live dei Desire: Thank you for being here tonight. We have the honour to present you for the first time in Italy this artist of ours, Orion. Dice più o meno così.

Il lungo preliminare.
Jewel lascia il palco alla giovane artista, sempre del roster dell’etichetta. Il pubblico la accoglie con un breve incuriosito silenzio vedendo salire questo personaggio addobbato come un piccolo pipistrello manga: un frontino con le orecchie, un mantellino, una gonnellina che richiama delle ali vampiresche, occhiali da sole.

Orion

Orion poggia la sua birretta sul palco, imbraccia una piccola Keytar Yamaha SHSS-10 – indagando è un piccolo modello iconico nel 1987 venduto ora nell’usato a poco – e fa partire delle basi con dei colpi di cassa ben presenti, ci canta sopra con la sua vocina sottile e zuccherosa giocando con la su citata SHSS-10 che si illumina decorata come un piccolo tir in autostrada; l’effetto generale è quello di un karaoke, una sorta di balera anni ‘80.

Orion

Attenzione: in tutto questo si percepisce una studiata autoironia; lo stesso nome dell’artista, molto seguita e ascoltata sui canali digitali, dovrebbe ricordarvi un certo logo visto e rivisto nelle vecchie VHS dei film dell’epoca come ribadito dalla grafica video sullo sfondo che continua a suggestionare con animazioni di musicassette, videocassette e altro di quel decennio colorato e bizzarro in cui trash, kitsch e sax raffinati da aperitivi in salsa di gamberetti andavano a braccetto con dei capelli cotonati che sbucavano da tutine infeltrite.

Orion

Lei è una pagina di diario adolescenziale di quegli anni piegato a aeroplanino e che plana tra tutto questo e La storia infinita. Cavalca questo personaggio che sta portando sullo stage ma che non tutti inizialmente snocciolano correttamente, soprattutto perché resta sempre seria dietro i suoi occhiali da sole: sta facendo sul serio o sta giocando? Dal quarto brano in poi, il repertorio diventa leggermente più cupo e affascinante.

Orion

Tutto questo non è una critica: è il compimento di un personaggio che probabilmente in questa apertura ha lo scopo di ricreare un mondo dove collocare nel 2024 i successivi Desire, il piatto su cui servirli, rievocando un’epoca in cui formazioni come gli Wham! erano la bizzarra risposta colorata alle contemporanee battaglie e crisi operaie nel periodo Thatcher: rabbia e dolore? Rabbia e colore: Enjoy, what you do. Goditela finché puoi.

Orion

Un’allegria fatalista che percorreva il sottile filo del suicidio per disperazione lavorativa degli anni. Le cose sono così cambiate rispetto a oggi? La missione dell’etichetta Italians Do It Better forse è questa, almeno come scelta stilistica. La suggestione è stata seminata: la voglia di allegria come reazione alla drammaticità. Orion riprende la sua birretta e lascia lo stage.

Orion

Torna Johnny Jewel, il Jewel intrattenitore: Five minutes, dice, e inizia uno show in cui lancia magliette dei Desire al pubblico grato e sempre più stuzzicato. Poi torna ancora il Jewel coreografo, sposta oggetti, sistema cose bizzarre tra cui un teschio dietro la sua postazione. Inizia a fare il check del mixerone che ha di fianco e delle tastiere, tra cui un Univox, con rapide scale suonandole e improvvisandole sopra la musica che il locale ha messo nell’attesa.

Desire

Lo spettacolo dei Desire ha un preliminare, come avete letto fin qui, e un corteggiamento lungo che non può non essere descritto. Fanno parte di quello che sta per accadere. Il corteggiamento è nel DNA dei Desire. Il pubblico ormai voglioso stava per essere sedotto.

La seduzione.
Tutto è finalmente pronto. Jewel chiama sullo stage le altre due componenti: Megan Louise alla voce e Louise Eva ai synth che salgono sul palco con dei drink (l’attitudine dell’Enjoy, what you do che accennavamo prima) e con una presenza scenica o meglio magnetismo enorme. Il pubblico sempre più affamato inizia seriamente a sfrizionare davanti al loro ingresso da super model non meno carismatiche di Jewel.

Desire

Eva si posiziona dietro al suo Korg MS 2000B e manterrà un aplomb sobrio insieme ai suoi occhiali da sole anni ‘60 per tutto lo spettacolo, diventando un corpo unico con i suoi synth, un’attitudine da apparente automa che invece spesso concede umanissimi sorrisi al pubblico. Louise invece ha un appariscente impermeabile lucido rosso che la cinge per bene. Il pubblico inizia a scalciare e ad avanzare, è un toro che prende le misure, gira attorno alla band, vuole annusarla.

Desire

Gli arpeggiatori eterei e avvolgenti del nuovo danzereccio “Darkside” inaugurano il live e si posizionano nell’aria; la band si ambienta intanto sul palco. Il mood è stato appena dettato e il sound dichiarato. A chiusura dell’apripista, da brava matador, Louise si strappa di dosso l’impermeabile lucido rosso. Improvvisamente. Via il rosso, via l’atmosfera sognante, fuori il latex: è la volta di “Black Latex” (da “Escape”, 2022). Siamo finiti in una stanza da non dire ad alta voce. Il toro/pubblico sotto lo stage inizia seriamente ad agitarsi e i pesanti e scurissimi synth del brano ne definiscono i passi scalcianti sulla sabbia dell’arena.

Desire

Questo toro ha fame, ha sete e ha l’impressione di camminare nel corridoio di un bordello seppure mai volgare. Louise, nel suo svelato corpetto lucido nero, decide di prenderlo per bene per le corna a braccia nude. Con i suoi guanti di pelle, con la punta delle sue dita segue e dipinge le sottili cerniere di synth che salgono e scendono nell’aria. Tutto questo è molto erotico ed è un loro marchio di fabbrica.

“Don’t Call”, dal loro primo album “Desire”, aggiunge inizialmente un pò di formalità sul tutto, un brano da business film americano – ma solo in partenza: quel toro stuzzicato inizialmente bisogna tenerlo affamato, assetato, attento e sul pezzo, non gli si può dare tutto e subito, deve volerlo. La band, ora un corpo organico unico, continua a stuzzicarlo con altre entrate sceniche: Jewel serve in ginocchio a Louise un vecchio telefono blu vintage a fili che sa sapientemente usare come elemento scenico simulando telefonate mentre ripete il ritornello Dont’ call e mettendosi in posa davanti ai fotografi: una modella pin up ma soprattutto una performer che con le sue nude braccia conquista tutto lo spazio possibile del palco mentre lo calpesta con i suoi alti tacchi in panta boots rossi.

Desire

Con “Liquid Dreams” (si torna a “Escape”) c’è più leggerezza; le lunghe scale a scendere di tastiera sono delle cascate di bolle: lo strumento la fa da padrone anche con un lungo ma calibrato solo. La versione live ha un che di riverbero da club. La notte è ancora lunga, anzi, siamo appena usciti come annuncia la più datata “Mirroir Mirroir” con i versi Let’s go out tonight, tonight. Eva sorride dietro gli occhiali da sole, Jewel balla e conduce tutta l’orchestra dietro, lasciando lo spazio alla frontman che inizia a mimare movimenti scattosi da automa introducendoci la sussurrata “Silver Machine” (splendido singolo del 2023) che riprende il lavoro cupo iniziato con “Black Latex”.

Desire

Dal pubblico spunta un braccio di un tipo che cerca disperatamente di avere un contatto fisico con la cantante, un toro che vuole essere finito. Nel brano gli oscillatori si incrociano e si dilatano e Louise decide di portare a danzare con lei il teschio che prima Jewel ha nascosto dietro la sua postazione. Inizia un ballo divertente e macabro, un bacio sulle ossa, che continua sulle note più spensierate di “Vampire” (dall’ultimo “Drama Queen”, 2024) in cui osservi meglio i dettagli dei loro costumi, richiami a B-Movie horror come collane di plasticose colate di sangue e altro ancora.

Desire

E il teschio, certo, che viene poggiato infine sull’altare delle tastiere di Jewel insieme a una rosa durante la successiva “If I can’t hold you” (il loro primissimo singolo) dai suoni al tremolo che invocano atmosfere misteriose e che a metà diventa un tunnel scurissimo che sboccherà verso uno dei punti più indimenticabili del live: la cover dei New Order “Bizzarre Love Triangle”, un inno degli e agli ‘80 che fonderà la band con il pubblico in un qualcosa che non morirà mai, un periodo, un’emozione: le canzoni, questa canzone. Una fan cerca di porre a Louise un dono, credo sia un adesivo, che viene colto dalla cantante per la sua felicità.

Desire

“Hard Times” (del 2023, anno dei loro singoli non legati ad album) entra con arpeggiatori e tastiere strombazzanti. La band balla, tutti e tre si scatenano, Louise salta su quegli alti tacchi rossi e non perde mai il contatto con il pubblico; il toro è stato domato ma mai abbassare la guardia, meglio controllarlo con uno sguardo, tenerlo sott’occhio. Si torna al 2024 con “Human Nature” introdotta da dei cori iniziali campionati finché lei non si riappropria del microfono, mima espressioni, gioca con queste campionature e con il pubblico.

Desire

Il loro brano più celebre è stato lasciato saggiamente alla fine: “Under Your Spell” (usato in sfilate di Max Mara, Dior e nella soundtrack di “Drive” di Nicolas Winding) ha il peso di un inno e viene dedicato a tutti. Le luci si alzano sul pubblico, Louise chiede una prova d’amore e fedeltà al toro domato: di continuare le parole. E il pubblico risponde prontamente lasciandola per un momento quasi commossa. Sono i momenti della consacrazione, quelli in cui capisci che resterai per sempre, in un modo o nell’altro, e che ci sarà un eco di te nell’universo negli anni a venire. Ce l’hai fatta.

Desire

La liberazione dei tori.
La band è generosa non solo con i brani ma, come abbiamo visto con le precedenti magliette, anche con i gadget; Jewel fa scivolare da sotto la sua postazione una serie di vinili nuovi di zecca ancora cellofanati e intuisco quello che sta per accadere: il toro dietro di noi sta per venirci addosso. Stiamo per essere incornati dalla liberazione dei tori dopo questa corrida. Oltre al lancio di rose arriva quello più “pericoloso” degli LP del loro primo disco (un’edizione con vinile rosa)!

Il pubblico è incredulo, gli stanno lanciando dei vinili! Vinili al popolo! Il toro non è più domato, avanza affamatissimo, sfonda il recinto per afferrarli, i corpi si ammucchiano e si schiacciano come la mia faccia sul palco, due persone mi chiedono scusa per essere sopra di me mentre Gio’, la fotografa di questo reportage, manda a quel paese un tipo dietro che rischiava di fargli fuori le macchine fotografiche ma chiedeva perdono dicendo solo ma i vinili…i vinili…. Il toro è sempre feticista: lo stuzzichi con il rosso, lo provochi con il latex, lo fai infuriare con il vinile.

Desire

La band procede al momento encore: “Saturday”, “Sad Ibiza song” (cover di Wolfram Eckert) e la title track del loro ultimo lavoro, “Drama queen”, una brano trionfale dalle tastiere e arrangiamenti in stile inizi anni ‘90, il periodo come sonorità delle compilation “Red, Hot, +”, quindi di “Too Funky” dell’allora ex Wham! George Michael (siamo usciti dalla Thatcher) e di “Erotica” di Madonna, credo uno dei “manifesti” della band. Nel durante ci siamo spostati dietro per alcune foto al pubblico e vedo i tecnici stessi entusiasti che seguono la fine del concerto ballando.

Desire

Cosa resterà degli anni ‘80
Parliamo di un live? Di un live e sicuramente di uno spettacolo di alto livello coreografico oltre che musicale iniziato prima e continuato dopo. I Desire scendono da divi così come sono saliti, adorati e seguiti dal pubblico come delle star patinate che hanno toccato il mondo della moda e si sono fatti impregnare da essa, pop star apparentemente di altri tempi, tempi quindi che non sono mai andati via. Enjoy, what you do?

Articolo di Mirko Di Francescantonio, foto di Giovanna Dell’Acqua

Desire

Set list Desire Bologna 13 dicembre 2024

  1. Darkside
  2. Black Latex
  3. Don’t Call
  4. Liquid Dreams
  5. Mirroir Mirroir
  6. Silver Machine
  7. Vampire
  8. If I Can’t Hold You
  9. Bizarre Love Triangle (New Order cover)
  10. Hard Times
  11. Human Nature
  12. Under Your Spell
    Saturday
  13. Sad Ibiza Song (Wolfram Eckert cover)
  14. Drama Queen
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