L’edizione del Chiari Blues Festival 2024 si è conclusa domenica 30 giugno con un lungo concerto iniziato alle 17. La bassa bresciana, anche quest’anno, si è trasformata in una provincia del Sud degli Stati Uniti. L’atmosfera di questo Festival, gestito come sempre con grande sapienza da un gruppo di appassionati che hanno saputo intercettare il bisogno di un pubblico che, in questi anni, ha garantito continuità di presenze e che, allo stesso tempo, ha permesso di veder crescere questa manifestazione.
La giornata di domenica ha visto succedersi sul palco Egidio Ingala & The Jacnives, The Black Sorrows, Gennaro Porcelli e la sua band, The Band of Friends e, a chiudere la giornata, e dunque il Festival, Eric Bibb, alla sua terza partecipazione a questa manifestazione. Una delle sue precedenti esibizioni è anche finita su cd, che vi consiglio di recuperare.
Quattro concerti diversi, prima di Bibb, che hanno mantenuto uno standard di Blues Rock, che ha saputo conquistare gli appassionati accorsi nella splendida location di Chiari: un grande oratorio, con una struttura coperta, che permette spettacoli anche in caso di maltempo, con un ampio parco verde accanto. Così, alla calura umida simile a quella del Mississipi, si è sostituita una brezza, ricca di profumi di erba tagliata, di corteccia e di fiori, che ha fatto da valore aggiunto alle esibizioni.
Non è stata solo la location ha dare quel quid in più, ma anche le presenze. Dall’Australia a Napoli, e cioè da Joe Camilleri dei The Black Sorrows, che ha fatto cantare, ballare e muovere una platea che, fino a quel momento era partecipe, ma in maniera composta, per arrivare, poi, al blues elettrico, a tinte decisamente rock di Gennaro Porcelli – che ha regalato un set musicale intenso -, il Chiari Blues ha dunque dimostrato che questo genere musicale travalica i confini, le mode e le sirene della sua scomparsa.
In scaletta, oltre ad alcuni brani del suo ottimo lavoro da solista, e cioè “Me, You and The Blues” (la nostra recensione), Porcelli ha messo anche “Johnny”, brano dedicato a Johnny Winter, da sempre musicista di riferimento per il chitarrista. Un’esecuzione davvero brillante e sentita, che ha fatto rivivere, con grande maestria e sapienza, l’arte e lo stile del chitarrista e cantante statunitense.
Un’esibizione, quella di Porcelli, purtroppo un poco penalizzata da quella che di fatto è stata la prima pausa, attorno alle 19. E da queste parti, si sa, cascasse il mondo, a quell’ora si mettono le gambe sotto il tavolo. Porcelli però, da grande professionista, non si è scosso, e ha regalato emozioni, facendo Blues con la “diavoletto”, strumento che nelle sue mani diventa un’ottima chitarra per creare il sapore di sudore, tabacco e caffè.
D’altronde, che il Blues abiti a Napoli ce lo hanno insegnato in tanti. Che sia possibile modernizzarlo, con questa maestria di suoni e colori, ce lo mostra lo stesso Gennaro Porcelli. La sua esibizione si chiude con “Highway 61 Revisited”, che strappa applausi veri e sentiti. Una bellissima esecuzione, che sprigiona molta energia.
The Band of Friends non è un semplice tributo a Rory Gallagher, ma una celebrazione della sua vita e della sua musica. Un’idea nata da musicisti che hanno suonato con lui durante la sua carriera quali Gerry McAvoy, Ted McKenna e Marcel Scherpenzeel. Insomma, garanzia di qualità assoluta che a Chiari ha dovuto essere interrotta per non esondare.
Uno spettacolo che ha saputo coinvolgere con tanto di Gerry McAvoy che, lasciato il basso sul palco, ha deciso di scendere nel mezzo del pubblico per prendersi meritati applausi, abbracci e respirare l’entusiasmo che hanno saputo catalizzare da quel palco. E così all’Australia e a Napoli si è aggiunta anche l’Irlanda, a completare un virtuale giro del mondo blues, prima di approdare nella New York di Eric Bibb.
Quanta bellezza, solo nella presenza scenica. Cappello, vestito grigio con maglietta verde militare, in tinta con le scarpe. Bibb sale e rallenta il ritmo, e lo fa senza far rimpiangere nulla. Il suo Blues suona subito diverso. Riecheggiano i suoni del recente “Eric Bibb Live in Stockholm”, album da avere in casa. Alcuni dei pezzi eseguiti in scaletta sono proposti pari pari a quelli di quel disco.
Il suo Blues nasce a New York, e ha dell’incredibile se si pensa che, ascoltandolo, mentre il vento sale e rinfresca la sera, calano le luci, e gli spiriti cominciano a emergere dalla sua chitarra, tutto sembra fuorché che la sua musica arrivi dalla Big Apple.
Le prime sette canzoni Bibb le esegue con i suoi musicisti. Il suo tocco è delicato, come tutto il suono della band. Non arresta l’entusiasmo, ma lo canalizza su altre frequenze. Il tocco della sua chitarra, suonata quasi come una steel, non è mai nervoso. Pizzica e accarezza, e allo stesso tempo gratta il suono che esce dalla corde, a tratti metallico, e a tratti ovattato.
Sembra un personaggio uscito da una novella di Pirandello, e invece sta suonando del Blues, e racconta storie di uomini che vivono ai margini, o che faticano a trovare il loro posto nel mondo. Lo fa con grande delicatezza, e il pubblico gli riconosce questa poesia con lunghi applausi, preceduti sempre da attenti silenzi.
La seconda parte dello spettacolo Bibb la esegue da solo sul palco. Così lo vidi la prima volta a Crema, anni fa, e così ho ritrovato quel musicista straordinario che ascolto quando il peso dell’esistenza si fa sentire. Bibb ha il potere di far viaggiare. Non lontano, ma di certo via dal presente che ci troviamo a vivere. Parla calmo; si rivolge al pubblico sempre come amici, e con questi dialoga in un perfetto inglese che tutti capiamo.
Dedica canzoni al futuro, e cioè ai figli, ai migranti, alle persone sole. È un momento intimo e anche il vento capisce che non deve disturbare. Dura troppo poco, ma ne è valsa la pena, perché sarà la parte più bella di tutto lo spettacolo, che mai comunque ha deluso.
Si riprende con alcuni pezzi che lo vedono accompagnato alla chitarra da Christer Lyssarides, che non appesantisce affatto, con suoni elettrici, il suo mondo musicale. Per un momento, e forse solo in questo momento, la proposta di Bibb sembra travalicare gli stilemi rigorosi del bluesman singolare, di provincia, lontano dalla metropoli. C’è spazio anche per alcuni brani con Ulrika Bibb alla voce, che porta un tocco di sapore celtico nei suoni di Bibb. E quando il bluesman intona una canzone solo con voce e battito di piedi, e cioè “Don’t Ever Let Nobody Drag Your Spirit Down”, diventa chiaro a tutti che siamo al cospetto di uno degli dei dell’Olimpo, di un musicista che ha ereditato in se una storia lunga secoli, fatta di dolore e di gioia, e di suoni che hanno saputo irrigare tutti i campi della musica contemporanea.
Il finale stupisce, perché Bibb elettrifica e amplifica un po’ il tutto, con una chitarra diversa, e con la band che alza un poco il volume. Non troppo, ma quel tanto che basta per spingere le persone ancora una volta in piedi. Lo spettacolo finisce con un bis, forse non previsto, ma che mette tutti insieme sullo stesso piano: Bibb, i suoi musicisti e noi del pubblico, che rispondiamo alla sua “In My Father’s House”, con un canto unico, diretto dallo stesso Bibb, che ne detta i ritmi.
Le luci, purtroppo, si accendono, e cala il sipario sia sullo show di Eric Bibb, sia sua questa edizione del chiari Blues Festival. Non resta che cominciare il conto alla rovescia, per tornare ad ascoltare questa musica, in questa sede, con questa atmosfera.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana
Set list Gennaro Porcelli 30 giugno 2024 Chiari
- Cold Sweat
- Shuffling Back To Memphis
- Don’t You Lie To Me
- Stranger Blues
- I’ll Drown In My Own Tears
- I’m Gonna Send You Back To Georgia
- Smiling Eyes
- Johnny
- Highway 61 Revisited
Set list Eric Bibb 30 giugno 2024 Chiari
- Silver Spoon
- Goin’ Down That Road Feeling Bad
- Sylvie
- With A Dolla’ In My Pocket
- Along The Way
- With My Maker I Am One
- The Cape
- Goin’ Down Slow
- Come Back Baby
- Saucer and Cup
- Send Us Brighter Days
- Needed Time
- Don’t Ever Let Nobody Drag Your Spirit Down
- In My Father’s House