Quanta splendida bellezza con Glen Hansard al Festival Tener-A-Mente, martedì 3 luglio, al Duse del Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera (BS). Critici qualificati sostengono che questo concerto sia comunque stato leggermente inferiore, come intensità, rispetto alla data che fece tappa qua nel 2019.
Tuttavia, per chi assisteva per la prima volta al live del cantautore, chitarrista e attore di origini irlandesi, quello del 3 luglio segna uno spartiacque nel 2024. C’è un prima e un dopo quella data. Prima ci sono stati ottimi concerti. Dopo, ce ne saranno di buoni, di certo altri degli di nota, ma è altrettanto sicuro che un’esibizione così bella, vera, vissuta, onesta, carica di grinta, è difficile che si possa ripetere.
Glen Hansard è preceduto dalla sua fama, e cioè un artista capace di spendersi fisicamente sul palco, alla maniera di Springsteen, fino alla fine dello spettacolo; di essere musicista in prima linea come sanno fare i grandi cantautori di matrice anglosassone; di presentarsi ai suoi ascoltatori con un’anima gentile che però sa trasformarsi in grinta istintiva, quando serve.
Non solo, l’ultimo lavoro discografico, e cioè “All That Was East Is West Of Me Now”, è un secondo tassello di una maturità artistica ormai consolidata, e che unanimemente si è consolidata con “This Wild Willing”. Per di più è un richiamo costante a mondi musicali che, dal vivo, regalano forti emozioni.
Hansard non copia e non cita, ma fa risuonare, fedele a quelle corrispondenze tanto care a Baudelaire. Così, a inizio concerto, spettacolo che si è aperto con una ruvida e sporca “Great Weight Is Lifted”, i pilastri viventi che si corrispondono – parafrasando il poeta francese – sono Leonard Cohen, Nick Cave e Hugo Race. Il tutto, però, in salsa hansardiana, e cioè impastato con farina del suo sacco creativo, e non amalgama di ripiego estetico.
Ne è derivato un inizio concerto che porta subito dentro un mondo musicale genuino, fresco e che profuma di rilettura di mondi sonori classici masticati, ruminati e poi gettati fuori con grazia e maestria. Non mancherà nulla e nessuno, alla fine: tutte le esperienze musicali di Hansard saranno presenti, dai lavori da solista, predominanti ovviamente, alla “The Well Season”, passando per l’esperienza dei The Frames. Anzi, in questo caso specifico, quelli sono stati brani che hanno mostrato una potenza intrinseca davvero vitale.
“Revelate”, eseguita nello stesso arrangiamento del live “Set List” del 2003, è una bomba a orologeria che, infatti, non tarda a deflagrare facendo smuovere, per ovvi motivi, un pubblico che non applaude ininterrottamente per tutto il concerto solo per una questione fisica.
Anche “Star Star” e “Fitzcarraldo” rientrano in questo momento di grande emozione collettiva, oltre che di estasi sonora da parte dello stesso Glen Hansard che, più volte, deposta la chitarra, si è lasciato trasportare dalla musica. E come Springsteen insegna, se si riprende il mando la sei corde, lo si fa per seguire il flusso, e cercare l’energia diretta del pubblico. Così il cantautore si è spinto più volte a diretto contatto con gli astanti del Duse che, dopo un naturale spaesamento, si sono alzati e lo hanno circondato, creando un vortice di emozioni vere, palpabili, fisiche e vive.
Il concerto è stato un giusto dosaggio di brani di matrice indie, contaminati e distorti, sporcati e resi polverosi da effetti sonori e da una voce che contiene tre timbriche diverse, fatto che permette a Glen Hansard di spaziare da una brano all’altro senza alcun affanno, e canzoni che solo per semplicità possiamo definire ballad, o comunque brani più contenuti, meno esuberanti, e non così ricchi di sonorità.
Il violino, infatti, è un mantra, che torna in molti brani. Come accade nelle cerimonie iniziatiche, questo suono non può che essere magico, e catturare così per trasformare il semplice Rock d’autore in un’esperienza sonora a tinte differenti, che spingono ben oltre i confini dei singoli generi. Esattamente come Race e Cave, ma l’elenco è lungo, perché fra i vari echi non si può scordare Mark Lanegan, Glen Hansard manipola, distorce, tira e plasma suoni che vengono lasciati respirare quanto serve per creare coinvolgimento fisico e mentale. Nessuna fretta da parte del cantautore. Tanto meno nessuna esigenza di seguire una scaletta, che cambierà un poco nel corso della serata, rispetto a quella prevista. Allo stesso tempo, neppure c’era la smania di chiudere il brano quando la versione in studio dello stesso lo impone.
C’è un nome preciso per tutto questo, ed è performance. Non concerto. Quando l’artista mette in gioco se stesso, con tutta la sua arte, allora si muovono simultaneamente anima e corpo, e quest’ultimo trasforma inevitabilmente l’esibizione in performance artistica. Senza il corpo dell’artista non si fa nulla. Così è stato, perché la fisicità di Hansard è stata messa nel suono delle corde, nella voce e nel corpo che, spesso, aveva bisogno di liberarsi e ballare, muoversi, battere il tempo con il piedi.
Il punto supremo di questo percorso artistico è stata l’esecuzione di “Her Mercy” e “This Gift”, brani che arrivano uno di seguito all’altro. In realtà, per come sono stati eseguiti, sembravano uno la ripresa dell’altro, ma così non è stato. Il cantate e attore ha fatto fluire tutta l’energia raccolta nel corso dello spettacolo, regalando un crescendo ripetitivo di chitarra che, ha insegnato Page con “Kashmir”, può diventare davvero magico, e dunque avvolgente, e quindi capace di catturare il corpo, che a questo punto non può più stare fermo.
Il pubblico, su questi due brani, ha finalmente rotto gli indugi, ed è arrivato al cospetto di Glen Hansard. Un momento che è stato davvero intenso, degno delle performance di Nick Cave – chi ha visto gli show del genio australiano, sa bene di cosa si tratta – che ha sancito la fine di uno spettacolo che, vuoi la location, vuoi la serata, che sul finire si è anche accesa con lampi in cielo; vuoi perché Hansard è vero artista; si è trasformata in un vero rito collettivo.
Capacità sempre più rara perché ancor più rari sono i veri artisti capaci di fare la differenza e che, sul palco, sanno proporre arte, e non ripropongono un prodotto. Magari in maniera fredda e del tutto simile all’esecuzione finita nell’album. L’idea è che Hansard stesse davvero vivendo insieme al pubblico, ma anche direttamente sulla sua pelle, quanto stava cantando e suonando.
In questo modo ha con-vissuto e condiviso con tutta la platea e la galleria le sue stesse emozioni. Le ha rese collettive, di tutti. La fine di un rito, come da manuale. Un concerto, dunque, capace di far volare in alto lo spirito, e allo stesso tempo emozionare il corpo.
Gigante vero, Glen Hansard. Trovate il modo, credetemi, di andare ad ascoltarlo e di vederlo sul palco.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana
Set list Glen Hansard 3 luglio 2024 Gardone Riviera
- Great Weight is Lifted
- Sure As The Rain
- Between Us There Is Music
- The Feast Of St. John
- Down On Our Knees
- Time Will Be The Healer
- My Little Ruin
- When Your Mind’s Made Up
- Ghost
- Fitzcarraldo
- Don’t Settle
- Revelate
- Star Star
- Falling Slowly
- There’s No Mountain
- Didn’t He Ramble
- Say It To Me Now
- Gold
- Her Mercy
- This Gift
- Song of Good Hope