il 14 giugno: la serata di apertura dell’edizione 2024 del festival La Prima Estate al parco Bussoladomani di Lido di Camaiore spara da tutti i cannoni con una violenza inaspettata, centrando molti bersagli, nonostante alcune incertezze tecniche che non hanno per fortuna influenzato la godibilità dell’evento. La line up di questa serata di esordio è una dichiarazione di intenti: lusso e rumore fino dai primi act in scaletta. Menzione d’onore obbligatoria per il secondo degli opener: i devastanti Sleaford Mods che tracciano la rotta con un set elettro-post-punk che non dà scampo. Stiamo puntando nella giusta direzione.
Dinosaur Jr.
Si deve aspettare il crepuscolo per vedere apparire, come se entrassero in sala prove, i Dinosaur Jr., che dopo una sommaria accordatura e un paio di scrocchi di dita ci versano addosso il consueto fiume di lava elettrica sul quale navigano suadenti le melodie psichedeliche di Mascis.
Si salpa con “What Else is New?” e le vele non si sgonfieranno di un millimetro fino al cataclisma sonoro finale di “Pieces”.
Purtroppo, come già anticipato in apertura, il set è funestato da un lavoro fonico decisamente pessimo che richiede qualche pezzo per assestarsi su livelli di ascoltabilità accettabili. Soprattutto Murph sembra soffrire la situazione, con pezzi della batteria che appaiono e scompaiono dal mix da un momento all’altro.
Alla fine, i volumi tradizionalmente biblici della band non possono esserlo così tanto, per mantenere una parvenza di equilibrio dalla consolle, ma il set scorre via che è un piacere, con Barlow che offre il giusto contrappunto di ritmica e mossine alla gelida staticità di Mascis.
La band (in formazione originale, ricordiamo) non si spinge oltre “Without a Sound”del 1994nella scelta dei pezzi, con l’unica eccezione della conclusiva “Pieces”, tratta da “Farm” del 2009, in un vortice di fuzz e phaser che accompagna il pubblico attraverso sulfurei solo e melodie West Coast.
We’re a band from the 80’s! annuncia con un certo orgoglio Barlow prima di prendere microfono e chitarra, cedendo il basso a J. Mascis, per eseguire “Garden” nella migliore tradizione dell’etica lo-fi tanto cara ai Dinosauri.
Naturalmente, il set gira tutto intorno alla chitarra di J. Mascis che sputa note su note affogate in maniera esaltante in tonnellate di effetti, senza mai perdere di chiarezza o incisività. L’uomo ci sa fare, e il suo è uno dei tone migliori di sempre.
Su “Sludgefeast” la sua Jazzmaster rosa apre una voragine sonora impressionante che sembra tirare a fondo tutto il parco, lasciando lui e il resto della band in bilico sull’orlo, a guardare noi miseri mortali perderci nell’oblio del suo phaser.
Le immancabili hit indicano l’avvicinarsi della conclusione di un set furiosamente rumoroso e ma al contempo melodico e sognante: da sempre la cifra caratteristica dei Dinosaur Jr. C’è qualcosa di estremamente appagante nel sentire la voce nasale di Mascis surfare sul mare della sua chitarra e i complici Murph e Barlow fornirle le fondamenta; il pubblico de La Prima Estate si gode ogni nota, sino all’ultimo feedback. I Dinosaur salutano con la stessa casuale tranquillità di quando sono saliti sul palco, asciutti, diretti, sudati.
Jane’s Addiction
La scelta era fra Living Colour e Jane’s Addiction, nell’autunno del 1990, a una settimana di distanza gli uni dagli altri, si imponeva. Finanziariamente la doppietta non sarebbe stata sostenibile.
A 21 anni da studelinquente di Architettura a Firenze chi scrive si fece ammaliare dal culto della personalità e rimandò la visione dei Jane’s Addiction al CIty Square alle pur ottime immagini trasmesse poco tempo dopo da Videomusic. Fin troppo ottime. Cazzo.
I Jane’s Addiction snocciolarono una prova maiuscola, in quell’inverno milanese. Io non c’ero. In breve, si guadagnarono l’imperituro imprimatur di “band DA VEDERE assolutamente”! Per fortuna, dopo qualche mese l’occasione si presentò nuovamente con il Tour di Ritual De Lo Habitual che, magicamente, toccò addirittura le sponde amiche (e vicine) del Teatro Politeama di Pisa. Detto. Fatto. Stavolta non mi scappate. Per niente al mondo.
Come prevedibile il concerto, dopo un inizio da brividoni veri, si stoppò allorché un Perry Farrell che aveva attaccato la sua boccia di vino un po’ troppo entusiasticamente si fiondò giù dal palco atterrando a mezzo metro da me con i pugni sulla faccia di un qualcuno che aveva pensato fosse una buona idea sputare sul cantante. Non lo era stato. Parapiglia impressionante, servizio d’ordine imbizzarrito.
Risultato: concerto interrotto dopo 6 pezzi e pubblico a dare la caccia allo sputatore mascherato. L’obiettivo era rimasto, ma la band purtroppo si sbriciolò dopo pochi mesi dando il via al tradizionale tira e molla di cambi di formazione di chi non ha capito che LA STORIA era già alle loro spalle.
Complice condizioni meteo ideali, la serata di apertura de La Prima Estate sembra sia l’occasione giusta per potersi godere fino in fondo i Jane’s Addiction. Quelli veri. Quelli della storia.
Un rombo di percussioni tribali dal PA ci dice che il sabba sta per cominciare: nella fresca serata viareggina un palco nudo e avvolto in una nebbiolina bluastra lascia intravedere le figure dei musicisti che prendono posto. Farrell, come tradizione, solleva una bottiglia di vino come per un ideale brindisi iniziatorio e curiosamente “Kettle Whistle”dà il via alla serata.
Si capisce subito che Jane ha avuto una ricaduta e la sua dipendenza è tornata ad affacciarsi nella sua forma più pura e vera: l’intro di “Whores” è accolta da un’ovazione che scuote l’arena. Ci si rende subito conto del perché qualsiasi formazione che non sia la presente era destinata a produrre un’immaginetta sfocata della potenza evocativa dei Jane’s Addiction: Eric Avery.
Un bassista pesante, duro, potente, preciso, melodico che complementa perfettamente il Keith Moon per gli anni ‘80 che è Stephen Perkins: altro mostro di bravura, potenza e precisione. Due cavernicoli in t-shirt nera che sporcano e picchiano nello stomaco del pubblico, giusto contraltare alla chitarra di Navarro che, lo sappiamo bene, lasciato da solo risulta un po’ troppo metal, lezioso e stucchevole alla lunga…
Da qui in poi siamo nel turbine dell’Addiction: uno scroscio di classici scioglie definitivamente la platea che canta praticamente tutto, facilitando Farrell nei punti critici di pezzi decisamente sfidanti per la voce. Perry è comunque la forza motrice, ammicca, giravolta, beve, canta, echeggia, ribeve con un’energia e un trasporto giovani e contagiosi, folle imbonitore di un circo psichedelico-postpunk-alternativo. L’immagine vivente del crepuscolo degli Eighties di Reagan e della Thatcher, del traghettamento della coscienza socio-ecologica dei movimenti giovanili oltre le barricate del Rock tradizionalmente inteso.
La voce di Farrell riporta a un’epoca in cui poco sembrava avere senso, ma che ci provava ancora, e che sarebbe sfociata nel grunge e nel miglior Rock dei 90’s, strozzando definitivamente capelli cotonati e scaldamuscoli. “Summertime Rolls” ai bordi di una pineta con lo sfondo del mare, accarezzati da un vento fresco è un regalo da privilegiati che ci godiamo a bocca aperta, respirandone ogni nota. “Jane Says”, capolavoro dei capolavori, risulta forse un po’ freddina e strascicata rispetto alle aspettative; come tutti i grandi classici, a volte i musicisti si stancano della ripetizione e, come in questo caso, l’esecuzione risulta un po’ di maniera e poco ispirata. Peccato.
La scaletta tratta esclusivamente i primi tre album, quelli incisi dalla presente formazione, quelli nella STORIA (in realtà la registrazione di “Kettle Whistle” è posteriore, ma la band la eseguiva dal vivo ai tempi dei primi album) e lascia il pubblico a dir poco estasiato, e Farrell, di rimando, si lascia andare a una lunga tirata epico-ecologica sulla purezza dell’acqua e delle spiagge che introduce IL pezzo: “Ocean Size” colpisce con la violenza del mare e trascina la platea in un naufragio elettrico che lascia tutti in ginocchio.
I problemi tecnici non hanno afflitto solo i Dinosaur Jr., ma anche gli headliner: Perry sembra aver rotto il controllo degli effetti voce che lui usa come uno strumento, sul palco si assiste a un momento di confusione mentre i tecnici cercano di rimediare la situazione.
Improvvisamente, dagli speaker erompe señores y señoras nosotros tenemos más influencia… e ricomincia il delirio: è l’arcinota introduzione a “Stop!”,uno dei singoli di maggior successo della band. Probabilmente però i problemi non erano ancora perfettamente risolti e la band deve ritardare l’ingresso degli strumenti fregando completamente l’effetto di urgenza che i tempi giusti avrebbero garantito. Altro peccato, e altro lungo (nelle intenzioni) discorso che infastidisce un po’ il pubblico ma che viene prontamente tagliato corto da Eric A che introduce una maestosa “Three Days”dove la sezione ritmica si scatena in un intermezzo drum & bass da brivido, chiudendo il set regolare.
L’immancabile bis arriva dopo un bel po’, tanto che parte del pubblico stava già allentando la presa sul palco. L’apocalittica “Mountain Song” fa da preludio a “Been Caught Stealing” e il tempo si ferma. Come in un’esperienza di fine vita, tutto passa davanti agli occhi sbarrati del pubblico: donne pazze, viaggi folli sotto l’effetto di droghe, una vita fottuta da fattone/nessuno, un criminale borderline, la totale disintegrazione delle responsabilità. Cercare di affrontare un mondo e una società che non hai mai chiesto. L’esperienza adolescenziale per eccellenza.
Perry mormora un ultimo discorso, questa volta parla di pace, di speranza, di percezioni, di come valga la pena non farsi passare la vita addosso, di come non si debba cedere al potere. I’m not a rock’n’roll star, I’m a man of the people. E d’un tratto Navarro, Perkins e Avery attaccano le percussioni (si, tutti e tre, come nel 1986) di una deflagrante “Chip Away” che suggella una serata indimenticabile.
I Jane’s Addiction sono qua, assolutamente unici, minacciosi, stravaganti, artistici e bizzarri, noi possiamo solo ringraziare e augurarci Equal love spread like peanut butter on a jelly sandwich…
Incredibili.
Articolo di Federico Mazzoncini, foto di Francesca Cecconi
Set list Dinosaur Jr. 14 giugno Lido di Camaiore
- What else is new?
- In a jar
- Garden
- Kracked
- Sludgefeast
- Been there All the Time
- Mountain man
- Little Fury Things
- Out there
- Feel the Pain
- Start Choppin’
- Freak Scene
- Just Like Heaven (Cure Cover)
- Forget the Swan
- The Wagon
- Pieces
Set list Jane’s Addiction 14 giugno Lido di Camaiore
- Kettle Whistle
- Whores
- Had a Dad
- Ain’t No Right
- Ted, Just Admit It…
- Pigs in Zen
- Summertime Rolls
- Jane Says
- Then She Did…
- Ocean Size
- Stop!
- Three Days
- Mountain Song
- Been Caught Stealing
- Chip Away