È venerdì 25 ottobre e al Covo Club come da tradizione si proietta un film nella saletta bar. Questa sera danno “Fritz The Cat”, conosciuto per essere il primo film d’animazione per adulti in cui un gatto e altri animali antropomorfi recuperano tutte le depravazioni che non sono presenti nei cartoni precedenti. Non so bene perché ma in quel momento penso che sia un ottimo riscaldamento in attesa del live di John Maus, che è andato sold out da settimane.
Entro nella sala, la situazione è rilassata, le persone sono prese bene e non ammassate: si prevede una serata di foto tranquilla e senza spintoni, meno male. Il palco è completamente spoglio, ci sono solo un notebook e la sua attrezzatura in un angolo; John, infatti, dal 2017 si esibisce in “Karaoke shows” completamente da solo, cantando sulle sue basi preregistrate.
Quando sale sul palco, esplode un boato tra il pubblico, ma lui sembra completamente distaccato e come se fosse su un altro piano della realtà, senza guardare quelle persone che lo fissano da sottopalco, fa partire una base e caccia un urlo viscerale. Uno dei “suoi” urli, che ormai lo distinguono e che ripete un’infinità di volte durante lo spettacolo. Di quegli urli che non hanno nemmeno bisogno di amplificazione, tanto sono potenti. Il microfono sembra serva solo per effettare la voce con eco e distorsioni.
John Maus si dimena sul palco con gesti convulsi e ripetitivi, come in preda a una profonda crisi; definisce questa espressione fisica con il termine “il corpo isterico” (hysterical body), con cui vuole distaccarsi da una concezione di performance musicale live quasi recitata, restituendo una rappresentazione più autentica e sincera del suo essere.
E a me arriva tutta: comincio a sentirmi davvero male a vedere John esprimere una frustrazione e un dolore insopportabili, come se stesse portando sulle spalle tutto il peso del mondo.
È davvero credibile nella sua performance e l’impressione che ho è di essere dietro a uno specchio spia, quello che si vede sempre negli interrogatori dei film polizieschi per intenderci, che affaccia direttamente sullo spazio mentale di John.
Di qua dallo specchio, la gente divertita canta e balla e scimmiotta i suoi gesti, si colpisce il petto e la testa proprio come fa lui, con la differenza che la smorfia di dolore di John sul loro viso è un sorriso. Di là dallo specchio c’è John in uno spazio che sembra confinarlo e imprigionarlo. John rimbalza da una parete all’altra come se volesse sfondare la sua gabbia. Le impronte umide che lascia sul muro nero brillano alla luce dei par come un monito.
Personalmente amo la musica di John, un coacervo eclettico di influenze e generi, dal Synthpop al Post Punk, passando per Goth Pop e riferimenti alla musica medievale ed ecclesiastica, e la voce associata da tanti a quella di Ian Curtis dei Joy Division.
È uno sperimentatore, la sua produzione musicale riflette a pieno la sua personalità poliedrica. Ma in questo spettacolo dal vivo, almeno per me, la musica è in secondo piano; sto assistendo alla catarsi di un uomo, alla battaglia con i suoi demoni interiori, realizzata attraverso la sua musica.
La scaletta è un carotaggio della produzione di John Maus negli anni: se i blocchi iniziali e finali attingono dagli album più recenti “Screen Memories” (2017) e l’acclamato “We Must Become the Pitiless Censors of Ourselves” (2011) senza tuttavia inserire l’ultimo album “Addendum” (2018), la parte centrale è costruita prevalentemente su “Songs” (2006) e “Love Is Real” (2007).
Già dai primi due brani John è spolto come a una lezione di zumba la domenica mattina. Con gesti rituali si reidrata tra un pezzo e l’altro, sempre con la stessa successione di azioni: sorso d’acqua e acqua rovesciata in terra con cui poi si bagna la faccia.
Le tre bottigliette non credo siano comunque sufficienti a bilanciare il suo consumo idrico. L’agitazione del suo corpo isterico non cessa mai, nonostante il ritmo cali durante il corso del concerto, trovando anche qualche momento di stasi in cui John si avvicina al pubblico e sembra in grado di sfondare la quarta parete di una gabbia fino a quel momento inespugnabile.
Mi dirigo verso il fondo della sala e incontro Kika, una ragazza dolcissima che scopro poi essere sua moglie e che mi confessa di essere stanca per lui a vederlo dimenarsi così. Le credo e io, provata e stanca per entrambi, finalmente decido di tornare a casa.
Foto e articolo di Linda Lolli
Set list John Maus 25 ottobre 2024 Bologna
- Castles in the Grave
- Quantum Leap
- Because We Built It
- And the Rain
- Street Light
- Combine
- Keep Pushing On
- Touchdown
- Time to Die
- Bennington
- Rights for Gays
- Do Your Best
- Maniac
- I Hate Anti-ChristH
- Cop Killer
- Just Wait Till Next Year
- Hymn to the Mother of God
- Pets
- Believer