Un’entrata stupefacente quella del gruppo di Düsseldorf, discesi in modo meccanico con le loro tute illuminate di verde dalla sinistra dell’Anfiteatro Ernesto De Pascale fino ad arrivare sul palco, mentre la voce del fondatore del gruppo, Ralf Hütter, modificata dal vocoder, dopo l’introduzione “… Die Mensch Maschine Kraftwerk” inizia più volte a contare in tedesco fino a otto per dare il via allo spettacolo.
Così è iniziato il live del 7 luglio a Firenze, facendo intuire da subito al pubblico che gli effetti visivi, caratteristici dei Kraftwerk, la band riconosciuta da sempre come pioniera della musica elettronica, nella quale è rimasto ormai un solo membro del gruppo originario, Ralf Hütter, non avrebbero deluso gli spettatori. Preso posto ognuno al proprio desk contornato da un filo luminoso dello stesso colore della tuta, così come il colore della pedana, mentre sullo schermo retrostante viene proiettata una sequenza di numeri, il gruppo inizia con il pezzo “Numbers / Computer World”.
Effetti visivi costituiti da cifre che si muovono ondeggiando sullo schermo in modo sincronizzato con la musica, chiaro riferimento ai primi monitor dei pc con fosfori dello stesso colore, espansioni numeriche visive che vanno in parallelo con le espansioni sonore udite dal pubblico. Il testo del pezzo, pur datato (1981), è tremendamente attuale e pone l’attenzione sul problema dell’uso dei dati personali, che traversano tutte le tematiche umane: “crime, travel, communication, entertainment …” facendo intuire come molte istituzioni pubbliche e private usino, in modo più o meno lecito e consapevole da parte nostra questi dati per scopi che non sempre sono chiari.
Verso la chiusura del pezzo i colori sullo schermo mutano, ricordando la seconda epoca dei monitor a fosfori: quella color ambra, anche qui con i colori delle tute, dei desk e della pedana, perfettamente sincronizzati con questo nuovo colore.
Nel secondo pezzo, “It’s More Fun to Compute / Home Computer”, sempre di riferimento informatico, i colori rimbalzano come i suoni e la proiezione a questo punto prevale sulle figure dei musicisti. Scansioni ritmiche potenti, melodie in tono minore che si basano sulla scalata di semitoni e ricordano il concerto BWV 1056 di Johann Sebastian Bach, arpeggi in salita, tutto questo impone all’ascoltatore un senso di compulsività. Alcuni suoni ricordano vetri che si spezzano e grazie alle colorazioni che appaiono in contemporanea sullo schermo quasi istintivo è il riferimento ai vetri di Murano. Il pezzo si chiude con violini synth e una colorazione verde per poi riprendere il ritmo iniziale.
È il terzo pezzo che suscita l’entusiasmo degli spettatori: “Spacelab”. L’astronave, nella quale tutto il pubblico sembra essere all’interno, sorvola la Terra mentre si odono suoni epici; sulla consolle di guida vecchie memorie di massa a nastro tipiche dei grandi mainframe anni ’80, mentre sulla linea dell’orizzonte si ingrandiscono satelliti artificiali attuali, quindi la Terra sempre più da vicino, l’Italia e infine Firenze stessa. Mentre i suoni di sottofondo lavorano sui cutoff l’astronave, visualizzata a questo punto dall’esterno come un disco volante dei vecchi film di fantascienza, prima sorvola piazza del Duomo a Firenze, poi atterra proprio di fronte al palco dove i Kraftwerk si stanno esibendo.
Lo spettacolo prosegue avvincendo sempre più il pubblico: “Airwaves / Tango”, un pezzo musicale ampio, con melodie maggiormente definite, musica di respiro con suoni anni ’80, dove il ritmo serrato fa risaltare maggiormente l’immobilità dei musicisti sul palco; “The Man-Machine”, dove il colore rosso prende il sopravvento insieme a un ticchettio che fa da innesco per rimbalzi di suoni, prima acuti poi bassi, mentre Hütter inizia a scandire un “machine” in inglese e un “maschine” in tedesco, che divengono ossessivi grazie a pezzi tridimensionali che si muovono sullo schermo insieme alla musica, alle continue modulazioni e alla chiusura con “machine”; “Electric Cafe“, pezzo che si potrebbe definire neoespressionista, con arpeggi che salgono in modo random e che ben potrebbe essere la colonna sonora per un film di un redivivo Fritz Lang.
Il pezzo forte è però “Autobahn”, anche perché uno dei più conosciuti del gruppo tedesco. Un video che nella sua semplicità di disegno, quasi didattica, consente all’ascoltatore di concentrarsi maggiormente sulla musica mentre idealmente si percorre un’autostrada, con cambi di velocità, cambi di direzione, visioni alternate fra parabrezza e specchio retrovisore, con due tipi di auto, una Volkswagen Typ 1 e una Mercedes, e le loro alternanze. Un ritmo possente percorre tutto il pezzo, i suoni suscitano le sensazioni di auto che sfrecciano, di clacson, di altri rumori della strada.
È qui che la statura artistica dei Kraftwerk si mostra veramente: non suoni uguali, magari campionati dai suoni reali, ma sonorità musicali che richiamano alla mente i suoni reali. È in questo pezzo che si possono riconoscere i pionieri della musica elettronica con riferimenti molto forti a Karlheinz Stockhausen; un’avanguardia meno “classica”, ma non certo meno importante, anche per un aspetto poco conosciuto al grande pubblico: l’influenza di questo gruppo nella realizzazione di un senso di identità culturale nella Germania post seconda guerra mondiale. A un certo punto il pezzo riprende il ritmo iniziale, incalzante, sullo schermo si vede un’autoradio che viene sintonizzata e dalla quale sembra provenire la musica, l’auto esce dall’autostrada e il pezzo termina fra gli applausi del pubblico.
Si passa a “Computer Love”, colori viola e rosso che fanno da sfondo a un ritmo ossessivo, il testo che scorre dietro il gruppo e una melodia che si ripete a oltranza; quindi “The Model”, nel quale sulle immagini di sfilate di moda prevale il cantato e un accompagnamento con suoni bassi di clavinet; “Neon Lights”, con un inizio a volumi più bassi, un pezzo melodico e sognante, con la musica che per sfondo ha tutto un panorama mutante di insegne al neon di vari colori, il canto prima in inglese e poi in tedesco.
Si arriva a un altro pezzo importante per il messaggio contenuto: “Geiger Counter / Radioactivity”. Un pezzo musicale caratterizzato dai battiti che accelerano sui quali poi compaiono tutti i nomi dei luoghi ove sono avvenuti incidenti nucleari; a tratti il simbolo del pericolo nucleare. Si chiude con segnali Morse che sulle prime sembrano un lontano CQ CQ di qualche radioamatore, per poi definirsi nel messaggio “R-A-D-I-O-A-C-T-I-V-I-TY” mentre si visualizza “STOP RADIATION” finendo con la visualizzazione di 4 atomi, quasi a rappresentare gli stessi Kraftwerk, atomi con un protone e quattro elettroni, quindi un elemento chimico inesistente in natura, qualcosa di nuovo, qualcosa che rappresenta quel che è stato il gruppo musicale in quel determinato periodo storico.
Altro pezzo forte, sia musicalmente che per la parte video, “Tour de France 1983 / Prologue / Tour de France Étape 1 / Chrono / Tour de France Étape 2”, una vera storia videomusicale; è un pezzo di respiro, che rapisce anche grazie alle immagini originali che scorrono sullo schermo, che propone un contrasto molto forte fra i ciclisti che corrono e i Kraftwerk che rimangono immobili mentre Hütter simula il respiro del corridore. Il pezzo è molto complesso, con cambi di ritmo, avvincente.
Ancora un pezzo ampio, “Trans-Europe Express / Metal On Metal / Abzug”, dove la tecnica di rappresentazione musicale è simile a quella di “Autobahn”: ritmi che ricordano veramente il treno, anche qui le sensazioni sono rese da pattern elettronici e non campionati, con il pregio di non costituire una semplice copia, ma di stimolare l’ascoltatore nel ricordo, che risulta così cangiante e persone, mentre il pezzo finisce con sonorità di respiro epico.
Andando verso la fine “The Robots”, il pezzo che ha reso famosi i Kraftwerk a livello mondiale per il loro look e che scatena il pubblico a lato del palco, nel quale anche due fan vestiti con colori rossi come nel video, con cravatta rossa luminosa. Quindi “Planet of Visions” e “Boing Boom Tschak / Techno Pop / Music Non Stop”, con l’ultimo pezzo molto scandito, note e simboli musicali proiettate in espansione a rappresentare contemporaneamente la chiusura del concerto, ma anche una sorta di apertura verso il futuro. Nessun bis, con la risalita del gruppo sul sentiero che collega il palco al livello del terreno circostante.
Che dire? I Kraftwerk sono stati dei precursori non solo per l’uso della musica elettronica, ma perché con queste nuove sonorità hanno saputo reinventare un modo di far musica, precursori e sperimentatori anche per una tecnologia che ha suggerito a molti artisti nuove possibilità espressive. Quello che li ha contraddistinti e li contraddistingue ancora non è tanto il setup, quanto come questo setup viene esternato visivamente al pubblico, con un alone di mistero, ognuno di loro davanti a un desk anonimo, niente tastiere, niente potenziometri, niente slide, solo un desk con il profilo luminoso che si illumina in sincronia con il bordo del palco; i musicisti pressoché immobili ed è proprio la loro immobilità che fa spettacolo.
Questa è la loro caratteristica che rimane attuale, perché pensare ai Kraftwerk ancora come alla formazione che usa vari strumenti elettronici inusuali e in modo innovativo sarebbe sbagliato; anche per loro il tempo della sperimentazione è finito. Le tecnologie che loro stessi hanno contribuito prima a sperimentare e poi a far conoscere agli altri musicisti oltre che al pubblico, li hanno ormai sopravanzati. Un piccolo sguardo al setup del gruppo, costituito da Ralf Hütter, unico componente originario, e da Fritz Hilpert, Henning Schmitz, e Falk Grieffenhagen.
- Ralf Hütter utilizza una workstation a tastiera e, di fatto, è l’artista che si accolla le parti melodiche e di canto, utilizzando, ed è la caratteristica del gruppo, non un vocoder hardware ma un plugin Virsyn Matrix.
- Fritz Hilpert utilizza una Native Instruments Maschine Mk1 dalla quale fa partire pattern e campionamenti, grazie anche a un iPad con un’interfaccia custom. Grazie a uno schermo e una piccola tastiera con trackball controlla i vari parametri pilotando anche una DAW su pc. Gli effetti che si sentono in pezzi come Autobahn sono possibili grazie a un Doepfer ribbon controller.
- Falk Grieffenhagen usa un Keith McMillen QuNeo MIDI controller e due touch screen; inoltre ha due piccoli monitor uno dei quali serve a controllare la scena, e una tastiera da pc.
- Henning Schmitz utilizza una Novation Zero SL MK1, un Numark Orbit Wireless 16 Pad DJ, e un controller MIDI a 25 tasti, con uno schermo collegato a una DAW che serve per le backing tracks senza le quali non sarebbe possibile ottenere tutti quei suoni.
Dal punto di vista della tecnologia musicale si può dire un’attrezzatura abbastanza standard per la musica elettronica, robusta, ottimale per non avere intoppi durante lo spettacolo. La genialità attuale dei Kraftwerk, non potendo più oggi parlare di innovazione e sperimentazione, è quindi la perfezione dello spettacolo, dove ogni componente è studiato nei minimi particolari per far immergere il pubblico nella loro visione musicale; in questo senso anche solo la discesa, prima dello spettacolo, lungo un sentiero, con le tute illuminate di verde, con lo sfondo degli alberi, è geniale. Uno spettacolo che andrebbe visto e rivisto più volte per poterlo apprezzare appieno in tutte le particolarità.
Articolo di Sergio Bedessi, foto di Francesca Cecconi
Set list Kraftwerk Firenze, 7 luglio 2023
- Numbers / Computer World
- It’s More Fun to Compute / Home Computer
- Spacelab
- Airwaves / Tango
- The Man-Machine
- Electric Cafe
- Autobahn
- Computer Love
- The Model
- Neon Lights
- Geiger Counter / Radioactivity
- Tour de France 1983 / Prologue / Tour de France Étape 1 / Chrono / Tour de France Étape 2
- Trans-Europe Express / Metal On Metal / Abzug
- The Robots
- Planet of Visions
- Boing Boom Tschak / Techno Pop / Music Non Stop