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“Lazarus”: Manuel Agnelli live Modena

Opera di arte vera, un grande classico che non ha smesso ancora di dirci quello che ci deve dire

Il musical “Lazarus” di David Bowie sbarca nel Bel Paese grazie a Manuel Agnelli che porta in scena la versione italiana dell’opera rappresentata a New York a partire dalla fine del 2015. La regia dell’opera è affidata a Valter Malosti, anima e direttore artistico della compagnia Teatro di Dioniso per quasi trent’anni, ma il suo curricula è garanzia di altissima qualità. Dal 29 marzo al 2 aprile 2023 lo spettacolo è stato rappresentato sul palco di Modena, al Teatro Storchi, ed è stato un vero successo di pubblico e di critica. Il tutto meritato.

Non sarà una semplice sviolinata. Chi scrive, lo confesso subito, è andato in sala con molti pregiudizi. Lo dico subito, così fan accaniti e, forse, lo stesso Agnelli, sorridendo, potrebbero anche decidere di proseguire nella lettura. Me ne sono andato da Modena, infatti, molto soddisfatto. Ho fatto, poi, i complimenti, sinceri, di persona ad Agnelli, per la bellissima versione di “Heroes”. Allo stesso tempo, c’è da inchinarsi a chi ha deciso di mettere su un palco una giovanissima Casadilego (Elisa Coclite, vincitrice della XIV° edizione di X-Factor) che ha quasi rubato la scena ad Agnelli. Insomma, me ne sono tornato a casa davvero molto contento.

Casadilego

Fedele a quanto mi ha insegnato Gianni Clerici, mi permetto di raccontarvi un po’ quello che di certo non avete visto. Il resto, e cioè la scaletta – fedele al musical originale, senza variazioni, e senza aggiunte – non ve la sto a spiegare. Come d’altronde la storia, presa dal romanzo di Walter Tevis “L’uomo che cadde sulla Terra”(autore anche di “La regina degli scacchi”, per dire…), e che racconta la storia del suo protagonista dieci anni dopo le vicende narrate nell’opera letteraria. Fin qui tutto quello che sappiamo, oltre all’omonimo album uscito, della vicenda legata all’ultima fatica del Duca Bianco, e i rimandi e riferimenti, oltre che al romanzo, alla biografia del Nostro.

Manuel Agnelli

Il resto, è non vi tedierò troppo, è stata bellezza. Tanta bellezza. E non era una cosa semplice, anzi. Primo perché l’opera non è di facile comprensione, semplice o immediata. Cosa abbiano capito e colto i bambini e le bambine in sala me lo sto chiedendo dalla fine dello spettacolo… Ma questo è il prezzo da pagare alla mediaticità di X-Factor. Poi per carità, onore ai genitori che portano i pargoli a vedere una bomba come “Lazarus” di Bowie, nella versione di Agnelli, anziché lasciarli davanti ad altri talent disastrosi. Secondo, tanta bellezza perché l’allestimento è minimale (si fa per dire), con band ai lati del palco, una pedana gigante e girevole al centro; Agnelli vestito come il Dracula di Bram Stoker dopo una giornata a succhiare il sangue per le vie di Londra (prima di tornare in patria). Terzo, tanta, ma davvero tanta bellezza, per la bravura di Casadilego, che non sbaglia nulla. Quarto, tanta bellezza vera, e dunque arte pura, per le versioni che Agnelli mette in movimento di classici come “Heroes”, “The Man Who Sold the World” (e farla senza minimamente rimandare ai Nirvana è davvero da grandi sapienti di musica), “Life on Mars” (cantata magistralmente da Casadilego), e “Love Is Lost” e “Absolute Beginners”.

Dario Battaglia, Michela Lucenti

Insomma, fatemelo dire, Agnelli prende in mano, nel momento di sua massima fama mediatica (quella artistica è da un pezzo che c’è), un’opera di non facile fruizione, e di non facile gestione, e la plasma a sua immagina e somiglianza; e così la fa sua con il massimo rispetto possibile. Non mette neppure nulla di suo (intendo canzoni) alla fine, neppure come eventuale bis strappa applausi. Davvero un lavoro di grande rispetto. Questo, sinceramente, è l’aspetto che più mi è piaciuto, e che mi ha fatto andar via tutti i pregiudizi con i quali ero partito da casa. Ripeto, non certo per il suo valore d’artista, ma per la mediaticità cercata e voluta con l’operazione X-Factor. Ma se questa viene utilizzata per dare vita a progetti di questa portata, allora ben venga. Lo spettacolo, poi, appare già ben rodato, e mi auguro di poterlo rivedere fra qualche replica in giro per lo Stivale, perché a mio avviso certi meccanismi saranno ancora meglio oliati, e non potrà che guadagnarci la tenuta d’insieme della rappresentazione.

Casadilego, Manuel Agnelli

Detto questo, veniamo allo spettacolo. Agnelli non è mattatore. Anzi. La scena, come dicevo, gli viene quasi rubata da Casadilego, che canta da sola, e duetta con il Nostro con grande maturità. E lui, con altrettanta grande classe, non solo lascia fare, ma sostiene, incoraggia e lancia sul palco una voce che non è affatto banale, non è solo televisiva, ed è capace di far commuovere, su un grande classico come “Heroes”, cantato a due voci, che diventa non più un pezzo veloce, rock e con quel suono ripetitivo, ma un canto fumoso, lento; una preghiera che chiude uno spettacolo dove la speranza, nominata solo sul finire dell’opera, sembrava destinata a non trovare casa. Così, ancor più, il valore simbolico di quella canzone, diventa canto di liberazione. Vale lo spettacolo, e fare della strada, solo per vedere e sentire questo finale. Ma sarei anche disonesto nel dirvi che c’è solo questo di bello. Non è affatto vero.

Tutta la compagnia funziona bene. Il gioco dello schermo/palco, quanto meno all’inizio, è perfetto, e la confusione fra realtà e video diventa reale. Per almeno 15 minuti resto davvero convinto, come molti, che ci sia uno schermo vero in scena. Un effetto ben riuscito. Allo stesso tempo Agnelli dimostra non solo di saper fare quello che sa fare al meglio, stare sul palco da rock-star, e da cantautore, ma anche da attore. Si muove in modo disinvolto, recita bene, ed è molto credibile nelle parti in cui follia, immaginazione e realtà, il tutto frullato nella mente del protagonista, lo tengono in scena da solo. Insomma, gli applausi sono meritati, e devo dire che ho notato un certo stupore negli occhi del glaciale Agnelli che, salutando alla fine, un poco sembrava essere commosso dal successo dello spettacolo. Come sono stati caldi e intensi gli applausi per Casadilego, che se li è meritati tutti, dal primo all’ultimo. Nella finzione, sembra davvero arrivata dalla cameretta di casa, o dalla mente di un uomo solo. È in tuta da ginnastica, in scena, senza tanti orpelli, solo con i suoi capelli verdi. Ma questa ragazza non deve temere niente e nessuno perché tutta la sua forza è in quella voce capace di andare su, giù, modulare e far volare via. Non è banale. Non grida. Non sforza. Canta, e lo fa in modo meraviglioso. Ogni brano che tocca con la sua voce lo trasforma. E questa è la magia vera dello spettacolo: Agnelli, e con lui i musicisti e i cantanti e, dunque, la stessa Casadilego, accettano la sfida. La vincono. E ne possono andare fieri. Hanno trasformato ciò che era già arte, in un’altra opera d’arte.

Manuel Agnelli, Camilla Nigro

A voi, ora, non resta che andare a vederlo. Perché è un’opera non facile da trovare in giro; e perché il rischio di avere la solita grande produzione americana che arriva in Italia, modello cioccolato e bibite date dai soldati ai poveri paesani dopo la guerra, è scampato. Qui c’è l’opera di un grande classico, Bowie, che non ha smesso ancora di dirci quello che ci deve dire (come sostiene Calvino), e che è stata presa in mano da chi sa ben raffinare musica, testi e parole. Non da un chimico da strapazzo che, poi, ci vende, strada facendo, merce scadente. Qui c’è arte vera, e per davvero.

Articolo di Luca Cremonesi
Foto di scena di Fabio Lovino

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