È atterrato di nuovo a Firenze l’aereo de Les Negresses Vertes, lo abbiamo visto planare inaspettatamente sabato scorso sulla pista dell’Auditorium Flog. Il 14 febbraio 2020 c’erano ad attenderlo in sala d’attesa circa quattrocento persone, un’età media superiore ai quarant’anni, cioè il minimo sufficiente per ricordarli esplodere sulla scena internazionale sul finire degli anni Ottanta, aprendo un filone di contaminazione che avrebbe raggiunto diversi angoli d’Europa e anche oltre.
Sono gli anni in cui esordiscono in Francia i Gipsy Kings e i Mano Negra (più tardi seguiti dagli Zebda, dall’Orchestre National de Barbes o dagli Gnawa Diffusion, per fare alcuni esempi), ma la traiettoria de Les Negresses sbanda ancora di più rispetto agli altri, perché partendo dalla chanson française riesce a congiungere ritmi latini, tradizione gitana, Rock, Ska, Reggae, sonorità arabe, senza limiti ben definiti. Parte tutto da lì in quegli anni, da una Francia terra d’immigrazione più antica dove ventenni di origini diverse si mettono insieme per un contributo musicale che risulterà nuovo, rivoluzionario. La sua onda lunga arriverà nel nostro paese pochi anni dopo con formazioni come i Mau Mau, che nel 1992 escono con l’album “Sauta Rabel”, e quindi, in tono minore, con gruppi come la Bandabardò o i Modena City Ramblers.
L’aereo de Le Negresses arriva alla Flog condotto da ben sette piloti, anche una donna tra loro, ognuno nella sua postazione con mille strumenti nelle mani: tromba, trombone, batteria, basso, chitarra acustica ed elettrica, fisarmonica, tastiera e cembalo. Forse anche qualcos’altro. Al decollo inizia un baccanale di suoni e colori che raccontano in allegria e libertà storie di vita sofferente, marginalità, critica sociale.
Mi han chiamato Zobi ma se non ti sta bene chiamami come vuoi. La mouche dai mille occhi, avanti e dietro vedo, ora son fatti tuoi! Avanti e dietro vedo che non mi va d’incontrare guai. La natura del mio mestiere è fare centro dentro e infastidire tutti voi.
Balliamo schiacciati tra i sedili del veivolo che ci porta a sorvolare il grande Mediterraneo, mare illuminato di colori che congiunge lingue e città. Les Negresses ci propongono una panoramica completa sul loro repertorio, le più conosciute “C’est pas la mer a boire”, “L’homme del Marais”, “La valse”, “Famille heureuse”, “Voilà l’eté”, “Hou mamma mia” e “Sous le soleil de bodega”. Di quest’ultima, durante l’inevitabile bis finale richiesto da un pubblico rumoroso e coinvolto, Les Negresses ci offrono una versione che plana sulla musica elettronica pura, un tratto che ha caratterizzato la loro carriera più recente, quando i loro brani sono stati remixati da collaboratori illustri quali Massive Attack, Clive Martin & Andy Wright e Kwanzaa Posse.
Quando usciamo, il sudore sulla schiena, ci verrebbe da dire che potrebbe essere tutta musica nata l’altro ieri, non trent’anni fa, da proporre senza esitazioni anche ai giovani d’oggi. Forse siamo vecchi ed è la nostalgia che parla, ma la voglia di capire cosa ne penserebbero ci rimane.
Articolo e foto di Marco Zanchetta