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Loreena McKennitt live Roma

Una favola sospesa nel tempo quella raccontata dall’artista canadese all’Auditorium Parco della Musica

“The Mask And Mirrors” compie trent’anni e conferma un dato di fatto: i capolavori non hanno età; non scoloriscono col tempo, non funzionano meno, non hanno minor presa. E questa è solo una delle considerazioni, forse scontate, che emergono al termine del perfetto show che Loreena McKennitt ci ha regalato il 22 luglio presso l’Auditorium Parco Della Musica, a Roma.

Come per il precedente tour (ho ancora negli occhi e nelle orecchie la splendida performance di Brescia) l’artista canadese decide di presentare una scaletta bipartita: nella prima parte una selezione di classici pescati da tutta la discografia, e nella seconda “The Mask And Mirrors” in versione integrale, dalla prima all’ultima traccia. 

Non credo esista una opener più efficace di “All Souls Night”, così coinvolgente e potente, con quel ritornello che ci eleva su, oltre le sfere del sublime. “On A Bright May Morning”, pescata da “The Wind That Shakes The Barley”, ci conduce nelle atmosfere fatate dell’Isola Smeralda, accarezzandoci dolce nei suoni e nelle immagini. Di solito nei concerti la band inizia a carburare più o meno al terzo brano; ma qui non c’è nulla da carburare, l’ensemble è partito affilatissimo e performante dalla prima nota, con un approccio a dir poco micidiale.

La serenità con cui Loreena McKennitt e i suoi musicisti affrontano la prova live è incredibile: sorridono, si cercano con gli sguardi e con gli accordi, s’inseguono nei tempi pari e dispari, godono di ogni fraseggio e rendono gli stacchi un gioco; lo fanno con una semplicità inconcepibile rispetto alle difficoltà tecniche che mettono in campo. Come in “The Gates of Istanbul”, quando ci trasportano in una desertica notte blu scuro a dorso di cammello, guidati dal bagliore delle stelle nel cielo.

Si resta nel mondo di “An Ancient Muse” con “Penelope’s Song”, una ballata piano e voce dalla melodia struggente, in cui Loreena dà voce a tutte le Penelope del presente e del futuro, in eterna attesa di un ritorno. “Ages Past, Ages Hence” è un altro di quei brani a cui la sessione percussiva fa davvero la differenza; mentre la deriva strumentale di “Marco Polo” si trasforma in uno dei picchi assoluti dell’esibizione, sfociando in uno sbalorditivo Irish-Oriental-Progressive. Dietro di me un giornalista dice al suo vicino Sul palco ci sono sei mostri. E, nell’accezione più positiva del termine, è assolutamente vero. Impressionanti. Inizio a pensare che Hugh Marsh e il suo violino (un tutt’uno) siano elementi alieni, mentre Caroline Lavelle sia una sorta di apparizione divina.

“Spanish Guitars And Night Plazas” è memorabile, “The Lady Of Shalott” iconica, e la chiusura della prima parte è affidata a una “The Old Ways” che rinnova la sua potenza espressiva. Il concerto potrebbe essere finito, sono appagato, ho avuto già tanto… eppure, in teoria, non è neanche iniziato. Eh no, perché sto assistendo a una tappa del trentesimo anniversario di “The Mask And Mirrors”, ma da quel capolavoro non hanno ancora suonato una singola nota. Quindici minuti volano, e lo show entra nella zona calda.   

“The Mystic’s Dream” è scevra del suo evocativo coro gregoriano ma, anche se meno imponente, provoca comunque il suo effetto. “The Bonny Swans” è uno dei brani più popolari di Loreena e viene accolto da un grande applauso, che si trasforma in ovazione durante i micidiali botta e risposta fra chitarra e violino. Si torna nell’intimo con “The Dark Night Of the Soul”, e quel viaggio interiore appena seminato riprende a muoversi negli spazi mediorentali con “Marrakesh Night Market”.   

“Full Circle” è notevole: una preghiera profonda, una domanda universale che parla della nostra tendenza naturale al divino; ma passa leggermente in secondo piano perché metà del parterre sa quale sarà la canzone successiva: “Santiago”. E l’Auditorium esplode, la gente si alza, inneggia, canta e danza, le movenze delle donne si fanno morbide e suadenti, i sorrisi sono pieni, come lo è il cuore. “The Two Trees” è a dir poco accorata, e anche gli ultimi occhi che hanno resistito all’emozione si fanno lucidi.

La McKennitt è prima di tutto una grande narratrice, una rievocatrice di storia e personaggi… e la chiusura con “Prospero’s Speech” ne è l’ennesima dimostrazione. Si presenta di fronte al microfono non più come se stessa, ma al pari di una Sacerdotessa. Apre un testo fra le mani, legge e inneggia, canta e benedice. La richiesta di libertà di Prospero si fa richiesta di liberazione per tutti noi, schiavi dei nostri demoni e dei nostri problemi.      

La band saluta, sappiamo tutti che torneranno in scena per un bis che si rivelerà bello corposo. Una parte di me riesce a goderselo, ma l’altra metà è troppo triste per farlo. La magia sta finendo.
Raggiungendo in solitaria la mia macchina nella notte romana, ascolto ancora risuonarmi dentro la voce di Loreena, che all’età di 67 anni è capace di spazzare via in un solo vocalizzo tutte le belle speranze e i precari tentativi di tre quarti degli artisti attualmente in giro. Perciò vi chiedo perdono in anticipo (e mi appello al vostro buon cuore) se mi concederò quest’ultima considerazione: Altra tempra, altro spessore.

Articolo di Simone Ignagni, foto di Daniele Bianchini



Set list Loreena McKennitt Roma 22 luglio 2024

  1. All Souls Night
  2. On A Bright May Morning
  3. The Gates Of Istanbul
  4. Penelope’s Song
  5. Ages Past, Ages Hence
  6. Marco Polo
  7. Spanish Guitars And Night Plazas
  8. The Lady Of Shalott
  9. The Old Ways
  10. The Mystic’s Dream
  11. The Bonny Swans
  12. The Dark Night Of The Soul
  13. Marrakesh Night Market
  14. Full Circle
  15. Santiago
  16. The Two Trees
  17. Prospero’s Speech
  18. The Mummers’ Dance
  19. Shche Ne Vmerla Ukraina
  20. Dante’s Prayer
  21. Tango To Evora
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