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Macy Gray live Padova

Ritorno sui palchi per la regina del Nu Soul

Era un mercoledì sera un po’ grigio, quello dello scorso 19 ottobre, a Padova. La temperatura, quel “né caldo né freddo” che non ti fa capire quanto coprirsi prima di uscire, col risultato che, poi, si ha o troppo caldo o troppo freddo. Una leggera foschia, normale per Padova in questa stagione, segnava la visuale a mezz’aria, lasciando appena scurito l’asfalto e inumidendo i cristalli delle macchine e le selle dei motorini e delle biciclette. Insomma, una sensazione di torpore, quasi invernale… si sarebbe volentieri rimasti a casa. Ma così facendo ci si sarebbe persi il calore del Gran Teatro Geox, perché lì, nel bel mezzo di quella serata uggiosa e umida, sul palco saliva Macy Gray.

Con ogni probabilità il calore che il Soul trasmette nel petto di chi lo sa ascoltare non può essere descritto. Non stupirebbe nessuno se qualche ardito studio accademico dimostrasse che il Soul è derivato da un qualche incantesimo voodoo volto a tingere il mondo di colori accesi, di capovolgere lo stato d’animo di chi lo ascolta da pessimo a rilassato, da far pensare che non tutto è perduto, che tutto sommato troveremo il modo di far andare tutto bene. Che la vita è bella, e che quel che conta è avere qualcuno vicino da poter chiamare amico, o magari amore.

L’effetto è quello, un tuffo in un’atmosfera intima e calorosa … che Macy Gray nell’ultima delle tre date del suo “Reset Tour” ha intessuto anche dal punto di vista fisico, visivo, sensoriale. Una regia luci essenziale e a toni chiari, di intensità soffusa, un leggero effetto fumé a creare un effetto soft. E poi la musica. Che è una cosa strana … che non trasmette sensazioni solo grazie alla sua composizione, al suo arrangiamento, alla sua interpretazione. Attiva ricordi fra le sue note, riporta la mente indietro, a momenti che si sono impressi nella nostra memoria, che hanno formato, in uno spicchio di spazio e di tempo, le nostre personalità. Per questo un artista non può esimersi dal riproporre i suoi grandi successi, per questo quella della cover è una vera e propria cultura che generi come Blues, Jazz e, certo, il Soul hanno sublimato.

Quindi Strange Brew rompe il silenzio sulle dita del “California Jet Club”, e non è un caso. La voce di Milly Wes da dietro la tastiera introduce il personaggio, la cerimoniere. Parla di lei fra i versi dei Cream, spiega la sua particolarità, la sua volontà di stare con noi in questo momento circoscritto e speciale, di starci davvero, di starci nel profondo.

E poi Macy Gray appare sul palco, dribblando nel suo abito luccicante da regina suburbana Alex Kyhn al basso, Tamir Barzilay dietro la sua batteria e Joshua Conerly, alle percussioni. La sua voce calda e un po’ roca, quella che tutti, proprio tutti, hanno sentito cento volte nella vita comincia a raccontare le sue storie.

Storie d’altri fatte sue come le cover, che a volte ti aspetti, come “Fly Me To The Moon”, altre volte inaspettate o quantomeno insolite, come “Nothing Else Matters” … ed è vero che dei Metallica è forse il pezzo più melodico, ma è anche vero che non la immagineresti comunque nel repertorio di una regina del Nu Soul come Macy Gray, e ti sorprendi a pensare che ci vuole coraggio a inserirla, subito prima di realizzare che ci vuole genio a ri-arrangiarla, perché la devi rivoltare sottosopra, stravolgere e trasfigurare… eppure eccola lì: “Nothing Else Matters” versione Nu Soul. Dal microfono di Macy suona naturale.

Macy segna i suoi primi passi sul palco del Gran Teatro Geox sulle note di “Glad you’re Here”, traccia di punta dell’album del 2007 “Big”, la prima delle storie sue dalla prima all’ultima lettera di quel 19 ottobre, e neanche questo è un caso. È un modo per dire benvenuti, o almeno questo è quello che arriva dal palco, e a pensarci un attimo è tutto quello che conta. Infatti il pubblico canta, partecipa, si sente coinvolto perché tutto è stato pensato per ottenere questo effetto, per trascinare e galvanizzare: per catturare.

E poi, il colpo basso.
Come si trasforma una necessità che potenzialmente spezza il ritmo come una pausa di stage in un boost per scaldare il pubblico al punto di ebollizione? Semplice: lasci qualcuno sul palco. E lo fai scatenare. Qui torna in scena quello che abbiamo presentato come Joshua Conerly, che qualcuno conosce meglio come YNG Josh. Che è un producer. Un ingegnere del suono. Ed è stato nominato per i Grammy Awards. E si dà il caso che sia un dj che definire bravo è l’eufemismo del secolo, e allora che fai, non gli dai una decina di minuti per sfogarsi? Ma certo, perché no?

Basta così?
Ma figuriamoci, perché al basso abbiamo anche Alex Kyhn, e dicono che nei meandri del Novecento sia esistito un tale di nome Freddy Mercury, che dicono sapesse scrivere canzoni piuttosto coinvolgenti. E allora un bell’assolo di basso sulle note di “We Are the Champions” dei Queen può essere un ottimo esplosivo. E infatti, quando Macy Gray rientra sul palco sulle note di “PTSD” il pubblico si è alzato dalle sedie ed è ammassato sottopalco, bello caldo e pronto a ballare. Cotto al punto giusto. La sessione che conduce al tramonto dello show è un galvanizzante melange di brani storici di Macy come “Do Something” e classici immortali della dance anni ’70, icone sonore di Rod Stewart, e un piccolo invito per due estemporanei cantanti scelti fra i più appassionati del pubblico sulle note di “No woman, no cry”. Nota a margine: l’umanità non riuscirà mai a fare un numero di omaggi a Bob Marley sufficiente a rendere una vaga idea della sua grandezza, e con ogni probabilità Macy Gray lo sa bene.

Poco meno di due ore dopo l’inizio, tutto era finito. Unica pecca, niente bis. Non è facile capire cosa spinga un’artista a non concedere il bis. Stanchezza forse. O preoccupazione per il tour che verrà. Oppure, concedendoci una virgola di consapevole provincialismo, forse il pubblico di un mercoledì sera uggioso in quel di Padova non urla “Bis” a tono sufficientemente alto per una superband californiana da hall of fame. Ma non è certo colpa del pubblico né dell’artista. Fosse stato un venerdì avrebbero con ogni probabilità tirato giù il teatro.

A chiudere il concerto, invece, è stato il brano “I Try”, che per Macy Gray è stata la rampa di lancio che l’ha proiettata sulla luna. Scontato? Oddio. Riflettiamoci. Se una canzone va in rotazione nelle radio per un’estate è un tormentone. Se ci va per un anno ti aspetti il disco d’oro. Se dura cinque anni entra nella storia. Ma se dopo ventitré anni dalla sua uscita ancora la senti in radio, è genio.

Articolo di Riccardo Cecconi, foto di Roberto Fontana

Set list Macy Gray Padova Gran Teatro Geox 19 ottobre 2022

  1. Glad you’re here
  2. Caligula
  3. Bad Boyz
  4. Murder
  5. Fly me to the moon
  6. Nothing else matters
  7. Still
  8. She ain’t right
  9. Sweet baby
  10. Witness
  11. Every Night
  12. Intermezzo
  13. PTSD
  14. Psychopath
  15. Do something
  16. Disco – Rod Stewart – Sexual – Mr.P
  17. I Try
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