Marlene Kuntz tornano sui palchi italiani con un tour autunnale che celebra 30 anni di attività e 20 anni dall’uscita dell’album “Ho ucciso paranoia”. L’atmosfera al Viper Theatre di Firenze, giovedì 3 ottobre 2019, è di quelle da grande occasione, con la gente venuta lì carica di aspettative e voglia di far festa insieme a uno dei gruppi rock più importanti degli ultimi anni.
È così che si attende l’entrata in scena dei Marlene Kuntz sul palco e, poco dopo le 21, eccoli entrare con un impeccabile outfit total black in camicia e pantaloni eleganti. Forse davvero, ci piace, sì ci piace di più, oltrepassare in volo, in volo più in là … Le prime parole di Cristiano Godano alla prima data del tour celebrativo per i 30 anni di carriera e i 20 del loro terzo disco in studio “Ho ucciso paranoia”, sono state proprio queste. È infatti a “Lieve”, uno dei loro cavalli di battaglia, che spetta il compito di iniziare la marcia trionfale di oltre due ore e mezzo che vedrà cimentarsi i ragazzi di Cuneo in un concerto doppio.
La prima parte dello show si svolgerà con un set acustico, mentre la seconda li vedrà immergersi in quel territorio elettrico che tanto bene sa accoglierli e nel quale vivono a loro agio da sempre. La scelta dei brani che ben si adattano a essere suonati e accarezzati così, svestiti di elettrico, è perfetta.
In un incedere inesorabile, la trama dei pezzi arriva a toccare vecchi e più recenti lavori dei piemontesi, che non perdono smalto e concretezza in queste vesti più leggere, conservando un’intensità invidiabile, impreziositi dalla presenza di “uno” con una capacità tecnica straordinaria, ovvero Davide Arneodo, (sodalizio peraltro già rodato anche in passato), che scivola con disinvoltura dal violino alle tastiere, dalle pelli ai cori, rivelandosi ingrediente prezioso della premiata ditta MK.
Si ascoltano, tra le tante, “Osja amore mio”, il cui testo tratta un tema tanto caro a Cristiano, ovvero quello della libertà, della libertà personale, intellettuale soprattutto, che purtroppo i regimi hanno spesso tentato con ogni mezzo di reprimere, allorquando la voce dell’artista venisse ritenuta non adeguata ai valori e agli ideali di quel preciso soggetto politico al comando.
Si susseguono in ordine sparso “Sapore di miele”, “Notte”, “La canzone che scrivo per te”, la fortunata e struggente ballad che interpretano con Skin nella versione in studio, passando per “Bellezza” e “La lira di Narciso”, tratte da “Bianco Sporco” del 2005, andando a pescare davvero con una rete a maglie molto strette nel vastissimo repertorio accumulato in ormai tre decenni di prolifica attività.
Godano non omette di introdurla attraverso un discorso sul suo profondo significato e sul concetto di libertà che ancora ai giorni nostri, anche in Italia, c’è bisogno di preservare e dover difendere, estraendo dal cilindro questo argomento tanto delicato e per nulla scontato, riaffermando la maturità e il coraggio raggiunti da un gruppo di uomini, prima che musicisti, decisi a schierarsi apertamente per lanciare un messaggio di fondamentale importanza, mai da sottovalutare o da dare per scontato. Pregevole.
Sfilano sinuosi i pezzi sul palco accompagnati dalle immagini sullo sfondo, perché lo spettacolo è arricchito anche da una parte visuale onnipresente e molto efficace, a contornare i pezzi eseguiti dai cinque artisti, che si dimostrano efficacissimi anche sotto questo aspetto, esibendo una cura estrema del dettaglio, nel menù che hanno da offrire al proprio pubblico.
Finisce con “Musa” la prima parte dello spettacolo, lasciando agli astanti giusto il tempo per un passaggio in bagno, una birra magari, e quattro chiacchiere su ciò che si è appena visto e sentito sul palco, mantenendo alto l’hype per la seconda e, forse più attesa, metà dello spettacolo.
Si riparte.
Ha 20 anni, e pare impossibile. Un disco iconico, inossidabile. “Ho ucciso paranoia”, incalza subito, così come lo si conosce, con “L’odio migliore” che viene sparata addosso al pubblico in trepidante attesa di lasciarsi avvolgere dal suono distorto e magistralmente eseguito dai Marlene, e forse la sola cosa a ricordarci che sono trascorsi così tanti anni, è il video del pezzo stesso proiettato alle loro spalle, con un Godano “sbarbato” protagonista davanti a uno specchio, alle prese con un tormentato se stesso. Lo meritava davvero è tutto ciò che so, mi torturava non mento e non puoi dirmi di no, recita il suo ritornello rabbioso.
Passano in rassegna tutti i pezzi del disco in rigoroso ordine di traccia (mancherà all’appello soltanto “Il naufragio”), e ti ritrovi sotto il palco a prenderti in faccia la prepotente rabbia di “Le putte”, per poi lasciarti accarezzare dalla poesia di “Infinità”.
E quando senti cantare vieni a farti vela in me, e portami con te, c’è un soffio di vertigine che ci sospingerà, sai esattamente che Cristiano Godano è un vero fuoriclasse della scrittura. Se mai ci fosse bisogno di ricordarlo.
Ci si continua a perdere dentro le suggestioni di quella perla che è “Ineluttabile”, per giungere alle remote sponde di “In delirio”, violenta e ruvida, con il suo finale in contro tempo, che parte appena dopo un urlo che è disperazione: vago nel folto di fronde in delirio!. Il bravissimo Luca Bergia lo esegue, ancora una volta, magistralmente, dimostrando di essere in piena forma dopo la tendinite che fece sospendere il tour durante l’estate appena conclusa.
Ma ai Marlene piace ricordare ai presenti quanto numerosi siano i pezzi da loro scritti, e scritti veramente bene aggiungo, che si sono meritati un posto speciale nella loro produzione, perché attingono qua e là da tutti e 30 i loro anni di carriera e ci regalano ancora brani del calibro di “Il genio (L’importanza di essere Oscar Wilde)” o “A fior di pelle”. C’è spazio anche per un’altra cover in scaletta, ed è quel tesoro di “Impressioni di settembre” della PFM, prima che si giunga al richiestissimo bis.
Senza disattendere le aspettative piomba negli amplificatori un super classico come “Nuotando nell’aria”, che sa di regalo al miele per i vecchi fan, e quella grande bordata finale, sontuosa e potente, suonata ancora una volta sempre diversa da se stessa, di “Sonica”, che termina con una lunghissima coda noise/psichedelica, trainata dalla sessione ritmica Bergia/Lagash fino alla fine del concerto, dopo oltre due ore e mezzo complessive di invasione acustica agrodolce.
Alla fine è un applauso continuo da parte di tutti, una consacrazione universalmente riconosciuta (tra l’altro sono stati premiati proprio al MEI 2019 con il Premio Ciampi alla carriera) per il loro contributo in tutti questi anni.
Per chi segue i Marlene Kuntz da oltre vent’anni esserci stati ha avuto un sapore speciale davvero, e riascoltare “Ho ucciso paranoia” suonato così per intero, ti riportava al 1999, a ricordare in quali altri luoghi avevi già ascoltato quei pezzi e quanto quella musica sia stata colonna sonora di una vita. Una nostalgia struggente, carica di affetto, di ricordi e di riconoscenza verso questi musicisti che, sul palco, sono ancora meglio di quelli di allora.
Godano, eccellente chitarrista, sfoggia anche un controllo vocale pazzesco, modulando la sua voce dai toni più sussurrati agli urli più strazianti, senza mai perdere d’intensità o di potenza (per inciso, non ha praticamente mai bevuto durante il concerto e questo la dice molto lunga su quanto sia migliorato tecnicamente), Bergia alla batteria (e ai cori) è un metronomo di una precisione infallibile, e il basso di Lagash ti piomba nella pancia dritto e deciso come una spada; Arneodo si cimenta ad altissimi livelli con qualsiasi cosa gli capiti a tiro da poter suonare, non tralasciando nemmeno la parte dei cori.
E infine c’è Riccardo Tesio, che lascio volutamente per ultimo, perché quel che fa lui merita un posto d’onore. Tesio è un fenomeno silenzioso, non salta certo agli occhi quando è sul palco, non prende mai la scena, quando li guardi. Ma se tu staccassi il suo jack mentre suonano, i Marlene non sarebbero più gli stessi. È la sua chitarra a fare la differenza, è lui che ti fa sentire quei dettagli che rendono ogni pezzo immediatamente riconoscibile, gli intrecci e l’intesa che ha con Godano sono ormai indissolubili, ed è veramente elegante nel suo stile e nella sua precisione. Uno così lo vorresti avere sempre nel tuo gruppo, una certezza.
La serata si conclude, e si torna a casa con la gente che sorride, distesa, a commentare la bravura di questi ragazzi cresciuti con loro, ormai uomini esperti, musicisti solidi e talentuosi, che hanno accompagnato con la loro musica, in volo libero, “gli anni andati ormai”, augurando a loro, ma anche a tutti noi, di poterne godere “ancora e ancora, finché lo vuoi”, per i molti anni a venire.
Articolo di Alessio Pagnini, foto di Francesca Cecconi
Set list Marlene Kuntz Firenze 3 ottobre 2019
Prima parte acustica:
- Lieve
- Ti giro intorno
- Notte
- La lira di Narciso
- Osja amore mio
- Bella ciao
- L’artista
- Spore di miele
- Fantasmi
- Musa
Seconda parte elettrica:
- “Ho ucciso paranoia” in ordine di scaletta, (tranne “Il Naufragio”)
- Impressioni di settembre
- Il genio (l’importanza di essere Oscar Wilde)
- La canzone che scrivo per te
- Bellezza
- A fior di pelle
Bis:
- Nuotando nell’aria
- Sonica