Un oceano umano si è riversato a Firenze da tutta Italia, e anche dall’estero. Un oceano che ha sfidato qualsiasi avversità per essere lì, e a ragion veduta. È stato un concerto memorabile, incredibile, che resterà piantato nei cuori di tutte le mila-mila persone nell’arena.
Partiamo dall’antipasto, i Greta Van Fleet. Ecco, protestiamo con il cameriere, che se lo riporti indietro. Un’ora e 15 minuti di roba vecchia fritta e rifritta, senza neanche cambiare l’olio. Fine della recensione del concerto degli opener.
Alle 21.30 puntuale il live dei Metallica esplode, partono i due classici intro, la tensione sale vertiginosamente, il pogo inizia subito, ed eccoli, sono loro, per la prima volta a Firenze: James, Kirk, Lars, Robert. Difficile raccontare questa esperienza, ero emotivamente molto coinvolta, si parla uno dei gruppi seminali della mia essenza rock (visti per la prima volta nel febbraio 1984 a Milano – “Kill’em All” acquistato nel 1983 pubblicato su Music for Nations).
Le quinte sono i maxi-schermi, come sempre, che rimandano però soltanto loro, niente inquadrature sul pubblico. Bene, io, noi, siamo lì per vedere loro, non scene narcisistiche. Questa è la cifra, chiara, del rapporto band-fan: vero, nessuna ruffianata, nessuna falsità, nessuna stuccheria, ma strette di mano, sorrisi, e, come vedremo, veri saluti. La scenografia pure è semplice ma d’effetto, dei blocchi aggregati che contengono schermi, dove verranno proiettate immagini varie e diverse, disegni, copertine, e vecchi spezzoni della band da giovane (passa anche Cliff Burton, ovviamente). Qualche fiammata a metà palco, stop. Ci sono loro, la musica.
Due bracci si protendono dal main stage per sfociare su una piattaforma dove ci sono piazzati tre microfoni, e una seconda batteria. È lì che si dirigono appena entrati, ed è letteralmente in mezzo al loro pubblico che vogliono essere per aprire le danze. Si attacca con “Whiplash”, le intenzioni sono chiare, la guerra alla musica dei compromessi è dichiarata. Per “Harvester of Sorrow” recuperano il palco grande, dove sono piazzati 5 microfoni, di cui due agli estremi delle pedane laterali, quelle sotto i maxi-schermi. James si muoverà a cantare da tutti i microfoni, inclusi i tre sulla piattaforma, permettendo a tutti, indipendentemente dalla posizione nella bolgia, di averlo vicino, così come Kirk che si muoverà scambiando posizioni opposte. Robert pure si muoverà, ma restando in situazioni centrali, e Lars resterà alla batteria primaria, pur alzandosi spesso per colpire i tom.
Sempre vicini, sempre sorridenti, sempre a guardare davvero negli occhi le persone più vicine, sempre presenti e sinceramente coinvolti nello show (cosa che non si può dire da altri mega headliners che li hanno precedute nelle serate precedenti). Sembrava che ti vedessero, che ti ringraziassero di esserci. L’unico momento senza sorrisi di Kirk è stato per “Fade to Black” (durante la quale, ammetto, ho pianto), e alla fine della quale James ha tenuto a sottolineare che “Suicide is not an option, because I love you”.
La set list, salvo qualche eccezione, ha pescato soprattutto dagli album più vecchi, ma ben conosciuti anche dai molti ragazzi giovani, uno zoo di gente indisciplinata come ti aspetti, accorsi anche se nati ben oltre le date di uscita di questi lavori. Memorabile l’assolo di James su “Nothing Else Matters”, andate su Youtube, troverete miriadi di video di questo brano, anzi di tutto il concerto. Io mi sono fatta un mio bootleg, una registrazione audio da tenere sempre nel mio cellulare, medicina, al bisogno, contro l’ipocrisia, la banalità, l’arroganza del mondo.
James deve dare un’occhiata ogni tanto alla scaletta, il classico foglio di carta appiccicato con il nastro adesivo sotto i microfoni, perché ammette ogni tanto me la scordo … Sì, perchè in ogni città del tour cambia, non è mai la stessa. Tutto perfetto, eccetto forse i suoni, le chitarre un po’ bassine, molto riverbero di bassi e la cassa davvero sovrastante. Peccato, ma pazienza, la festa non è stata minimamente rovinata. Il volume delle nostre ugole è stato ampiamente testato, ne siamo usciti afoni, con la polvere alzata dal pogo dentro ogni buchetto.
E la festa purtroppo, ahimè, dopo due ore finisce, arrivano i fuochi d’artificio dietro il palco del Firenze Rocks, si accendono le luci. Ma loro non vogliono andarsene, no, continuano a star lì per oltre dieci minuti a salutare, ad andare su e giù per le pedane a stringere mani, a ringraziare ai microfoni, ad abbracciarsi, a salutare ancora, nonostante la sicurezza ci obblighi a iniziare a sfollare. Generosi, felici, e felici siamo noi che potremo ricordare e narrare di esserci stati.
Articolo di Francesca Cecconi, foto di Paolo Nocchi
Set list Metallica Firenze 19 giugno 2022
It’s a Long Way to the Top (If You Wanna Rock ‘n’ Roll) (AC/DC song)
The Ecstasy of Gold (Ennio Morricone song)
- Whiplash
- Creeping Death
- Enter Sandman
- Harvester of Sorrow
- Trapped Under Ice
- No Leaf Clover
- Sad but True
- Dirty Window
- Nothing Else Matters
- For Whom the Bell Tolls
- Moth Into Flame
- Fade to Black
- Seek & Destroy
- Damage, Inc.
- One
- Master of Puppets