17 giugno, sul palco del Firenze Rocks è l’ora dei Muse, ed è l’unica data italiana di un tour tra Europa e US. I fan accorrono da tutta Italia, c’è un gran mescolio di accenti, è un pubblico adulto, tra i 30 e i 60 anni, un pubblico musicalmente preparato, e l’atmosfera è rilassatissima, c’è molto rispetto, non c’è quel pandemonio di gruppi scomposti fatti da fanatici dell’essere all’evento più che del voler ascoltare davvero la musica. Certo, si balla, si canta, e ovviamente tutti con il telefono fisso in mano a riprendere – e quindi a impedire una buona visibilità dell’evento. Organizzazione perfetta di Live Nation, nonostante la marea umana e il caldo disumano, tutto funziona senza intoppi. Il programma di riciclo annunciato pure, e gli artisti non hanno plastica sul palco, ma borracce riutilizzabili, grandiosa iniziativa ecologica ed educativa.
I Placebo hanno impressionato. Forti della recente uscita di “Never Let Me Go”, che ha venduto davvero bene, un’ora e un quarto di musica a stecca, senza pause, con una qualità altissima. Oltre a brani culto, come “Special K” e “Try Better next Time, e alla conclusiva cover in versione lisergica di “Running Up That Hill”, ben cinque brani dall’ultimo lavoro. Brian Molko attacca al basso e Stefan Olsdal alla chitarra, per poi invertire le parti, supportati da musicisti eclettici e polivalenti a basso e tastiere/batteria/synth e violino elettrico/chitarra. Non c’è stato brano in cui i musicisti siano rimasti allo stesso strumento, a volte abbiamo avuto tre chitarre e un basso e synth, a volte due chitarre due bassi e violino, in un tripudio di tecnica e cuore per un risultato incredibile. Molko, con i suoi occhiali scuri, non ha mai perso tempo in discorsi, ma i saluti finali sono stati lunghi e calorosi. Bellissima anche la scenografia, un led wall con immagini scomposte dal palco, in coloro contrastanti, con effetto stile Andy Warhol. Grandiosi.
Sono le 21.30, dopo il cambio di palco ecco infine i tanto attesi Muse, che con i Placebo hanno in comune hanno il passaporto UK, e l’indefinibilità di genere, o meglio creatori di un genere a sé, ripreso abbondantemente da artisti loro conterranei e non. La formazione è sempre quella, stabile, vincente: alle 21.30 salgono sul palco Matt Bellamy, Dominic Howard e Chris Wolstenholme, supportati da Dan Lancaster a tastiere, sintetizzatori, cori, chitarre, tamburello. Lo spettacolo è quello che ti aspetti da loro: uno scenario apocalittico, professionalità lucida e gesti misurati.
Il loro motore è sempre ai massimi giri, come le loro Lamborghini (l’intervista rilasciata nella sede della famosa sede bolognese).
Salgono con la maschera, lo sfondo è davvero essenziale con un telo che rappresenta un tessuto stropicciato, è tutto molto scuro e freddo, eccetto la cassa della batteria illuminata da toni color bronzo, il Marshall grigio di Bellamy, e nient’altro. Il pubblico, che è aumentato fino al tutto esaurito durante il cambio di palco con i Placebo, va in visibilio, e lo resterà per tutto il concerto, nonostante un calo di tono nelle ballate centrali della scaletta; un pubblico felice, positivo, amichevole, si scambiano tanti sorrisi e gentilezze, è davvero una bellissima atmosfera.
I suoni sono perfetti, le luci fredde e piatte, e con qualche fiammata a bordo palco lo spettacolo va avanti senza soste, prima cadono le maschere, infine cade il telo, arriva il volto-pupazzo, con tanto di spalla e mano aperta – dentro c’è un set di luci che fanno risaltare la figura di Bellamy – e lo scenario spaziale, da film di ufo e guerre intergalattiche si delinea come immagine principale della band, che rincara la dose con vestiario futuristico, chitarra e basso variamente illuminati e riflettenti, e anche in combo con sintetizzatori.
La scaletta tocca tutta la carriera, focalizzandosi sulle hit, ma c’è anche una bellissima sorpresa: il primo brano dell’encore è un nuovo pezzo, “Plug in baby”, che sarà sul nuovo album atteso per il 26 agosto, davvero una chicca per i fan. Poche chiacchiere durante tutto il live, ma quando è l’ora dei saluti, dopo un’ora e 35 minuti, Wolstenholme finalmente si impossessa del microfono, lo porta con sé nel braccio per la camminata rituale in chiusura, e dialoga con il pubblico, ringrazia.
Bravi, bravissimi, assolutamente. Emozionanti, no. I Muse sono e restano inarrivabili, davvero da un altro pianeta, ma freddi, calcolati. Il mascherone dalla testa ondeggiante, con la mano nella quale alla fine viene inserito un grande candelotto dinamitardo, non scalda la loro immagine, e beh parere personale, è roba anacronistica come stage set.
Articolo di Francesca Cecconi
Ringraziamo Sara Bertusi per le foto e la segnalazione dell’articolo dei Muse presso Lamborghini
Setlist Placebo 17 giugno 2022
- Forever Chemicals
- Beautiful James
- Scene of The Crime
- Happy Birthday in The Sky
- Bionic
- Surrounded by Spies
- One of a Kind
- Sad White Reggae
- Try Better Next Time
- Too Many Friends
- For What It’s Worth
- Slave to the Wage
- Special K
- The Bitter End
- Infra-red
- Running Up That Hill (Kate Bush cover)
Set list Muse Firenze 17 giugno 2022
- Will of the people
- Interlude
- Hysteria
- Psycho
- Pressure
- Won’t stand down
- Citizen erased
- The gallery
- Compliance
- Thought contagion
- Time is running out
- Nishe
- Madness
- Supermassive black hole
- Plug in baby
- Behold, the glove
- Uprising
- Prelude
- Starlight
- Kill or be killed
- Knights of Cydonia