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Palaye Royale live Zurigo

Potete andare cento volte ai loro concerti, e cento volte i Palaye Royale sapranno sorprendervi

Immaginate che una delle vostre band del cuore stia scorrazzando in lungo e in largo per l’Europa in un bellissimo tour, e che l’unica data italiana sia in una città vicinissima alla vostra. Sarebbe semplice, essere presenti, in prima fila per godersi al meglio l’esperienza. Immaginate adesso che la sottoscritta si sia svegliata una bella mattina con l’idea che vicino casa sarebbe stato anche troppo semplice … per una volta, perché non mettersi in viaggio per una bella trasferta oltre confine, per un’esperienza dove tutto, veramente tutto, è completamente nuovo, mai visto prima? Eccomi quindi la mattina del 13 novembre oltrepassare la dogana svizzera in direzione Komplex 457, a Zurigo; il viaggio non è breve, non privo di sorprese e qualche intoppo, ma con un po’ di allegria, leggerezza e coraggio quanto basta si supera tutto, e la serata a cui sto andando incontro ripaga ampiamente qualunque disagio.

Anche a Zurigo riesco a essere vergognosamente in anticipo; la giornata è grigia, freddissima, e nonostante questo i primi fan sono già in coda all’ingresso, talmente imbacuccati e coperti da vederne gli occhi soltanto. Potendo beneficiare del photo pit, mi unisco a loro solo un’ora prima dell’apertura, ma scambiare due parole è dura: per lo più si saltella per tenersi caldi.  Doors will be opened in about one hour, try not to freeze, ci consiglia un addetto alla distribuzione dei pass vip. Le porte si aprono alle 18, il primo live è previsto per le 18.30, un orario impensabile in Italia se non nei grandi festival estivi, come praticamente impossibile sarebbe avere lo stesso ordine e lo stesso rispetto dei fan in coda: nessun furbetto che tenta di scavalcare gli altri, nessun amico dell’amico dell’amico che in tal modo salta tre quarti di coda. Si sta in fila, tranquillamente e serenamente, chi arriva in fondo se ne fa una ragione, e lì resta.

Con la puntualità tipica svizzera, le porte si aprono, ordinatamente si passa il controllo della sicurezza che spulcia lo zaino fotografico sotto una leggera pioggia, ordinatamente si va a ritirare l’accredito: stupita da tanta calma, senza pubblico che spinge e si disputa energicamente il posto in prima fila, sembra davvero che io arrivi da un altro pianeta. Anche i miei colleghi fotografi, incuriositi da una faccia nuova, sono molto socievoli, amichevoli, mettendomi a mio agio in ogni modo, persino nel pit, dove spesso succede il contrario. Il palco, dotato di un imponente impianto audio e luci di ultima generazione, è pronto per accogliere le band di stasera: tre gruppi a sangue caldo che metteranno sotto torchio macchine fotografiche, prontezza di riflessi e quel tanto di flessibilità fisica, perché star loro dietro sarà un’impresa non da poco.

I See Stars

Manco a dirlo, il primo gruppo spacca il secondo e alle 18.30 precisissime è sul palco: una novità per quasi tutta la sala, me compresa, sono gli I See Stars, tra i principali pionieri dell’Electronicore (frutto della fusione stilistica tra Post Hardcore e Metalcore con vari sottogeneri della musica elettronica).

I See Stars

Originari di Warren, Michigan, cinque album all’attivo, 13 milioni di stream solo su Spotify, reduci da un recente tour con i Bad Omens, nascono nel 2006 e la loro grande esperienza si vede e si sente tutta; gli I See Stars le stelle ce le fanno vedere davvero, cominciando dal magnetico frontman Devin Oliver, vestito di strass e con brillantini ai lati degli occhi che lo fanno luccicare proprio come una stella, dall’alto dei suoi due metri abbondanti di altezza. Fanno il loro ingresso con attitudine e sicurezza, senza perdersi in formalità varie, lanciandosi subito in riff vertiginosi.

I See Stars

La loro scaletta vede tracce da un po’ tutta la loro discografia, ma specialmente dal loro ultimo album “Treehouse”, uscito il 17 giugno 2016 per Sumerian Records, il primo senza il tastierista e vocalist Zac Johnson e il chitarrista Jimmy Gregerson, entrambi usciti dalla formazione nel 2015. Nuovo di zecca è invece il loro singolo “Split”, uscito il 1 agosto 2024 sempre per Sumerian Records: noti per il loro Metal più veloce e allegro, con “Split” deviano leggermente dal loro standard, dando l’impressione di una rabbia ben controllata, anche se a fatica, pur rimanendo fedeli a riff divertenti e un uso intelligente delle tastiere.

I See Stars

Devin con poche falcate delle sue lunghe gambe misura il palco in lungo e in largo; osserva il pubblico, si china o si siede a bordo palco per guardarci negli occhi, impresa altrimenti non semplice. Sono tante le mani che si alzano alla domanda How many of you never heard about us? L’intenzione è proprio quella di porvi rimedio e farsi ricordare. We’ll be back in 2025, are you comin’ to see us? La grida di risposta e le mani al vento fanno sperare in un pubblico numeroso e rumoroso anche al loro ritorno.

I See Stars

Per “Drift” abbiamo canti in stile stadio, che fanno saltare a ritmo tutta la sala; la voce del biondo vocalist svetta alta come sempre, i testi del ritornello sono semplici e accattivanti, consentendo un contrappunto tra il canto reale e le voci utilizzate. Le linee di basso stellari guidano ritornello e strofa successiva, facendo affidamento sul legato e su una magistrale tecnica di scorrimento per catturare raffinati “fotogrammi” di ritmo. La fine del secondo ritornello cade in un crollo schiacciante, incitato dalla provocazione del frontman, in stile Rage Against The Machine.

I See Stars

Sebbene la voce di Devin sia pura e cristallina, senza sbavature o tentennamenti di alcun genere, tra i fan che invece li conoscono scorre una nota di nostalgia per il precedente vocalist: senza i pesanti breakdown e lo scream che caratterizzava Zac Johnson, rendendo l’atmosfera più aggressiva, fanno un po’ fatica ad abituarsi alla nuova musica. Io non lo conosco, non posso quindi fare un paragone, mi attengo alle testimonianze raccolte. In linea di massima, però, gli I See Stars fanno breccia in terra elvetica e sono sicura che se ne siano andati con un bel bottino di nuovi fan.

Hot Milk

Arriva presto il momento del cambio set, a noi non è concesso pascolare nel pit durante questa operazione; dal mio lato di palco, posso intravedere la precisione certosina di tecnici e roadie che preparano tutto per il secondo gruppo in lista, i britannici Hot Milk. Se la scarica elettrica di un fulmine avesse un volto, sarebbe quello dell’inarrestabile vocalist e chitarra ritmica Hannah “Han” Mee. Il gioco si fa più veloce adesso, tenerle testa è una scommessa, puoi scegliere se rincorrerla per il pit o aspettare che ti venga incontro il tempo necessario per inquadrarla e vederla poi sparire nel giro di pochi secondi.

Hot Milk

Formazione rock con sede a Manchester, nati nel 2018 dai chitarristi / vocalist Hannah Mee e Jim Shaw, gli Hot Milk sono noti per i testi che spesso affrontano questioni sociali e politiche. Hanno firmato con la label indipendente britannica Music For Nations nel 2021, hanno 3 ep all’attivo e il loro debut album in studio, “A Call To The Void”, è uscito il 25 agosto 2023. Sono stati in tournée con artisti come You Me At Six e Foo Fighters, apparsi al Download Festival e al Loolappalooza, e notati da Alternative Press come parte di una nuova ondata di artisti nella scena musicale di Manchester.

Hot Milk

Il pubblico va già in visibilio al solo apparire delle silhouette degli artisti, e un applauso assordante esplode alle prime note di “Horror Show”, tratto dal loro unico album, causando ondate di headbanging senza mai troppo esagerare, ovviamente. Sia l’esplosiva Han che Jim forniscono performance vocali impressionanti ed estremamente tecniche, e l’eco del pubblico rifletteva il loro stesso entusiasmo mentre centinaia di voci urlavano Horror Show can’t look away!

Hot Milk

Un concerto, quello degli Hot Milk, che altrove avrebbe scatenato un pogo infernale e un crowdsurfing senza fine, sembrava quasi che gli artisti si aspettassero proprio questo, a volte. Hannah Mee è una riserva inesauribile di fuoco incandescente, una palla di energia viva e vibrante, che grazie agli spettacolari effetti  di luce rossa sembra incendiare tutto quello che la circonda. In piedi sulla pedana, ammicca e ancheggia suadente, irriverente, suscitando grida ammirate dei fan accaldati.

Hot Milk

La band si assicura che i fan non restino fermi un attimo, suonando un pezzo dopo l’altro e facendoli saltare e urlare, lasciando sicuramente un segno al Komplex 457 che non verrà dimenticato tanto presto.
Hannah fa in modo che chiunque in sala sia consapevole che la sua voce arrabbiata è più di una semplice scelta di stile, ma una dichiarazione, proprio come i loro testi. Il suo collega chitarrista e vocalist Jim ha ulteriormente supportato questo, così come il resto della band, dimostrando che gli Hot Milk sono un gruppo che può usare il proprio live per dire qualcosa di profondo e significativo, divertendosi un mondo nel farlo. Hot Milk are from Manchester! Grida Han brandendo la sua chitarra; E Liam Gallagher muto, aggiungo io tra me e me, affascinata dal fuoco che scorre nelle vene di questa artista, che non ammette distrazioni dietro le lenti.

Hot Milk

A un certo punto, lo spettacolo rallenta in un’atmosfera malinconica, mentre Han introduce quello che forse è il brano più amato del loro album, “Breathing Underwater”; questo inno guida un coro di voci catartiche della sala, mostrando il lato più straziante della musica degli Hot Milk. Terminando con “Glass Spiders”, un altro classico degli inizi della loro carriera, gli Hot Milk ci salutano; come tutti in sala hanno imparato, a questo punto, non ci sarà mai un addio per sempre, ma più un ci vediamo presto. Gli artisti lanciano al pubblico tutto quello che hanno in mano, plettri, bacchette, e fanno la loro uscita in un boato di applausi e ovazioni; i roadie completano l’opera lanciando tutti i plettri presenti sulle aste dei microfoni.

Palaye Royale

Siamo arrivati al momento dei tanto attesi headliner, i Palaye Royale, che avevo salutato quest’estate a Bologna (il nostro report) dopo che nemmeno un forte acquazzone era riuscito a placare lo spirito indomabile di Remington e dei suoi fratelli. Ci vuole più tempo, adesso, a preparare lo stage per loro. Le loro scenografie sono sempre spettacolari, imponenti, ogni volta diverse: puoi andare cento volte ai loro concerti, e cento volte i Palaye Royale sapranno sorprenderti. Stasera abbiamo una città in miniatura, dei lampioni stile Old London, uno sfondo che con alcune luci particolari sembra essere in rilievo ed evoca un muro ricoperto di locandine, e una base luminosa che riporta il nome del loro tour, nonché del loro ultimo album, “Death Or Glory”, il quinto in studio, rilasciato il 30 agosto 2024 via Sumerian Records.

Palaye Royale

Con la loro miscela di Brit Pop, Glam Rock e Art Punk, i Palaye Royale hanno accumulato più di mezzo miliardo di stream nel corso della loro carriera iniziata nel 2011, e guadagnato una legione di fan devoti e innamorati con il loro “circo” rock’n’roll. Si sono fatti strada nella spietata scena rock di Los Angeles, dagli spettacoli nei seminterrati alle arene come headliner in tutto il mondo (ricordiamo che pochi giorni fa hanno conquistato anche la Wembley Arena).

Palaye Royale

L’album “Fever Dream”, pubblicato nel 2022, che consiste in parti uguali di cinema mentale estatico e profonda meditazione sulla psiche umana, è il lavoro più audace e visionario di questi artisti; con il loro Rock sporco e frenetico e un carisma senza uguali, i tre fratelli e la loro band offrono costantemente live elettrizzanti, indimenticabili, che lasciano spesso Remington appeso alle travi dei locali. Il loro principale obiettivo è approfondire continuamente il raro, unico legame con la loro amata base di fan, che chiamano affettuosamente ” Soldiers Of The Royal Council”.

Palaye Royale

Nel frattempo, davanti al palco, aumenta la presenza di personale di sicurezza; qualcuno tra noi fa letteralmente stretching con la macchina fotografica. Sappiamo tutti che fotografare questi artisti, primo fra tutti l’indomito Remington, è impegnativo e poco facile, ma quando lo scatto è buono la soddisfazione non si può raccontare. Le luci si spengono all’improvviso, la sala ormai gremita di fan di ogni età trema di urla, il pubblico è in estasi ancor prima che venga accennata una sola nota.

Palaye Royale

Entrano i Palaye Royale in formazione a quattro, per la mancanza del fratello batterista Emerson Barrett, assente da fine ottobre per motivi legati al lutto per la prematura scomparsa dell’amatissima madre, pochi mesi fa, e sostituito dal bassista Logan Baudéan. Remington entra per ultimo: non camminando, non correndo, ma letteralmente volando, come se fosse stato lanciato da una fionda direttamente dal backstage. Iniziamo bene, proprio bene, rumino nella mia testa mentre penso che potrebbe essere utile utilizzare gli stessi tempi che utilizzerebbe un fotografo naturalista per immortalare un ghepardo in corsa. Il focoso leader dei Palaye Royale si rinconferma ai vertici assoluti della mia personale classifica degli artisti più impegnativi da riprendere.

Palaye Royale

Lo vedo per la prima volta in pantaloni, di pelle nera, mentre suo fratello Sebastian sfodera un completo elegante con pantaloni a zampa d’elefante, e le sue bellissime chitarre Gretsch mancine, tutte appassionatamente amate e accarezzate. Fin dall’inizio, la band stabilisce una profonda connessione con i fan, regalando loro una scaletta degna di nota, incluse molte tracce del loro ultimo album. Uno spettacolo ricco di sorprese, tra cui palloncini giganti e non lanciati tra la folla, con i quali i fan possono giocare e interagire con i musicisti: una cosa di cui si può essere sicuri a un live dei Palaye Royale è che loro ti daranno veramente tutto, anima, corpo, cuore, fino all’ultimo filo di fiato.

Palaye Royale

Mentre scorrazza da una parte all’altra del palco, Remington squarcia l’aria con la sua voce potente, portando il Komplex 457 a uno stato di febbrile eccitazione collettiva; ogni membro trasuda grande energia, ed esserne testimone è semplicemente meraviglioso. Ognuno porta la propria personalità e dinamismo, mostrando affetto reciproco e un chiaro amore per quello che fa.

Palaye Royale

Sebastian si china spesso a bordo palco verso il pubblico adorante, sfiorando col manico della chitarra le nostre teste, scendendo più volte sulle casse nel pit messe appositamente per far da gradino agli artisti. A un certo momento scende e si posiziona esattamente davanti alla mia lente, sul predellino della transenna, lasciandosi stropicciare e accarezzare dalle fan mentre suona con una passione che si potrebbe toccare con mano. Talmente vicino a me che potrei intralciarlo con il mio obiettivo, ma lui è abituato al contatto fisico, tanto che dopo aver fatto una passerella collezionando carezze femminili me lo ritrovo nuovamente appiccicato alle spalle per tornare sul palco.

Palaye Royale

Tornando al frontman, non credo di conoscere nessuno che si impegni così duramente o abbia la stessa resistenza e agilità di Remington, sembra illimitata mentre salta, rimbalza, si arrampica, striscia per il palco senza quasi prender respiro, un vero showman in tutto e per tutto. “Death Or Glory”, title track dell’omonimo album, è un’audace affermazione di auto-accettazione, un modo per dichiarare Questo è quello che siamo, prendere o lasciare, come canta Remington con la sua voce roca e ringhiante: If you don’t like it / then go on and cancel me.

Palaye Royale

Sebbene ogni apparizione nel corso degli anni sia diventata più grande e audace, i Palaye Royale continuano a proporre la loro musica come se stessero ancora cercando di farsi un nome nel circuito. Ci propongono brani intensamente crudi, che strappano e lacerano gioiosamente i timpani come “Nightmares”, mentre “Dying In A Hot Tub” incarna ancora di più l’euforia edonistica da cui sono stati ispirati. Suonando senza preoccupazioni o finzioni, lasciando che ogni emozione la faccia da padrone mentre erompe dal profondo, ogni traccia è più schiacciante della precedente.

Palaye Royale

Completamente a suo agio sul palco, Remington annaffia la prima fila, e anche me, con un fucile ad acqua; surfa sulla folla su un canotto gonfiabile mentre canta, e sulle note di “Mr. Doctor Man” resta a petto nudo, per la gioia infinita degli ormoni in sala, e si lancia saltando pit, transenna e atterrando tra i fan, sparendo alla mia vista, ripescato da un affaccendatissimo tecnico che lo tiene per il filo del microfono, come un pescatore. Non ho ancora capito come abbia fatto a non spalmarsi a terra.

Palaye Royale

“Fever Dream ” è il momento più toccante della serata, poiché questo brano viene dedicato alla loro adorata madre scomparsa; occhi al cielo per Remington, chiusi con espressione assorta per Sebastian, il dolore è presente, palpabile, contagioso, gli occhi umidi, ma come cantava un certo Freddie Mercury, The show must go on, tanto più che fu proprio la madre la prima a credere in loro, a spronarli e incoraggiarli fin da piccoli. We are fuckin’ nothing without you, guys! We fuckin’ love you!  è l’intensa dichiarazione d’amore urlata da Remington alla sala, mentre i fan gli lanciano peluche, rose di carta, alzano cartelloni, tendono mani per chiedere un ultimo abbraccio.

Quando il concerto finisce, a differenza dell’Italia, finisce e basta, non ci sono sorprese, rientri inaspettati, e il pubblico esce senza elemosinare One more song! Io accarezzo con lo sguardo la sala dove ho vissuto un mondo di emozioni e sensazioni, stasera; mi attende una lunga strada buia e fredda al ritorno, ma il calore che ancora una volta i Palaye Royale hanno regalato al mio cuore renderanno i chilometri più leggeri, e rinnoveranno il desiderio di rivederli presto, dovessi scavalcare l’ennesimo passo alpino.

Articolo e foto di Simona Isonni

Set list Palaye Royale Zurigo 13 novembre 2024

  1. Nightmares
  2. Death Or Glory
  3. You’ll Be Fine
  4. No Love In L.A.
  5. Just My Type
  6. Dark Side Of The Silver Spoon
  7. Ache In My Heart
  8. Addicted To The Wicked And Twisted
  9. Showbiz
  10. Dying In A Hot Tub
  11. Fucking With My Head
  12. For You
  13. Pretty Stranger
  14. Fever Dream
  15. Dead To Me
  16. Lonely
  17. Mr. Doctor Man
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