22 giugno, quinta nonché penultima serata del festival “La prima estate”, che si tiene quest’anno per la terza edizione a Lido di Camaiore. Il nome della rassegna appare quasi in contrasto con questa stagione che esita ancora a fine giugno a partire convintamente, ma in fondo cosa fa più estate di un festival colmo di belle proposte musicali in uno spazio open air in pineta non distante dal mare?
I primi a presentarsi sul main stage del parco Bussoladomani sono gli Swim School. La band scozzese che si è formata nel 2018 si caratterizza per uno stile alt-rock dalle sonorità grunge anni ’90 con sfumature indie e dream pop. I quattro giovani musicisti, reduci da un tour britannico primaverile completamente sold out, dominano l’imponente palco con grinta. Spicca da subito la vivace personalità della cantante e chitarrista Alice Johnson e non meno trascinante risulta la sezione ritmica. Si parte insomma a tutto gas.
Seguono poco dopo le 19 i Black Country, New Road, band di Cambridge che in pochi anni ha conquistato il pubblico con il suo Rock sperimentale e alternativo, con inflessioni post-punk. Il gruppo propone, con una nuova formazione a sei elementi, il suo album “Live At Bush Hall”, pubblicato lo scorso febbraio.
L’ensemble di strumenti è davvero interessante e alle più classiche batteria, chitarra, basso e tastiere, unisce il saxofono e il violino. Colpiscono sia l’abilità tecnica del gruppo sia la dolcezza delle tre voci femminili che spesso si sovrappongono in cori delicati.
Nel frattempo l’arena davanti al palco si sta riempendo di un pubblico giovane, la media va da 20 ai 40 anni, che si gode la serata seduto sul prato con teli e asciugamani in un’atmosfera decisamente rilassata e piacevole. Tutti iniziano a alzarsi e accalcarsi all’arrivo alle 20.30 di Michael Kiwanuka e della sua band. Ci mette pochi minuti Kiwanuka, con la sua voce black intensissima, a ammaliare anche quella parte di pubblico che non lo conosce; il pezzo fino a oggi più noto è infatti “Cold Little Hearth”, scelto come sigla della serie televisiva americana “Big Little Lies”, ma molta della sua produzione musicale meriterebbe, a mio giudizio, una maggiore risonanza internazionale.
L’artista londinese di origini ugandesi, con all’attivo tre album, ci avvolge con il suo Nu Soul e ci troviamo proiettati, anche grazie alle immagini che compaiono sul grande schermo posto dietro i musicisti – fotografie e brevi video di persone di tutte le età – in un universo multiculturale dove ciascuno, senza distinzione di razza, riesce felicemente a trovare il proprio posto nel mondo. Il tema del razzismo e dell’immigrazione è molto presente nelle liriche composte dal musicista e risuona anche in alcune delle canzoni che Kiwanuka ha scelto di portare a Lido di Camaiore come “Black Man in A White World” e “Home Again”. Uno dei momenti più intensi scatta quando l’artista si mette alla tastiera e intona “Solid Ground”, un pezzo intimo dove l’innestarsi della profondissima voce del cantante sulla dolce melodia fa veramente venire la pelle d’oca.
Non c’è spazio però in questa parte di concerto solo per momenti riflessivi, ma anche per la gioia condivisa, per cui si balla su pezzi venati di Funk come “You Ain’t The Problem” e “Don’t Be Late” dove il pubblico si scioglie e inizia a battere le mani a ritmo, accompagnato dai cori delle tre coriste afro, vestite coloratissime, che affiancano il cantante. Il clima è veramente gioioso quando Kiwanuka alle 21.30 abbandona lo stage dopo la bellissima esibizione.
Il palco viene velocemente riassettato – un plauso all’organizzazione impeccabile che ha permesso di rispettare al minuto la scaletta prevista – e così alle 22 ecco Paolo Nutini o meglio, prima ancora del cantante britannico, appare sugli schermi la frase You are so cool, parole del pezzo d’apertura “Afterneath” che costituiscono probabilmente in questo contesto anche un omaggio al suo pubblico.
Nutini quindi entra e instaura un dialogo cantato con la voce femminile meccanica presente nel brano, rivolgendosi a lei attraverso la cornetta di un telefono rosso vintage. Con le successive “Scream” e “Let Me Down Easy” l’artista inizia a deliziare i fan col suo timbro vocale unico. Entrambi i pezzi, e queste non saranno le uniche eccezioni dell’esibizione, sono riproposti con nuove vesti e produzioni in chiave elettronica. Questo non può non colpire i fan di più lunga data, ma l’effetto non è di straniamento, come si potrebbe pensare, anzi, alcune canzoni appaiono più vicine alla sensibilità musicale contemporanea.
Dopo queste prime esecuzioni il cantante si rivolge alla platea con un buonaseraaaa pieno di entusiasmo. Ricordo che Paolo Nutini ha origini italiane, toscane per l’esattezza, essendo il nonno nato a Barga, in provincia di Lucca, dove il cantante ha tutt’ora una casa in cui risiede in alcuni periodi rigeneranti. Lo spettacolo prosegue quindi con “Lose It”, dove dominano il basso e la voce graffiante, e l’intimista “Hearth Filled Up” cantata su uno sfondo azzurro chiaro con una luce che illumina dolcemente il cantante il quale chiude il pezzo suonando lui stesso il synth.
Segue l’amatissima “Acid Eyes” dall’ultimo disco pubblicato nel 2022, eseguita impeccabilmente, e quindi due versioni acustiche di “Throught The Echoes” e “Coming Up Easy”. Significativo il ritornello di quest’ultima su cui Nutini stesso pare porre l’accento Oh, it was in love I was created and in love is how I hope I die. Non sembra la classica frase sull’amore buttata là, come avviene in molte canzoni di oggi, ma un’autentica dichiarazione di intenti. Si nota dai piccoli gesti e frasi che ricorrono per tutto il concerto: l’attenzione con cui guarda e si rivolge al pubblico sussurrando più volte You are beautiful, il mettersi la mano sul cuore con uno sguardo pieno di gratitudine a ogni applauso o ovazione. Ho l’impressione di avere davanti una persona umile e grata del successo raggiunto e questa riconoscenza si riverbera nelle dimostrazioni di affetto sincero da parte dei fan, sempre pacati e rispettosi e, noto con piacere, non ossessionati dal dover riprendere l’intero concerto col telefono in mano.
Il concerto prosegue con un’alternanza calibrata e riuscita tra pezzi ritmati e ballabili come “New Shoes” e pezzi più intimi, fino a “Candy” e “Radio”, due delle canzoni più conosciute e amate dal pubblico, che infatti segue Nutini sentitamente cantando e ondeggiando. Suggestivo anche lo schermo sopra il palco su cui si proiettano forme e giochi di luci psichedelici in perfetto pendant con le luci e i fari che si alternano a far risaltare il cantante e la sua band.
Sembra arrivata la fine ma il pubblico richiama a gran voce il cantante che concede ulteriori tre pezzi. Il primo è la romantica “Take Me, Take Mine” performata su luci soffuse. Segue “Iron Sky” con un’esecuzione davvero perfetta, uguale se non perfino superiore a quella registrata nel disco, e da brividi, forse anche per il significato del testo rivolto criticamente a chi fa della fede uno strumento politico repressivo, invece di vivere nel profondo l’amore verso il prossimo. È quindi il turno di “Shine a Light” con un momento molto poetico, in cui cala una luce strobo sul palco che si divide in mille raggi luminosi, mentre sugli schermi compaiono i colori tipici dell’aurora boreale.
Potrebbe finire felicemente con questa perfetta fusione tra luce e bella musica, ma Paolo Nutini ha ancora qualcosa da dire. In italiano ci racconta che questa è stata una serata davvero speciale per lui, perché i suoi genitori da giovani su quel palco venivano a ascoltare Mina e Renato Zero, mentre stasera sono lì insieme alla sorella per sentire lui. Dice quasi commosso un vi amo moltissimo prima di chiudere davvero con l’ultimo pezzo, la delicata “Last Request”.
La serata non è stata speciale solo per Paolo Nutini, ma anche per i presenti che non possono non essere grati di aver assistito a un live incredibile, preceduto da altre notevoli performance. Applausi quindi, oltre che a tutti i musicisti, anche all’organizzazione del festival che anche quest’anno ha composto una line up di altissimo valore.
Articolo di Elisa Giorgetti, foto di Luca Taddeo
Set List Paolo Nutini. Lido di Camaiore 22 giugno 2024
- Afterneath
- Scream (Funk My Life Up)
- Let Me Down Easy
- Lose It
- Heart Filled Up
- Acid Eyes
- Stranged Words (Interlude)
- Through the Echoes
- Coming Up Easy
- Everywhere
- New Shoes
- Petrified in Love
- Pencil Full of Lead
- Radio
- Candy
- Take Me Take Mine
- Iron Sky
- Shine a Light
- Last Request