Il maltempo il 5 settembre non ha fermato la sacerdotessa del Rock, Patti Smith che, a Mantova, nell’ultima serata del Mantova Summer Festival, ha suonato al PalaUnical, al posto del concerto all’aperto previsto all’Esedra di Palazzo Te. Un cambio di location che ha fatto perdere un po’ di fascino a un concerto del tutto inatteso per chi scrive. Le ultime esibizioni alle quali avevo assistito mi avevano spinto a chiudere i battenti nei confronti di una delle icone della musica colta. La voce era ormai rovinata; la presenza scenica troppo funestata da demoni e presenze; lo show trascinato e decadente. Insomma, sembrava proprio che quello che c’era da dire, era già stato tutto ampiamente detto. Tuttavia, Patti Smith arriva sotto casa, ed è giusto andare a omaggiarla, con in animo però la quasi certezza che sarà comunque una delusione. E invece…
E invece Patti Smith non solo è apparsa trasfigurata, rinata e rigenerata, ma ha anche regalato uno show vero. In apertura, complici le due prime esecuzioni, sembrava proprio un concerto unplugged, ma poi si è trasformato in un vero live a trazione rock, con tanto di rimandi alla letteratura. Insomma, un modo di fare musica che oggi è completamente fuori tempo. Non ci sono altre parole, perché lo show è stato perfetto, in tutte le sue componenti: dalla durata alla performance, passando per la band. Un concerto così intenso, merita davvero di essere visto, e allo stesso tempo, tenendo fede alla poetica di Dylan, c’è da sperare che questo tour non finisca mai.
Patti Smith ha proposto una declinazione del suo attuale tour che, in questo caso specifico, era dedicato a Picasso, dopo la data del 3 settembre consacrata invece a Pasolini, a Ostia. A Mantova, infatti, la mattina è stata inaugurata un’importante esposizione dedicata al grande pittore spagnolo. Patti la mattina di sabato 5 settembre, ha presenziato all’inaugurazione, con un fuori onda davvero interessante: una canzone, eseguita dal vivo, senza strumenti musicali. Alla sera, poi, in prima fila, c’era il sindaco di Mantova, che in mattinata aveva accolto la Smith all’inaugurazione della mostra, e che qui al PalaUnical, l’ha premiata con L’edicola d’oro, benemerenza della città consegnata subito dopo un’esecuzione perfetta del grande classico “Because the night”.
Nel pubblico c’erano molti scrittori, fra i quali Paolo Giordano e Giulio Busi, perché a Mantova era in corso il Festivaletteratura, e tanti autori e intellettuali non si sono persi questa importante concomitanza. Insomma, nonostante il maltempo, il cambio di sede, e grandi eventi che si sono sovrapposti, in città, ad applaudire la Smith, alla fine c’erano più di 2000 persone.
Ha strappato applausi prima ancora di uscire sul palco la Smith che, una volta apparsa al pubblico, ha ringraziato tutti per essere qui in questa nuova venue. Sono felice di essere qui. Non si è comunque persa in chiacchiere, e non lo ha mai fatto per tutta la serata, dimostrando una grande serenità che, in occasioni passate, non era neppure pensabile. Anche nell’assalto finale del pubblico, sotto palco, con i cellulare in mano, non ha avuto molto da dire, se non mimare per qualche secondo, verso i fan, il gesto di far sparire il telefono. Poi, come purtroppo accade, se ne è fatta una ragione, e ha lasciato che tutti la riprendessero.
Il concerto, almeno all’inizio, affidato a “Ghost Dance” e a Summer Cannibals”, mi ha tratto in inganno. Lo confesso senza problemi, perché sono caduto nel tranello, e mi è venuto da pensare, e scrivere, che fosse uno show unplugged. La disposizione sul palco, la scelta dei musicisti, e le dimensioni della batteria, mi hanno spinto nei meandri dei miei ricordi, e sono tornato con la mente a Lucca, all’esibizione di Robert Plant e Alison Krauss. Deviato da questa immagine, e dai suoni delle prime due canzoni, sono arrivato a sostenere che la serata è stata uno spettacolo unplugged.
Mi sono piacevolmente sbagliato, e sono stato felice che mi sia stato fatto notare. A conti fatti, dopo poco meno di due ore, si può affermare, con grande verità e serenità, di aver assistito a un vero rito rock, con tanto di stilemi che, oggi, non sono più messi in campo da nessuno, neppure dal vate di questa prassi, e cioè Bob Dylan. La cosa che mi ha colpito di più è che la Smith sia apparsa in ottima forma, decisamente a suo agio con questa formazione – che annovera il figlio alla chitarra – capace di valorizzare la sua attuale voce e la sua condizione artistica, e cioè quella di essere una delle rappresentanti più autorevoli di quel filone che, con Dylan, omaggiato nel corso della serata, ha trasformato la musica in letteratura.
La scaletta, però, ha visto altri omaggi. Uno a Johnny Cash, decisamente molto bello e intenso, anche se quello che davvero ha tolto il fiato a tutti, e ha fatto balzare il pubblico in piedi, è stata “Smells Like Teen Spirit”, cover dei Nirvana. Smith l’ha introdotta ricordando Cobain e, allo stesso tempo, parlando del problema delle armi negli Stati Uniti. Gli altri due omaggi sono stati “Summertime Sadness” di Lana del Rey, e “Fire” di Hendrix, che è stata eseguita, a ritmo ridotto, dalla sola band, mentre la Smith si è fatta una pausa, per poi affrontare il finale del concerto.
Si diceva dell’abbaglio sul fronte unplugged, e non mi sottraggo alla questione. Il miraggio è durato giusto due canzoni, quel tanto che mi ha fatto cominciare ben sperare, dato che in quel momento ero ancora convinto di essere a un concerto che non mi avrebbe coinvolto. Dalla terza canzone in poi, invece, Patti Smith ha sfoderato tutto il suo carattere, unito a una grinta che è proporzionata al suo modo d’essere attuale. In sostanza, non ha scimmiottato se stessa, non ha fatto l’adolescente, non ha rinnegato il suo presente, ma ne ha fatto la leva con la quale ha sollevato il suo attuale mondo sonoro. Da “Redondo Beach” in poi, con anche l’omaggio a Dylan, e cioè l’esecuzione di “Man In The Long Black Coat”, dopo aver tolto il giubbino che l’accompagna sul palco nelle prime due canzoni, sostituito da una t-shirt bianca con sopra uno smanicato, si è lanciata in una vera e propria cavalcata a tinte rock. Il tutto sostenuto da una band che ha spaziato dal Rock-Blues, al Rock classico di matrice statunitense, con alcuni spunti qua e là a tinte pienamente blues. “Because The Night” mi è parsa la sintesi di questo rinnovato sound. La canzone, come è noto, è ormai nelle orecchie di molti nella declinazione di Springsteen, ma questa esecuzione l’ha riporta a casa, dove è sempre stata. Patti Smith, infatti, l’ha riproposta come ballad rock, meno frenetica dunque, e decisamente più poetica.
Il finale è stato con il grande classico “People Have The Power”, che ha visto Smith dirigere, come un direttore d’orchestra, il canto del suo pubblico che, da due brani, era ormai in piedi sotto il palco. Patti Smith ha vissuto e vestito al meglio questo inno che, ormai, è diventato un canto popolare, e di proprietà comune, capace di attraversare generazioni e mondi sonori diversi, sulla scia di quanto fatto da “Bella Ciao”. C’è stato spazio, in questi tre minuti finali, per cantare tutti insieme, con una rinnovata e inattesa sinergia che ha permesso a Patti Smith, a conti fatti, di essersi divertita davvero tanto con i suoi fans mantovani. Una serenità davvero invidiabile, sostenuta da una scaletta minimale, ma che ha consentito, senza storture, di godere a pieno di una delle più importanti voci della Letteratura Rock di tutti i tempi.
Articolo di Luca Cremonesi
(foto archivio Roberto Fontana)
Set list Patti Smith Mantova 5 settembre 2024
- Ghost Dance
- Summer Cannibals
- Redondo Beach
- Man In The Long Black Coat
- Cash
- Summertime Sadness
- Because The Night
- Fire
- Dancing Barefoot
- Peaceable Kingdom
- Pissing In A River
- Smells Like Teen Spirit
- People Have The Power