Sul Lago di Garda e nell’Alto Mantovano, e per la precisione a Soiano e a Castel Goffredo, ci sono due realtà musicali importanti che lavorano in sinergia con For Freedom Music, associazione musicale del chitarrista, musicista e insegnate Mario Chiesa. Qui, in queste due realtà, si fa musica con passione e con una convinzione: la musica è cultura e, allo stesso tempo, può essere un lavoro. In questi anni, dunque, l’Associazione Musicante (Soiano) e l’Associazione Pastorius (Castel Goffredo) hanno formato musicisti e cantanti e hanno dato loro la possibilità, grazie alla sinergia con For Freedom Music (con il sostegno di sponsor), di incontrare importanti professionisti del mondo delle sette note.
In luglio, poi, da sette anni a questa parte, sempre sulle sponde del Lago di Garda, si tiene il Campus di Chitarra Moderna. Una vera full immersion e una realtà di studio e confronto che consente ai partecipanti e alle partecipanti di lavorare a stretto contatto con musicisti, cantanti, produttori e artisti di fama internazionale. Martedì 12 luglio al Campus è arrivato il chitarrista hard rock statunitense Paul Gilbert. Per i partecipanti a questa settimana edizione del Campus è stata un’occasione importante perché per l’intera giornata Gilbert è rimasto con loro spiegando trucchi, segreti e illustrando il suo metodo. Poi, alla sera, nello splendido castello che si affaccia sul Garda (sede della scuola di musica Soianese dell’Associazione Il Musicante), Gilbert ha tenuto un concerto speciale per i ragazzi e le ragazze e, ovviamente, per chiunque fosse interessato. L’organizzazione dell’evento è stata curata da For Freedom Music by Mario Chiesa, dall’Associazione Il Musicante e dall’Associazione Pastorius.
La pioggia ha impedito che il programma si svolgesse nella formula classica prevista da Mario Chiesa, e cioè prima parte dedicata ai ragazzi e alle ragazze delle scuole di musica (e questa attenzione fa onore davvero a questo musicista) che, di fatto, aprono il concerto, e poi show dell’ospite d’onore. La pioggia, si diceva, che non cade da giorni su queste terre, ha pensato bene di arrivare dalle 21 alle 21:30, bagnando il palco e fermando l’esibizione dei giovani musicisti. Tutti i volontari si sono prestati, poi, con grande generosità, per asciugare il palco e rendere così possibile l’esibizione di Gilbert.
Gilbert è entrato in scena alle 22.30 con al fianco Marco Galiero al basso e Antonio Muto alla batteria (nel finale si unirà, alle tastiere, la moglie di Paul, Emi Gilbert). Due straordinari partner per un virtuoso che ha saputo incantare i fan arrivati qui, increduli di poter avere a portata di mano il loro idolo, e i curiosi che si sono lasciati tentare da questa proposta che, ogni anno, regala perle che bisogna però saper apprezzare.
Gilbert è un Clark Kent al contrario. Mentre l’alter ego di Superman si toglie gli occhiali e diventa, appunto, l’uomo d’acciaio, qui Gilbert, quando si toglie gli occhiali, sembra essere un giovanotto yankee spaesato in terra italica. Fino a quando, però, non si rimette gli occhiali e si trasforma in Superman. Non solo per la velocità con la quale si muove sulla tastiera della sua chitarra, ma per la qualità sonora che propone. Trame melodiche ricche di note; velocità sostenuta sempre da un virtuosismo mai fine a se stesso; capacità di mescolare e fondere insieme suoni ed esperienze sonore. Un mix che non è poca cosa e che fa capire come Gilbert guardi alla bellezza della qualità sonora, e non tanto alla tecnica da mostrare agli astanti.
Gilbert, che era in tour in Italia in queste settimane estive, è conosciuto per la sua velocità d’esecuzione che va di pari passo con una tecnica mostruosa. Come tutti i fan sanno – e sono molti quelli presenti con magliette e album originali – la sua carriera è cominciata con i Race X per poi proseguire con i Mr. Big. Lo show, dunque, rende omaggio a questa storia e si apre con “Green tinted sixties mind” del 1991 dall’album “Lean into it”, secondo della produzione del gruppo statunitense. Subito Gilbert fa capire che la pioggia non lo ha infastidito e che la location, e il pubblico accorso, meritano il massimo rispetto. Chi suona al suo fianco è alla sua altezza e, più volte, Gilbert lo andrà a riconoscere chiamando l’applauso per i compagni di palco. Allo stesso tempo, poi, va ricordato che i musicisti statunitensi sono veri professionisti. Sanno dare a Cesare quello che è di Cesare e, ugualmente, mettono tutta la loro passione e competenza in quello che fanno. Che ci siano le folle o un pubblico selezionato e attento, come nel caso di Soiano, poco importa. Gilbert sa quello che deve fare e porta in scena un concerto di un’ora e venti minuti che lascia inchiodati alla sedia.
Il lavoro sui suoi brani, da “Blues for rabbit last child” a “Argument about pie”, è davvero notevole. Suona con estrema naturalezza e la chitarra sembra essere un corpo molle e tenero fra le sue mani. Così come è sicuro ed è concentrato nell’esecuzione, così Gilbert appare goffo e maldestro, fra un pezzo e l’altro quando, tolto gli occhiali, si trasforma – per tener buona la metafora – nel peggior (detto con grande affetto) Clark Kent della storia. Si vede che è a suo agio quando suona e non è proprio il suo mondo quello del parlare e dialogare con il pubblico. Anche se, sentendo i commenti di ragazzi e ragazze, nel pomeriggio è stato davvero ben disponibile con i giovani musicisti. Anche questo è privilegio di chi è un vero professionista.
Una volta indossati gli occhiali, dunque, il nostro Clark Kent torna a suonare e cessa di essere maldestro per diventare pura energia. Si certo, la matrice hard rock c’è, si sente e non viene nascosta. Anche nell’omaggio a Jimmy Page, soprattutto nel solo di “Stairway to heaven”, questa sonorità non viene meno, ma Gilbert la sa dosare e così non diventa un ritmo battente, ma una melodia che cattura per la ricchezza di variazioni e di modifiche. Anche le riprese e le rielaborazioni dai temi, ad esempio, del troppo popolare “Pretty Woman”, diventano occasione per dar vita a direzioni musicali del tutto autonome.
Il medley è il vertice della serata, non c’è che dire. C’è dentro tutto e il contrario di tutto, dal rock al blues, dal virtuosismo alla tecnica pura, nuda e cruda di chi sa muoversi sulla tastiera in tutti i suoi spazi possibili. Altro momento intenso è “Rock me, baby”, omaggio a B.B. King quasi irriconoscibile se non nelle prime note. Stessa situazione, ma con una riconoscibilità maggiore, per il tema di “Rocky”, la saga di Stallone, che viene presa, strapazzata per bene, variata e modulata e resa un pezzo che acquista grande dignità popolare.
Nel finale si vola negli anni ’60 e ’70. Si parte con “House of the rising sun” degli Animals, quasi irriconoscibile e, per questo, ancor più interessante perché Gilbert entra nei meccanismi competitivi del brano e li fa suoi facendo diventare quella canzone un brano a tradizione hard. E si chiude con “Baba O’Riley” degli Who, volutamente, invece, tenuta ed eseguita in maniera quasi classica, senza grandi stravolgimenti.
Il consiglio? Oltre a quello di acquistare “Werewolves Of Portland” uscito nel 2021 (bellissimo, da avere) è di sfruttare l’occasione e di andare a sentirlo il 13 luglio a Firenze e il 16 a Martirano Lombardo (Catanzaro).
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana
Setlist Paul Gilbert 12 luglio 2022 Lago di Garda
- Green tinted sixties mind
- Blues for rabbit last child
- Down to Mexico
- Argument about pie
- Scarified/ Stairway/ Peace of mind
- Technical diff
- Medley: Luck in my eyes, Mean Town blues, Hot for teacher/ I’m the one, Rock around the clock, Wang dang sweet poontang, Rock and roll music, Daddy, Brother, Lover, Little boy demonstration
- Rocky
- I’ll wait
- Rock me baby
- To be with you
- House of the rising sun
- Baba O’Riley