Instancabile, immenso Steve. Non trovo altri aggettivi per esprimere le emozioni vissute in questo splendido live che Hackett ci ha regalato nella serata del 7 luglio, la seconda del Pistoia Blues Festival, rassegna musicale giunta quest’anno alla sua quarantaduesima edizione.
Prima dello show di Hackett, la serata è stata aperta dall’esibizione di due realtà musicali meno conosciute, ma da tenere sicuramente d’occhio. La prima è rappresentata da un gruppo meneghino, The Revangels. La band è composta nella tradizionale lineup: voce, chitarra, basso e batteria; quattro giovani musicisti con differenti esperienze musicali, dediti a un vivace Pop /Rock cantato in inglese ma con qualche puntata nell’Hard Rock e nel Blues.
Ci fanno sentire cinque pezzi dal loro repertorio; tanta energia, trame esuberanti e briose negli arrangiamenti dei brani, colorati da un’incisiva chitarra e una pulsante ritmica. Qualche ispirazione a gruppi 80’s soprattutto manifestata nella spumeggiante proposizione di una cover di “Message In A Bottle” dei Police. Significative le parole del vocalist Angelo “Enni” Liaci che, prendendo spunto dal testo del brano, lancia un S.O.S. per non disperdere l’immenso e inestimabile patrimonio musicale del nostro paese, un bene dal prezioso valore comunicativo. The Revangels sono in procinto di pubblicare un nuovo lavoro con la produzione di Pietro Foresti.
L’altro opening act è il cantante e polistrumentista, nonché vocal coach milanese, Moreno Delsignore, già autore nel 2018 di un pregevole album dal titolo “Risveglio”. Virtuoso della chitarra, ha pubblicato in seguito del sofisticato “Chamber Rock”, in cui rivisita classici del genere in versione acustica.
Esponente di un cantautorato d’eccellenza, dalla voce bella e particolare, ci conduce verso atmosfere evocative e riflessive proponendo cinque brani, alcuni usciti recentemente come singoli. Tra questi il delizioso “Perché l’amore”, autentica gemma carica di feeling e mediterraneità, il più ritmato “Occhi Aperti” e la delicata “Nel vento a settembre”.
E non si è ancora spento l’eco della sua esibizione a Firenze nel luglio di un anno fa (il nostro live report), che già Steve Hackett è di nuovo in terra toscana a omaggiarci della sua preziosa musica. È incredibile vedere l’energia di questo artista, che porta meravigliosamente le sue 73 primavere, due ore ininterrotte di magia sonora senza accusare un minimo cedimento; Steve non è molto loquace, preferisce lasciar parlare la sua musica e lo fa con la consueta verve; la stessa che lo porta in giro per il mondo da anni a proporre la sua arte con uno spirito sempre gagliardo. Eppure nella parte iniziale del concerto, l’artista ha cercato di interagire con il pubblico alternando lingua inglese a qualche parola italiana: Come va? Ciao Pistoia!.
Steve nel presentare i primi brani del live esprime tutta la sua emozione nel tornare a suonare in Italia. Nel 2022 il leitmotiv del tour era stata la riproposizione del famoso live dei Genesis “Seconds Out”, ma già da ottobre del medesimo anno (fra l’altro anche con alcune date italiane), erano iniziate nuove esibizioni per festeggiare i 50 anni del mitico album “Foxtrot”; questo nuovo capitolo nell’attività di Steve non si è da allora mai interrotto, a parte una breve pausa, giungendo adesso anche in quel di Pistoia, dove peraltro il musicista si era già esibito nel 2018. Lo spettacolo che l’artista propone prende il nome di “Steve Hackett Genesis Revisited World Tour – Foxtrot at Fifty + Hackett Highlight”.
Una brevissima introduzione è necessaria per spiegare che il legame di Steve Hackett con il nostro paese non è mai stato un mero contatto lavorativo. C’è molto di più, un rapporto umano e affettivo profondo, nato sino dai tempi dei Genesis e tramandatosi negli anni a seguire. Vorrei ricordare che il primo vero successo i Genesis lo ottennero in terra nostrana, un pubblico che ben assimilò la complessa musicalità della band britannica, questa insolita (per l’epoca), commistione fra musica classica, rock, mitologia e poesia che ottenne grandi proseliti. Fu esattamente nel 1972 che i Genesis tennero il loro primo tour italiano, ricevendo splendidi riscontri.
Proprio da una tappa di un tour in quel periodo, iniziò il concepimento dell’album “Foxtrot” che Steve stasera ripropone integralmente. Cinquantuno anni sono trascorsi da allora, tanta acqua è passata sotto i ponti, ma quegli esordi e quel disco fantastico sono sempre nei cuori di tutti i fan italiani. Steve è rimasto legatissimo agli otto anni trascorsi con il gruppo e ha sempre proposto nelle sue performance, oltre alla sua vasta e prolifica carriera solista, molte perle del repertorio Genesis.
Alle 21.15, come nelle caratteristiche di Steve, puntuale come un orologio svizzero, il concerto ha inizio. Il palco si illumina proiettando giochi di luce suggestivi, ora sgargianti, ora più tenui, sicuramente idonei a decorare il suono del chitarrista e della sua band. L’incipit dello spettacolo è la cangiante “Ace of Wands”, scelta non casuale: si tratta infatti del primo brano della sua carriera solista tratto dall’album “Voyage Of The Acolyte”. La parte iniziale del concerto comprende alcuni brani degli anni ‘70/’80, eccezion fatta per il più recente “Devil’s Cathedral”, che fa parte del suo ultimo disco “Surrender of Silence” publicato nel 2021(la nostra recensione). Un bel pezzo Prog che inizia con un organo dai suoni profondi e un sax superbo che creano climi barocchi e spettrali per poi dipanarsi in una trama più movimentata.
Risalta fin da subito l’incredibile livello della band di accompagnamento, musicisti che collaborano con Steve da anni, con i quali ha condiviso tante avventure e con cui si è creato un affiatamento perfetto, che si concretizza ancora di più sul palco. Gli arrangiamenti appaiono impeccabili, senza alcuna sbavatura e non hanno niente da invidiare a un lavoro di studio. Peraltro, Hackett concede ancora più credito ai musicisti, lasciando che non risultino una cornice di contorno alla sua chitarra, ma parte complementare di un suono estremamente variegato.
Steve si cimenta molto bene anche come cantante nel brano “Camino Royale”. Non si può non rimanere ammaliati dalla sognante “Every Day” e dall’incanto di “Shadow of the Hierophant”, altro brano tratto da “Voyage Of The Acolyte”, che viene eseguita nel suo travolgente finale dai risvolti epici e roboanti. Questo pezzo chiude la parte iniziale del concerto, quella riservata alla già menzionata produzione solista. Adesso il pubblico già caldo e rapito dalla musica è pronto a immergersi nei capolavori dei Genesis.
La piazza è gremita; un pubblico eterogeneo per fasce d’età. Certo, la parte del leone la fanno i fan più maturi, ma non manca la presenza di giovani che sanno apprezzare l’infinita qualità di questa musica. Ecco che l’ottimo tastierista Roger King esegue con organo e mellotron l’incipit melodrammatico e evocativo di “Watcher Of The Skies”, facendo correre un brivido sulla schiena dei presenti. Il grande Steve ci fa tornare indietro nel tempo riportandoci alle emozioni di quel mitico lavoro. Come ammesso in una recente intervista dall’artista, “Foxtrot” non aveva nessuna traccia debole poiché tutte avevano qualcosa di importante da dire. Il chitarrista, sempre corroborato dall’eccellenza del suo gruppo, le interpreta magistralmente.
Le trame scorrono via così agilmente che quasi dimentichiamo che sono tutti brani di una cospicua lunghezza. “Timetable”, ballata semplice ma dalle cadenze delicate, passando per “Get’em Out By Friday” con i suoi continui cambiamenti ritmici e l’incedere elegiaco, fino alla pregevole “Can – Utility And The Coastliners” pezzo dalle evoluzioni incredibili e i passaggi strumentali che accarezzano Jazz, Rock e classicismo. Coinvolti in queste bellissime sensazioni, arriviamo ai suadenti arpeggi di “Horizons”. Le luci soffuse on stage illuminano adesso solo Steve, unico interprete di questo breve brano acustico, che è passato alla storia anche per la particolarità delle sue fascinose note che si ispirano al preludio della prima suite per violoncello di Johann Sebastian Bach; sebbene ribadito da Steve stesso come motivo a sé stante nella tracklist del disco, il pezzo diventa il prologo ideale a una delle più fascinose suite di tutto il macrocosmo progressive, “Supper’s Ready”.
È questo il pezzo dove si sublima tutta l’essenza del suono Genesis, considerato uno dei capolavori della band, ma che esalta anche l’enorme talento del chitarrista. Un brano caleidoscopico, un susseguirsi di atmosfere coinvolgenti ad alto tasso emozionale, un’avvincente cavalcata sonora dove tutti i musicisti danno il meglio di sé. Gli strumenti sembrano rincorrersi su un tappeto ritmico incalzante ove Jonas Reingold al basso e Craig Blundell alla batteria conferiscono vigore alle sfumature del brano. In grande spolvero alla voce anche Nad Sylvan, personaggio teatrale dalla lunga chioma bionda, dotato di una bella timbrica che ben si adatta al Prog raffinato e alle trame della suite. Un plauso particolare lo voglio rivolgere a Rob Townsend, un vero funambolo sul palcoscenico. Il musicista si divide febbrilmente tra sax, sax soprano e flauto, ma collabora anche alla parte percussiva e tastieristica, supportando inoltre ai cori lo stesso Sylvan. “Apocalypse in 9/8” è un incredibile crescendo che fa da preludio al finale con “As Sure As Eggs Is Eggs”, dove Steve si esalta in un assolo fantastico e interminabile che fa andare in estasi tutti i supporter. Non sono il solo a versare qualche lacrima, mentre vengo stregato da questo epilogo sensazionale. Una vera apoteosi, infatti, sembra coinvolgere tutto il pubblico presente, finora sempre composto e pacato, che non esita a sottolineare con scroscianti e interminabili applausi l’evoluzione del live.
L’ovazione della gente verso la band sottolinea l’incredibile entusiasmo e sembra non terminare mai, ma le emozioni non finiscono qui. Dopo una piccola pausa, arriva l’encore. Steve imbraccia di nuovo l’amata sei corde e ci regala una splendida versione di “Firth Of Fifht”, dall’album “Selling England By The Pound”, dove il famoso intermezzo è fatto su misura per esaltare il suo virtuosismo. C’è spazio per due frizzanti assoli: il primo ce lo propone Reingold al basso, l’altro il pirotecnico drumming di Blundell accompagnato dal pubblico che ne simula il ritmo incessante, prima dell’elettrizzante finale di “Los Endos”. Il brano viene intrecciato con una bella alchimia e briose improvvisazioni al motivo di “Slogans”, tratto dall’album “Defector”, opera solista di Steve del 1980. È il momento del commovente finale, che contraddistingue abitualmente le esibizioni dell’artista, con le cascate di tastiere e mellotron e altre magie chitarristiche a chiudere l’esaltante live. Applausi gioiosi accompagnano la standing ovation che saluta nel più affettuoso dei modi quest’artista e la sua splendida band.
Sicuramente per chi, come me, è cresciuto nel momento più esuberante del Prog, ascoltando anche Genesis e Hackett, questa è stata una festa straordinaria. Ma sono certo che chiunque presente, anche di nuove generazioni, abbia apprezzato appieno la tecnica, la classe e il perfezionismo dei musicisti. Gli sguardi soddisfatti della gente e l’entusiastica accoglienza me lo confermano.
Lasciamo così Piazza del Duomo colmi di gioia, conquistati dalle emozionanti vibrazioni di questa serata e consapevoli di aver assistito a una pagina di storia del Rock, un momento in cui la musica incontra l’arte e con lei si sublima in maniera mirabile. A volte nel contesto dell’evento ho gettato lo sguardo alla bellezza della Torre del Campanile di San Zeno e ho pensato alla perfezione di questa simbiosi: la magia e la creatività della musica accostata alle meraviglie dell’arte. Quest’anno a settembre ricorrerà il cinquantennale del successore di “Foxtrot” ovvero “Selling England By The Pound”. Siamo certi che Steve se ne ricorderà e quindi contiamo di rivederlo presto fra noi.
La tournee dell’artista britannico nel nostro paese prosegue e fa tappa il 10 luglio a Caserta (Belvedere di San Leucio), il 12 luglio a Ferrara (Piazza Trento/Trieste); si conclude, salvo aggiunte dell’ultima ora, il 13 luglio a Palmanova, Udine (Piazza Grande).
Articolo di Carlo Giorgetti, foto di Alessandro Morandi
Foto The Revangels di Francesca Cecconi
Set list Steve Hackett Pistoia Blues Festival 7 luglio 2023
- Ace of Wands
- Devil’s Cathedral
- Every Day
- Camino Royale
- Shadow of the Hierophant (sezione conclusiva)
- Watcher of the Skies
- Time Table
- Get’em out by Friday
- Can – Utility and the Coastliners
- Horizons
- Supper’s Ready
- Firth of Fifth
- Assolo di basso (Jonas Reingold)
- Assolo di batteria (Craig Blundell)
- Los Endos (inclusa “Slogans”)
Line up Steve Hackett chitarre, voce /Roger King tastiere, sintetizzatori / Nad Sylvan voce / Craig Blundell batteria, percussioni, Cori / Rob Townsend sax, flauto, percussioni / Jonas Reingold basso