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Pistoia Blues 2023 Day 4

Sul palco Giudi&Quani, Gennaro Porcelli, Ana Popovic, Dirty Honey e Wolfmother

Domenica 9 luglio, quarto giorno dell’edizione 2023 del Pistoia Blues Festival, ed è la giornata/serata clou dell’anno. Sul palco stavolta sono protagonisti il Blues e Rock, accorpati quali generi accorpabili, e ci sta, almeno rispetto al resto delle proposte in cartellone. Il primo padre del secondo, il secondo contaminatore del primo. Sono cinque gli artisti/band che si susseguono sulle assi davanti al Palazzo di Giano, con soste brevissime, così noi ci godiamo praticamente 5 ore a malapena interrotte di musica ad altissime sfere.

Giudi&Quani

Andiamo per ordine. Sono le 19 quando, ancora sotto un sole davvero implacabile, salgono i vincitori del contest Obiettivo Bluesin, il power duo Gudi&Quani, ovvero la gioiosa Giuditta Cestari alla voce e batteria, e Francesco Quanilli alla chitarra e cori. Per loro il set è breve, ma dura quel tanto che basta per lasciarceli impressi ben ben in mente, e nelle orecchie.

Giudi&Quani

All’attivo un solo album, ma ormai pronto e in via di pubblicazione un secondo, ci “sparano” brani da entrambi, facendoci così scoprire tre nuovi brani in anteprima – “Fool Yourself”, “Gimme Reasons” e “To the Bone”. Se vi piace il Rock’n’Roll sporco, sporco di Blues e non solo, se avete bisogno di energia, ecco, restate sintonizzati sulle loro ampie onde.

Gennaro Porcelli

19:30, cambio di palco per uno dei migliori bluesman nostrani, ovvero Gennaro Porcelli, noto al grande pubblico per essere uno dei due chitarristi di Edoardo Bennato, ma con una lunga carriera solista all’attivo, nonostante la frugalità nell’immettere sul mercato album.  È però uscito da poco il suo terzo bellissimo  lavoro, “Me, You and the Blues” (la nostra recensione), e Gennaro estrae tre brani suonati consecutivamente – “Johnny”, “Smiling Eyes” e “Last Time”, incastonati dentro le altre perle della sua produzione.

Gennaro Porcelli

Quello di Porcelli è il primo concerto di musica blues di questa edizione del Festival, e insieme a quello di Ana Popivic anche l’unico. Acclamatissimo, nonostante il pubblico stia cominciando soltanto durante la sua esibizione a riempire la piazza. Vedere Porcelli suonare non lascia spazi di dubbio su quale sia la sua anima, di cosa siano fatte le sue corde e la sua chitarra: puro Blues. E della stessa pasta sono fatte le anime dei musicisti che lo accompagnano, ovvero la fidatissima RR Band (in onore di Rudy Rotta, al cui fianco hanno militato tutti loro), composta da Pippo Guarnera (Hammond e piano), Renato Marcianò (basso) ed Enrico Cecconi (batteria). 40 minuti che volano via come le dita sulla sua Gibson.

Ana Popovic

Un ritorno graditissimo a Pistoia per Ana Popovic, che aveva suonato qui nel 2019, ultima edizione pre-Covid. Ormai questo palco è un po’ casa sua, si muove a totale agio, e non ferma la musica nonostante le difficoltà tecniche iniziali che avrebbero innervosito molti altri artisti. La incontri nel backstage in jeans e maglietta come una di noi, ma quando sale sul palco diventa una dea, la musica del diavolo si impossessa di lei e diventa tutt’una con la sua chitarra.

Ana Popovic

Basta guardarla in volto per capire che ancora, ogni volta che tocca le corde, quella magia che riversa dal palco ammalia anche lei stessa, la muove fisicamente, e il suo corpo ingaggia una danza con la chitarra, come fossero amanti inseparabili. Sorride, ci sorride, noi sorridiamo, e cominciamo a muovere i nostri pigri corpi, cominciamo a staccarci dalle sedie per inserirci in quel flusso di magia.

Ana Popovic

Il suo ultimo album, “Power”, è uscito lo scorso mese di maggio, e Ana ci propone dal vivo alcuni di questi brani nuovi di zecca – “Power over me”, “Ride it”, “Queen of the Pack”, “Doing This”, “Rise Up!” – che compongono metà della scaletta di stasera, senza   “appoggiarla” dunque ai suoi noti successi. Questo é un set dalle forti tinte blues, ma c’è anche Gospel, Soul, un po’ di Free Jazz. Avremmo voluto che la sua esibizione durasse assai di più, ma la serata è ancora lunga, e ci deve lasciare, noi ci auguriamo di rivederla presto in questo Festival, magari da headliner.

Dirty Honey

Non mi faccio abbattere dalla tristezza della scarsa durata di questi primi tre set meravigliosi, perché il palco, ormai intanto è calato il buio, viene preparato per una band statunitense che aspetto da mesi di vedere dal vivo, band amata e coccolata nella nostra redazione (articoli precedenti): i Dirty Honey, capitanati dal frontman Marc LaBelle. Deluderanno le mie aspettative? Perché può essere pericoloso avere aspettative … Noooo! Anzi, che botta di sano e solare Hard Rock!

Dirty Honey

Ok, lo sappiamo, gli ingredienti per un certo tipo di Rock sono stati codificati negli anni Settanta, perfezionati nella prima metà degli anni Ottanta, evoluti in rivoli successivi tra cui soprattutto lo Sleaze Metal, e di lì non si esce, a meno che non si faccia quello che stanno facendo i Dirty Honey, ovvero combinarli con ricette nuove, fresche, adatte ai palati odierni. Quindi: si prendano ingredienti genuini e biologici, ovvero quelli dei padri fondatori, li si puliscano con cura, si facciano i giusti tagli, si utilizzino le giuste pentole e le nuove cotture per ricette per palati esigenti e raffinati, per gente che si affaccia ora a questo tipo di menù e per quelli che ormai hanno assaggiato di tutto. Risultato: un boccon da re.

Dirty Honey

Il feedback che lascerete a questo menù preparato dai Dirty Honey sarà da 5 stellette. Sono talmente determinati nel voler raggiungere l’Olimpo del Rock, quello duro, quello sano, che non si risparmiano in niente, incluso affrontare tour infiniti, da headliner ma anche da opener, con molta umiltà, registrando tra una tappa nuove cose.

Dirty Honey

E vederli dal vivo, sul palco, è una festa, giuro che era dagli anni Ottanta che non vedevo un concerto così, energia da vendere e quella spontaneità che ormai i nostri amati “dinosauri” non possono necessariamente avere più. Le assi del palco vengono consumate dal continuo movimento di Marc Labelle, che maneggia l’asta del microfono alla Steven Tyler, ma anche dal chitarrista John Notto e dal bassista Justin Smolian, instancabili, uno spettacolo della natura, come si dice da queste parti. Un tiro che solo gli ACDC sanno regalare.

Dirty Honey

Dietro le pelli uno scatenatissimo Jaydon Bean, l’unico che si cimenta in modo stabile ai cori. Salgono sul palco con gli occhiali da sole, ma uno dopo l’altro li abbandonano, il contatto con il pubblico è quasi costante da parte di tutti, trascinano i presenti dentro lo spettacolo, che poi è fatto soltanto di musica ed energia, l’unico decoro è un telo con il logo a fondo palco. Un piccolo medley cover, un po’ di chiacchere, quelle pochissime che bastano (hallelujah, odio i concerti dove si passa il tempo a sentir parlare invece di sentir suonare), tra l’altro Labelle si cimenta anche in un misto inglese/italiano Let’s fucking ballare tonight, c’mon! (come potete leggere nella nostra prima intervista, ha studiato a Firenze). Sia Labelle che Notto scendono sulle casse sotto palco, e anche nel pit, coinvolgendo tutta la piazza in una grande festa Rock’n’Roll.

Dirty Honey

In autunno un nuovo disco, già registrato in Australia, e da questo suonano in anteprima alcuni brani, tra cui il nuovo singolo uscito giusto il 7 luglio, “Won’t Take Me Alive”, ma anche “Dirty Mind” e “Don’t Put Up the Fire”. Probabilmente torneranno nel vecchio continente in primavera, e siamo sicuri che l’Italia è già nei loro cuori.

Wolfmother

Già aspettavamo i Wolfmother lo scorso settembre a Prato, concerto saltato all’ultimo momento, quindi feliccisimi di rifarci. Gruppo australiano immenso, sono certamente stati penalizzati nella carriera dai molti cambi di formazione, il perno resta dunque Andrew James Stockdale, fondatore e unico membro stabile della band. Ed è intorno a lui che ruota tutto il concerto, un vero catalizzatore dalla Gibson diavoletto, senza sminuire in nessun modo Jake Bennet al basso e Hamish Rosser alla batteria, quest’ultimo dotato di una potenza e un’energia sovrumane.

Wolfmother

Si comincia bene, Stockdale sale sul palco vestito alla rocker di un tempo, con il benefit di una t-shirt degli Iron Maiden. Sarà una chiusura con roba pesante, ridacchio felice.

E così è stato, più di un’ora dove i Wolfmother ti ricordano quanto siano fobdativi i Led Zeppelin, ma anche gli Steppenwolf, i Mountain, senza scordare i Black Sabbath e anche qualcun altro dei migliori lavori anni ‘70.

Wolfmother

E mescolare tutto ciò, con un risultato nuovo, scusate se è poco. Il pubblico, già molto caldo dopo l’esibizione dei Dirty Honey, si lascia definitivamente andare, sudiamo tutti nel pogo, è una festa, è un rito, quello dell’Hard Rock. L’unico rito musicale che porta al Nirvana.

Wolfmother

Articolo e foto di Francesca Cecconi

Set list Giudi&Quani

  1. The Doves
  2. Queen of Pony
  3. Fool Yourself
  4. Feeling High
  5. Gimme Reasons
  6. To the Bone

Set list Gennaro Porcelli

  1. Cold Sweat
  2. Shufflin’ Back
  3. Johnny
  4. Smiling Eyes
  5. Last Time
  6. Stranger Blues
  7. Me, You and the Blues x
  8. Highway 61

Set list Ana Popovic

  1. Stand the Heat
  2. Power over me x
  3. Ride it x
  4. Love you Tonight
  5. Queen of the Pack x
  6. Strong Taste
  7. Doing This x
  8. Rise up! x
  9. Like it on Top
  10. Lasting Kind of Love

Set list Dirty Honey

  1. Can’t Find the Brakes
  2. California Dreaming x
  3. Scars x
  4. Heartbreaker x
  5. Dirty Mind
  6. The Wire x
  7. Tied Up x
  8. Don’t Put Up the Fire
  9. Another Last Time x
  10. Last Child / Let’s Go Crazy (Steven Tyler / Prince)
  11. Won’t Take me Alive
  12. When I’m Gone x
  13. Rolling 7’s x
  14. Gypsy x

Set list Wolfmother

  1. Dimension
  2. Rock Out
  3. Woman
  4. White Unicorn
  5. Apple Tree
  6. Stay a Little Longer
  7. Pyramid
  8. Vagabond
  9. Midnight Train
  10. California Queen
  11. Victorious
  12. Gypsy Caravan
  13. Feelin Love
  14. New Moon Rising
  15. Colossal
  16. Joker & the Thief
  17. Rock’n’Roll Survivor
  18. Rock and Roll (Led Zeppelin)
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