Piazza Sordello, il cuore del centro storico della città dei Gonzaga, non è forse mai stato così piena come il 29 giugno. E così rock. O meglio, di certo non è mai stata con una così alta presenza di pubblico per un gruppo rock. Quello dei Placebo è stato un vero concerto rock di ottima fattura, organizzato grazie a Shining Production che ha vinto la scommessa di aprire i live estivi mantovani con il gruppo di Brian Molko e Stefan Olsdal. Ed è stata di fatta l’unica data in Italia del tour, se si toglie ovviamente la performance al Firenze Rocks dove la band era inserita in un cartellone che vedeva la chiusura della giornata affidata ai Muse. Scelta anomala, ma il pubblico ha comunque potuto rifarsi in quel di Mantova dove sono arrivate persone da ogni dove riempiendo, già dal pomeriggio, i parcheggi e le strade attorno ai tre laghi della città.
Il Rock del Placebo si è addolcito, con il tempo, senza perdere troppo della sua identità. La scelta, però, di portare in scaletta sostanzialmente tutto l’album nuovo ha un pregio e un difetto. Il pregio è quello di aver dimostrato quello che tanti andavano dicendo. E cioè che una volta che ci fosse stata la ripresa serviva essere pronti. Nel caso della musica, non si poteva solo giocare la carta del revival e dell’antologia live. I Placebo, con l’ultimo album “Never let me go” si erano preparati al ritorno. Hanno fatto i compiti insomma e l’esame lo hanno superato. Eppure una stonatura c’è, e ci arriviamo.
Partiamo però dall’inizio e cioè dall’entrata in scena molto rock. La band era ospitata ai margini della piazza, in uno dei palazzi storici. Tutti i fan erano assiepati per vederli passare; una sorta di passerella fra le pietre gonzaghesche, per accedere al palco. E invece la band si è fatta portare, per 34 metri (non è una battuta), da un monovolume con vetri oscurati, fino al palco. Però dai, ci sta. Molko, sempre nel suo essere icona gender fluid, è vestito più da protagonista di serie tv anni ’80, mentre Olsdal, pantalone bianco alla moda, si presenta a torso nudo, divisa che non cambia fino alla fine. Sono rockstar e gli eccessi, oggi, pur se contenuti, ce li si può aspettare. Non ce ne saranno altri, ben inteso.
Per lo stesso motivo, però, due cose non ci si aspetta. E cioè che la band suoni solo 1h e 25 minuti (bis compreso) e che il tutto sembri un cd, perfetto e senza la minima sbavatura. E questa è la nota stonata. So che fa ridere, ma la perfezione maniacale è un po’ una nota stonata nei live. Certo, la tecnologia da palco oggi lo permette. Ma un poco di sporco Rock’n’Roll si poteva mettere in campo. Il pubblico è dark, senza eccedere, ed è – a prima vista – non tutto di primo pelo. Quindi perché non tenerne conto? Certo, la città e la piazza non sono luoghi per questo genere musicale. Qui domina il pop solitamente. Tuttavia, ci si aspetta una serata rock in tutto e per tutto. Non c’è solo Sanremo dove stupire con effetti speciali (ricordate?), ma anche qui si poteva lavorare sui brani senza lasciarli nella loro forma pura e perfetta.
Dall’altro lato questa serietà paga comunque. Ed è l’elemento positivo della serata. Chi ha investito in un biglietto, oggi, con i prezzi che ci sono, non vuole troppe sbavature. L’ascolto digitale contemporaneo non lo permette e l’orecchio si è assuefatto. Tutto deve essere pulito e imbellettato. E allora teniamolo così e godiamoci tutto il resto perché si è trattato, pur se all’apparenza rarefatto, di un concerto ben suonato e di uno spettacolo che ha comunque soddisfatto.
La scaletta è la stessa che i Placebo portano in giro dall’inizio di giugno (la stessa di Firenze con due brani in più). In tanti, uscendo, sostengono il contrario per via delle durate. Basta eseguire tutte le canzoni di fila, senza fronzoli e con un semplice “Buonasera” e poco più che, alla fine, 18 tracce scorrono via in meno di un’ora e mezza.
La serata si apre come tutte le altre con il dittico da “Never let me go”, e cioè “Forever Chemicals”, a metà fra la ballata e il pezzo rock che scalda i motori. Sullo schermo – per chi ha presente la grafica dell’album – scorrono immagini acide, sfuocate e cariche di saturazione. Si prosegue con “Beautiful James” uno dei pezzi migliori in assoluto dell’ultimo album. Il viaggio nel tempo, si diceva, non c’è e i primi cinque brani sono presi dal lavoro del marzo 2022 e dal penultimo “Loud Like Love”, altro album disinnescato e con sonorità più dolci. L’unica incursione è rappresentata da “Bionic”, un brano meraviglioso che è però proposto con il gusto musicale pulito di questi anni. La registrazione originale era bella secca, come un gin tonic con le dosi sbagliate, ed era fra i brani che trascinava quel lavoro dandogli quel mood da Rock inglese pulito ma allo stesso tempo alla ricerca di suoni meno commerciali di quelli di fine anni ‘90. La speranza che “Placebo” e, soprattutto “Without You I’m Nothing” facciano la parte da leone nella scaletta nel zona centrale dello show, viene subito vanificata.
Si torna immediatamente all’ultimo lavoro e si oscilla, con i brani, fra “Never let me go”, “Loud like love” e “Battle for the sun”, gli ultimi tre album che coprono un arco temporale dal 2009 al 2022. Tutto scorre via sereno, pulito e liscio. Nessuna sbavatura, tutto perfetto, come se si saltasse da una traccia all’alta sul proprio impianto stereo. Una playlist, l’effetto è quello. Il pubblico mantovano si fa sentire, qualcuno sugli spalti balla, senza eccedere, e lo scenario di piazza Sordello piena, con le mani alzate, è semplice bellezza. Molko chiederà esplicitamente di ballare sul dance rock di “Sad White Reggae”, ma altro non verrà detto per tutta la serata.
Per un secondo tuffo nel passato serve aspettare quasi la fine del concerto quando verrà fatta la grazia con due pezzi dall’album più duro, e sporco, della loro produzione, e cioè “Black Market Music” (che lavoro meraviglioso, il terzo della loro carriera) con “Slave to the Wage”, forse il brano più rappresentati di quell’album, e “Special K”. Poi non resta che aspettare il finale con “Running Up That Hill (A Deal With God) “, hit da Netflix e cover di Kate Bush.
Ecco nel finale Molko e Olsdal – ma proprio negli ultimi minuti – sembrano uscire dagli schemi. Un suono prolungato di chitarra accompagna l’uscita di scena che è molto inglese nei modi, saluti con inchino. Tutto sul palco resta intatto. Nessuno strumento rotto, e neppure un calcio dato ad un amplificatore.
Un concerto formalmente perfetto, che ricorda più gli show dei Radiohead che quelli di una band che ha fra il pubblico persone con le maglie dei Joy Division, di David Bowie e dei Cure. Forse, a ben vedere, i Peaks, duo italiano che ha aperto il concerto, aveva un poco illuso che la serata sarebbe stata del sano e sporco Rock’n’Roll. Niente di tutto questo, ma neppure niente di noioso. Un concerto troppo perfetto per non piacere, ma corto per essere stato così formalmente pulito e ordinato. Ecco, uno show politicamente corretto come l’invito, iniziale, a non filmare perché la band punta all’unione e alla trascendenza. Tutto molto bello, senza alcun dubbio. Appunto, non si può neppure dire che non sia stato bello, sarebbe scorretto. E questa è pur sempre una limitazione. Poco rock.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana
Set list Placebo Mantova 29 giugno 2022
1. Forever Chemicals
2. Beautiful James
3. Scene of the Crime
4. Hugz
5. Happy Birthday in the Sky
6. Bionic
7. Surrounded by Spies
8. One of a Kind
9. Sad White Reggae
10. Try Better Next Time
11. Too Many Friends
12. Went Missing
13. For What It’s Worth
14. Slave to the Wage
15. Special K
16. The Bitter End
17. Infra-red
18. Running Up That Hill (A Deal With God) (Kate Bush)