4 Luglio 2022, 36 gradi. È la temperatura che, alle 19:30, abbiamo trovato scendendo dalla macchina dopo 3 ore e mezzo di condizionatore. Eppure la voglia di tornare ad ascoltare Rufus Wainwright dopo più di 11 anni da quando salì sul palco del vecchio Teatro dell’Opera di Firenze ci fa sopportare anche il caldo, che nel pomeriggio ha anche causato diversi incendi nei parchi romani. L’Auditorium progettato da Renzo Piano sembra un’astronave di un film di Roland Emmerich, ed entrare nella Cavea è sempre un’emozione particolare.
Sul palco solo uno Steinway e una chitarra acustica, i due strumenti tra cui Rufus si dividerà nel concerto che sta per cominciare. Il solito quarto d’ora accademico di ritardo rispetto all’orario ufficiale, e le luci si spengono. Rufus si siede al piano, saluta e (dopo aver chiamato un tecnico di palco a sistemare un microfono che era posizionato male) comincia ad accarezzare i tasti: si diffondono le note di “Grey Gardens”, e la sua voce incredibile accappona la pelle. Altre due canzoni al piano, poi Rufus si alza e raggiunge il centro palco per abbracciare la sua chitarra.
Una non proprio veloce riaccordatura e qualche problemino di larsen (per altro risolti immediatamente dai tecnici) e Rufus inizia a raccontare di essere entusiasta di trovarsi nella patria dell’opera e nella città di Sandra Milo, a testimonianza di un legame col nostro paese che dura da diversi lustri. Il pubblico, in religioso silenzio, ascolta una serie di canzoni capolavoro (su tutte “Early Morning Madness”, davvero da brividi) e anche qualche chicca: una canzone che sarà nel prossimo album, che chissà quando uscirà; e poi un’anteprima dalla nuova opera (la seconda dopo “Prima Donna”) che avrà la sua première a Barcellona a fine mese e che si intitolerà “Hadrian”.
Ma appena ogni canzone finisce parte un’ovazione, per un artista che non sbaglia niente in un’ora e quaranta di concerto, neanche la scelta dei pezzi: nella seconda parte dello show arrivano anche brani del primo periodo della carriera di Wainwright figlio (sì, perché magari qualcuno non lo sa, ma il padre di Rufus, Loudon Wainwright III, è un gigante del cantautorato folk-rock americano), come “Poses” o la sempre splendida “Cigarettes and Chocolate Milk”. Il coup de théâtre arriva alla fine con “Somewhere Over The Rainbow” di Judy Garland, eseguita a cappella sfruttando solo l’acustica perfetta dell’Auditorium.
E quando Rufus saluta e se ne va, il pubblico continua ad applaudire costringendolo a tornare sul palco per un bis, con la meravigliosa “Going to a Town” (I’m going to a town that has already been burnt down / I’m so tired of you, America) e la consueta cover di “Hallelujah” di Cohen, che aggiunge pelle d’oca a pelle d’oca. Un concerto splendido, che sembra essere durato un battito di ciglia ma che ha regalato emozioni a non finire. Grazie Rufus.
Articolo e foto di Michele Faliani
Set list Rufus Wainwright Roma 4 luglio 2022
1. Grey Gardens
2. This Love Affair
3. Vibrate
4. Greek Song
5. Only the People That Love
6. (Unknown) (New song from the next album)
7. Jericho
8. The Art Teacher
9. Prima Donna – Acto II, escenas 10-12: “Prenez-le donc”, “Final interlude” y “Les feux d’artifice”
10. My Little You
11. Early Morning Madness
12. He Loved (New song from the upcoming opera “Hadrian”)
13. Gay Messiah
14. Want
15. Peaceful Afternoon
16. Poses
17. Somewhere Over the Rainbow (Judy Garland cover)
18. Cigarettes and Chocolate Milk
19. Going to a Town
20. Hallelujah (Leonard Cohen cover)