
Sarà davvero dura, per questa prima parte dell’anno, assistere a un concerto con una qualità sonora così alta. Scott Henderson è infatti tornato al Giardino di Lugagnano di Sona (VR), l’11 marzo, e anche questa volta è stata un’esibizione semplicemente perfetta e ricca di emozioni.

Come d’altronde l’apertura dell’ormai fedele chitarrista Jeff Aug, che ha presentato un set solista di cinque brani, tutti acustici che, pur se disturbati da un pubblico non sempre attento a quello che stava ascoltando, ha strappato applausi, e soprattutto dalle prime file, dove le persone erano quello che più di tutte volevano ascoltare, con attenzione, quanto stava accadendo sul palco.

Un set, quello di Aug, che ha visto l’esecuzione di brani presi dall’ultimo “Kiss Of The Luquin Moon”, e dallo splendido “Living Room Session”. Un momento intenso, pur se disturbato, qua e là, da persone che erano convinte che quella musica fosse d’ostacolo al loro discutere di futilità. Tanto fa, e sì che il Giardino è uno dei templi dell’ascolto, ma i tempi, appunto, stanno cambiando, e con essi il pubblico che partecipa a uno spettacolo. Anche se, nei piccoli club, l’esperienza dell’ascolto è tuttavia ancora in parte tutelata, come accade ai nativi nelle riserve. Ma i barbari stanno arrivando, ovunque e comunque.

Così, Aug ha comunque portato a termine, non senza un po’ di stizza, il suo set. Alla fine, come un piazzista qualunque, si è mosso fra il pubblico promuovendo i suoi cd. Sul palco, invece, aveva messo in scena ottima tecnica, con chitarra pizzicata e trame che ricordano il miglior Al di Meola, nei passaggi lenti, mentre le parti più ritmate, l’approccio mi ha ricordato Paco di Lucia. Jeff Aug è un musicista che vale la pena ascoltare, come la sua musica.

Terminato il set, Scott Henderson, accompagnato da Romain Labaye al basso e Archibald Ligonniere alla batteria, ha fatto il suo ingresso sul palco. Completamente a suo agio, l’uscita è stata quella di un amico che ritrova conoscenti, e non certo quello di una star delle sei corde. Sono qua, sono americano, ma non confondetemi con Trump, il suo esordio, prima di imbracciare la chitarra e, come se stesse provando, dare vita a una lunga jam a trazione blues. Parti lente, per poi arrivare a ritmi blues classici, fino alla rilettura, in chiave più rock, di giri mai banali, per il passaggio finale. Basta questo, con l’aggiunta di tanta intensità, perché il pubblico sia già catturato dalla magia, vera, che Henderson ha saputo mettere in scena.

Magia sì, perché Henderson, pur se suonerà principalmente quasi tutto il suo nuovo lavoro, e cioè “Karnevel!”, uscito nel 2024, di fatto allunga, modifica, rimaneggia e manipola le composizioni che esegue. Il risultato è stato un concerto che appariva improvvisato, quando invece, parafrasando Ornette Coleman, di all’improvviso non c’è mai nulla. Nell’improvvisazione, diceva Coleman, non c’è mai nulla di improvvisato. L’arte dell’improvvisazione implica, infatti, grande sintonia con i propri sodali, e così è, perché Ligonniere e Labaye sono complici perfetti nell’esecuzione dei brani comandati, ma gli stessi sono stati anche esecutori a loro volta, arricchendo così lo spettacolo. Henderson gli ha lasciato spazio, e non solo nel finale, nei momenti di basso e batteria prima del grande classico “Dolomite”, ma anche nello sviluppo delle varie esecuzioni.

Il risultato è un perfetto mix fra Blues, Rock e Funk, soprattutto in “Covid Vaccination”, che già nell’album ha questa caratteristica, ma che dal vivo è diventata una lunga composizione dove la parte funky di chitarra è stata sorretta da un’ottima parte ritmica. “Sky Collier” è stato il momento più alto della serata, con la batteria e il basso, in apertura, che hanno stordito il pubblico, ma allo stesso tempo creato quel suono avvolgente che la chitarra di Henderson ha poi arricciato con una morbidezza di trame, frutto di scale che lo hanno portato a utilizzare tutta la tastiera nella sua estensione, dal primo all’ultimo capotasto. In questo caso, Henderson ha regalato anche discese del tutto simili ai virtuosismi tipici del Prog e del Metal, dimostrando tutta quella versatilità di stile che è la cifra distintiva dell’album “Karnevel!”. Un lavoro gioioso, che contagia tutto questo spettacolo, dove di certo c’è che chi suona si diverte, tanto quanto chi ascolta, che si trova di continuo proiettato in vari mondi sonori.

Altro momento interessante è stato quello di “Bilge Rat”, composizione che rimanda a lavori più datati di Henderson, quanto meno all’inizio, e dunque a suoni più vicini al Jazz, e meno al Blues. La sensazione, su questo brano, introdotto con un lungo discorso dove Henderson ha ricordato parte della sua infanzia, è quella di essere davanti alle verande tipiche degli americani di provincia. Non si è più li ad ascoltare suoni, ma ci si trova a sentire una storia, che viene raccontata con una chitarra. Se “Covid Vaccination” è stato il momento musicale migliore, l’esecuzione di “Bilge Rat” è quella che ha coinvolto di più il pubblico che, a più riprese, ha rotto il tabù degli applausi a fine esecuzione, inserendosi nelle varie pause di cambio di ritmo.

Un’esperienza che vale la pena di vivere, perché Henderson conferma la sua triplice vocazione, quella cioè figlia del jazz, del blues e del rock, il tutto mescolato con sonorità che si lasciano contaminare di continuo. Uno spettacolo che, da un punto di vista di brani eseguiti, appare povero, ma che, in realtà, è ricco di tanto suono e di emozioni – senza mai stancare e cadere nel manierismo fine a se stesso – generate da un modo di suonare che sembra davvero generarsi lì, davanti ai nostri occhi. Credetemi, di musicisti così, oggi, in giro per il nostro Paese ce ne sono pochi. Il tour è lungo, dunque c’è occasione per andare ad ascoltarlo.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Daniela Martin

Set List Scott Henderson Lugagnano di Sona (Vr) 11 marzo 2025
- All Blues
- Karnevel
- Covid Vaccination
- Bilge Rat
- Sky Collier
- Horace Silver
- Karroo Dance
- Bass And Drums
- Dolomite