Doppio binario per questa recensione, perché serve sia parlare del concerto, davvero speciale, sia, allo stesso tempo, della location, e cioè il Club Il Giardino 2.0 di Lugagnano di Sona (VR). Quest’ultimo è parte della storia del Prog italiano. Un piccolo locale, nato da un’idea, poco più di vent’anni fa, di Giamprimo Zorzan, che è l’ombelico del mondo, per quanto riguarda il Nord-Est (e non solo), del Prog, e in generale della musica d’autore.
Ho voluto fare un locale stile anni ’70; per certi versi scomodo, ma dove si ascolta ottima musica,è la frase che ho sentito pronunciare quando ho messo piede, in questo luogo magico, la prima volta. Sul palco c’era Tony Levin… Sì, quel Tony Levin. E da quel momento Il Giardino è diventato un punto di riferimento. Andate a vedere chi e che musica passa da qui, a Lugagnano. O meglio ancora, chi è passato e chi, ora, c’è in programma. Un giro al Giardino val bene un viaggio. Poi, mentre siete lì, vi prendete il libro scritto da Zorzan (“Ma questo è un garage”, auto-pubblicato), dove si racconta come è nato il locale, oltre alla storia dei musicisti che sono passati su quel palco. Fa ben sperare, davvero, sapere che ci sono ancora uomini come Zorzan. Queste personalità, appassionate ed esperte, permettono di promuovere, e di poter vivere ancora concerti tanto speciali.
È il caso dei Soft Machine il 26 ottobre, attesi qua da tempo… Dovevano venire prima della pandemia. Poi sappiamo cosa è successo. Abbiamo anche annullato la data, e rimesso in vendita i biglietti. Ora sono qua, sul nostro palco. Certo, in teatro a Milano i biglietti sarebbero costati meno. Ma è come mangiare un piatto in un tre stelle… La battuta iniziale di Zorzan ci sta, e ha ragione da vendere, perché un concerto al Giardino è una doppia esperienza, credetemi.
Una riflessione è lecita. Un giorno questi locali, con un pubblico di veri appassionati che, prima dello spettacolo, discutono di musica, concerti e strumenti musicali, potrebbero sparire. Allo stesso tempo, esperienze come i Soft Machine spariranno, prima o poi (e speriamo poi) … e non solo loro, sia chiaro. Dico esperienze perché è evidente che sul palco, lo ricorda anche Zorzan, non posso esserci gli Soft Machine dell’epoca. Il nucleo originale si è costituito attorno al 1964. È dura dunque. Ecco perché credo sia lecito parlare di esperienze musicale più che, in alcuni casi, di gruppi. Quando, dunque, musicisti di questo calibro non saranno più in giro, non solo sarà finita un’epoca, ma anche un modo di fruire la musica andrà a estinguersi. E con esso i luoghi dove si diffonde e ha origine questa musica. Tuttavia, lo dirò alla fine, c’è una speranza.
Sul palco dunque ci sono i Soft Machine, non una cover band e neppure la legacy. C’è l’esperienza che porta avanti quella tradizione legata alla Scena di Canterbury, un mondo musicale difficile da incasellare, fin dagli esordi. Ma qui siamo davanti all’essenza della musica contemporanea e del Prog, ricorda sempre Zorzan. Di fatto basta John Etheridge (chitarra), per dare garanzia di originalità, dato che lui, in questa band, e in questa esperienza, suona da oltre 40 anni. Al suo fianco tre musicisti che rispondo al nome di Theo Travis (sax e tastiere), Fred Thelonious Baker (basso) e Nic France (batteria), che faranno sognare. Non è solo eclettismo, e neppure bravura. Sul palco c’è passione, professionalità, e una splendida energia che, senza dubbio, viene amplificata dalla location intima, e dal fatto che questa musica sia suonata davanti a fan consapevoli. Insomma, è come essere in presa diretta degli esordi. Sembra di assistere al momento generativo di quella musica che, poi, ha saputo conquistare il mondo, uscire dai garage e riempire stadi e teatri. Proprio qui sta la speranza. Lo vedremo …
E così il concerto parte con un primo set, composto da sette brani, dove la Fusion, il Jazz e il Prog, sono protagonisti assoluti. Un concerto di solo musica, senza canzoni. Ve l’ho detto, è stata un’esperienza unica. L’audio è perfetto, gli strumenti non si impallano, e il suono è nitido e pulito. La chitarra di Etheridge detta il ritmo, sempre. Il repertorio è rodato. La scaletta di Lugagnano, prima data del tour europeo della band, rispecchia al 70% quella delle date statunitensi.
“Fell to Earth” e “The Tale of Taliesin”, due grandi classici, sono esecuzioni che strappano applausi. Il sax di Travis ricorda le migliori esperienze free-jazz. Lui suona senza affanno, come se fosse suonato dalla musica. L’effetto è dirompente, perché questo flusso di suoni è davvero un’esperienza che coinvolge anima e corpo. Le linee di basso non sono mai banali e di supporto. Lo testimoniano esecuzioni come “Heart Off Guard” e “The Man Who Waved at Trains”.
Nella seconda parte, c’è più spazio anche per la batteria di France. In “Sibedrum”, brano eseguito all’interno della prima suite presente in scaletta, c’è un bel momento di solo che strappa applausi veri e sinceri. Insomma, quello che colpisce, lo ripeto, non è tanto il virtuosismo, quanto la professionalità che non fa venire meno il calore di un’esecuzione sonora, e che fa capire quanto davvero la Scena di Canterbury sia, ancora oggi, generativa e non riducibile a esperienze già note. “Song of Aeolus”, brano che chiudeva le esecuzioni negli Stati Uniti, qui viene suonata come penultima, e serve per distendere i musicisti, e anche noi del pubblico prima del gran finale.
Il set si chiude con la seconda suite, e cioè “Out – Bloody – Rageous pt. 1”. La chitarra iniziale è puro suono rock; i fiati sono jazz, mentre i suoni della tastiera sono prog, e la parte ritmica è puro funky. Roba da far impallidire il miglior Flea, per stare nel mainstream. Quello che ne risulta sono quasi otto minuti di estasi musicale. L’orecchio insegue suoni. Il cervello cerca di distillare. Il corpo non sta fermo. Questi quattro musicisti ci hanno fatto vivere un’esperienza musicale. Vera. E tutta live.
È qualcosa che non si filma, non si fotografa e non si può catturare. Si vive. Il risveglio, che coincide con il ritorno alla realtà, è con il grande classico “Joy of Toy”.
E poi, purtroppo, il concerto è finito.
E dunque parliamo della speranza. Qui, in questi locali, piccoli come quelli dove tutto è nato, deve risorgere l’esperienza della musica. In particolar modo, questa musica. Che da qui, da questi contesti, deve tornare a dialogare con il suo pubblico.
Al Giardino, infine, la serata si chiude sempre fra i musicisti, che arrivano in sala, firmano copie, fanno foto e dialogano con i fan. Esperienze, quest’ultime, che smantellano quello che questa musica non è stata, e che si è voluto che fosse: fenomeno di massa. La musica, quando è tale, è esperienza intima. Come tutta la vera arte d’altronde.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Roberto Fontana
Set list Soft Machine 26 ottobre 2022 Lugagnano di Sona (VR)
- Hidden Details
- The man who waved at trains
- Fell to Earth
- The Tale of Taliesin
- Heart off Guard
- Broken Hill
- Gesolreut
- Fourteen Hour Dream
- Sibedrum + Hazard Profile pt. 1
- Song of Aeolus
- Suite: Out – Bloody – Rageous pt. 1
- Joy of Toy