Abbiamo avuto il privilegio di assistere a due dei concerti italiani di Stewart Copeland, a Gardone Riviera per il Tener-a-mente Festival il 24 luglio e a Firenze per il Musart Festival il 25, ovvero all’interno di due delle rassegne musicali estive più belle dello Stivale, per cartellone e per location.
Lo spettacolo di Stewart Copeland ha per titolo “Police Deranged for Orchestra”, ben congegnato grazie anche a un sapiente uso di luci e colori che esaltavano lo scenario dove era collocato, a Gardone Riviera nell’Anfiteatro del Vittoriale con lo sfondo del lago, e a Firenze nella piazza della Santissima Annunziata con quinta le colonne della retrostante facciata della chiesa, sulla quale venivano proiettati effetti cangianti per forme.
Fra gli elementi scenici di rilievo anche l’accorto uso dei colori nell’abbigliamento: il vestito blu elettrico del direttore d’orchestra contrastante con il bianco del quale, a partire dai consueti guanti, era vestito Copeland e con i colori scuri dei quali erano vestite le cantanti, quasi a rappresentare tre elementi portanti di un nuovo modo di rileggere la musica dei Police.
Dopo l’inizio con il pezzo “King of Pain”, dove le poderose quartine di Copeland sovrastavano gli ottoni dell’orchestra mentre le luci giocavano con i colori blu e arancio sull’intera piazza, Copeland ha preso la parola, salutando il pubblico e invitando a guardare la luna di fronte alle spalle del pubblico stesso, creando con il risalto dei suoi guanti bianchi un ipotetico collegamento fra il palco, in quel momento illuminato di bianco e la luna in fase crescente.
Tutto lo spettacolo è stato un alternarsi di pezzi musicali, sapientemente arrangiati, e l’interloquire di Copeland con il pubblico che fra le altre cose ha spiegato come l’esperienza attuale, di compositore e arrangiatore, lo abbia maturato dal punto di vista musicale; la grande tecnica esecutiva di Copeland gli ha consentito spesso di continuare a suonare con la sola mano destra mentre con la sinistra si rivolgeva agli spettatori.
Molti i pezzi dei Police riproposti in questa nuova versione. Si è spaziato da un “Roxanne”, con un’entrata poderosa di batteria, a un “Walking on the Moon” che ha coinvolto totalmente il pubblico, con l’innesco di un dialogo musicale fra batteria e chitarra per poi passare la mano alla dialettica basso, chitarra e violini, infine con la ripresa delle voci mentre Copeland scendeva dalla pedana della batteria per incitare il pubblico.
Alla fine del pezzo Copeland si è scambiato il ruolo con Troy Miller, il direttore d’orchestra; mentre quest’ultimo si è messo alla batteria, Copeland ha iniziato a dirigere, con un effetto scenico sicuramente superiore al risultato musicale, anche se va detto che il direttore d’orchestra non si è limitato a tenere il tempo con la batteria, ma ha suonato con una verve particolare e una notevole spinta ritmica, visto anche il suo passato di batterista con Amy Winehouse. A un certo punto la foga direttoriale di Copeland è arrivata al punto da farlo avvicinare al chitarrista per incitarlo nell’espressione.
Ancora, da un “Every breathe you take” sempre con Copeland alla direzione dell’orchestra, con un’entrata musicale classica richiamante Prokofiev, a un “Don’t Stand So Close To Me”, con Copeland come seconda chitarra – insieme a Gianni Rojatti – bianca come i guanti, con le prime battute del pezzo arrangiate in uno stile esotico, ricordante le musiche di Ketelbey, per poi passare a uno stile raggae con la pioggia luci verdi sulle colonne fucsia e un distorto della chitarra veramente accattivante, finendo con una tromba i sordina e i flauti che eseguivano una risalita melodica insieme ai violini.
Riferimenti musicali a Gerswhin per l’entrata di “Message in a Bottle”, con un ottavino che in alcuni momenti passava sopra a tutti e un finale “Sending SOS” insieme al pubblico fra il crescendo dell’orchestra e l’accelerazione progressiva del tempo della batteria nuovamente suonata da Copeland. Tredici i pezzi eseguiti in tutto, compreso un “Can’t Stand Losing You” con intermezzo di “Reggatta De Blanc”.
Alla fine dello spettacolo il pubblico ha applaudito a oltranza, alzandosi e chiedendo un bis che Copeland ha concesso mentre il pubblico si avvicinava il più possibile al palco, mentre il tutto si concludeva fra suoni e luci esaltanti la scena finale.
Uno spettacolo veramente bello per come Copeland ha saputo tenere il palco, dimostrando anche che a settant’anni è sempre uno dei più grandi batteristi al mondo; spettacolo avvincente per il pubblico, ma non del tutto convincente dal punto di vista musicale. In parte per alcuni motivi tecnici: l’orchestra, di indiscussa professionalità e che ha suonato molto bene, si è trovata spesso sottoesposta, i fiati che non risaltavano negli assoli, l’assoluta prevalenza della batteria sulle sonorità orchestrali; anche il suono del pianoforte è risultato pressoché inesistente.
Gli arrangiamenti, pur accattivanti e tecnicamente ben congegnati, interessanti per il mix di stili diversi, non hanno aggiunto molto dal punto di vista artistico ai pezzi dei Police, che in realtà sono già magnifici in qualsiasi forma!
Articolo di Sergio Bedessi, foto di Roberto Fontana (Gardone Riviera) e Francesca Cecconi (Firenze)
Set list Stewart Copeland
- Demolition Man
- King of Pain
- Roxanne
- Murder by Numbers
- Spirits in Material World
- One World is Enough
- Walking on the Moon
- Equalizer
- Every Breath You Take
- Orc Jam
- Bed’s too big
- Don’t stand so close
- Message in a bottle
- Can’t stand losing you/Regatta
- Every little thing she does magic
Line up: Stewart Copeland batteria / Troy Miller direzione orchestra e performance alla batteria / Laise Sanches, Raquel Brown, Sarah-Jane Wijdenbosch cori / Gianni Rojatti chitarra / Alessandro Nottoli basso / Vittorio Cosma pianoforte
Orchestra della Toscana: Giacomo Bianchi, Paolo Gaiani, Clarice Curradi violini primi / Fiammetta Casalini, Alessandro Giani, Damiano Babbini violini secondi / Stefano Zanobini, Pierpaolo Ricci, Sabrina Giuliani viole / Andrea Landi, Giovanni Simeone, Anna Montemagni violoncelli / Giulia Baracani flauto / Alessio Galiazzo oboe / Emilio Checchini clarinetto / Marco Vanni, Domenico Luciano, Sandro Tani sassofoni / Umberto Codecà fagotto / Stefano Benedetti, Luca Betti trombe / Benjamin Vuadens, Marcello Angeli tromboni / Kazuyo Tsunehiro, percussioni / Marco Farruggia, percussioni e tastiere / Roberto “Dumbo” Bichi, batteria / Cinzia Conte, arpa